Stabile e residenza esterovestizione

Stabile e residenza esterovestizione

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Stabile organizzazione ed “esterovestizione” sono sempre al centro del dibattito e ovviamente delle verifiche dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza nei confronti dei soggetti esteri. Il risultato che si vuole ottenere, in termini di “recupero” di gettito, nella generalità dei casi è pressoché identico, sebbene si tratti di fenomeni molto diversi fra loro.

Invero, nel caso della stabile organizzazione si è assistito, soprattutto negli ultimi anni, ad un intensificarsi delle contestazioni da parte degli organi accertatori di stabili organizzazioni “occulte”, nascoste, cioè, all’interno di società residenti già appartenenti al medesimo gruppo multinazionale.

Si tratta, più in generale, di una problematica di estrema attualità, tant’è che l’OCSE ha in programma, per la fine di settembre di quest’anno, un redrafting dello stesso articolo 5 del Modello di Convenzione, costituente l’Action 7 del Progetto BEPS (Addressing Base Erosion and Profit Shifting). Le problematiche “sul tappeto”, in ambito internazionale, sono fondamentalmente due: i cd. “commissionarie arrangements” e la frammentazione di attività diverse, al fine di sfruttare “artificiosamente” dell’esclusione prevista per le attività “ausiliarie” e/o “preparatorie”.

Per parte nostra, la Corte di Cassazione non ha mancato di ribadire la propria “linea dura” (così, ad esempio, sent. 29 maggio 2012, n. 20678), precisando che la prova dell’esistenza di una stabile organizzazione potrebbe essere ricavata anche da elementi indiziari “quali ad esempio l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o la stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento dei poteri di rappresentanza”. Il caso sub iudice era, in particolare, relativo ad una società sanmarinese attiva nel settore dell’abbigliamento, che secondo l’Agenzia delle Entrate sarebbe stata dotata di una stabile organizzazione in Italia, idonea ad operare in loco in piena autonomia gestionale, tramite l’amministratore “di fatto” della società estera. Nel caso di specie, secondo i Giudici di legittimità non sarebbe valsa ad escludere l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia della società estera l’assenza di locali “formalmente” riconducibili a quest’ultima, essendo provato esistere nel territorio dello Stato una struttura cui la società estera aveva affidato, anche di fatto, la “cura dei propri affari”.

        Anche le contestazioni in materia di “esterovestizione”, seppure meno frequenti del passato, continuano ad essere al centro dell’attenzione dei verificatori e, per il naturale portato, della giurisprudenza. A questi particolari fini, vale menzionare che, proprio di recente, la Corte di Cassazione (sent. 7 febbraio 2013, n. 2869) ha delineato i contorni del fenomeno dell’“esterovestizione”, definendolo come “la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale”. In tale particolare ambito, il criterio della “sede dell’amministrazione” dovrebbe intendersi coincidente con quello della “sede effettiva” della società, intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e dove si convocano le assemblee, cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento - nei rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari, in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente. Sul punto, la Corte di Cassazione ha, comunque, sottolineato che la determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica la presa in considerazione di un complesso di fattori, “al primo posto del quale figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale della società”; possono pure essere presi in considerazione altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e lo svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie.

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