Nota di variazione Iva a effetti variabili

Nota di variazione Iva a effetti variabili

CONDIVIDI SU

L’Iva che viene rettificata dal creditore, con l’emissione di una nota di variazione, in caso di mancato pagamento del corrispettivo non viene registrata dal debitore in crisi solo se quest’ultimo è assoggettato ad una procedura concorsuale. Pertanto negli altri casi, e in particolare per gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis della legge fallimentare ovvero in presenza di un piano attestato ex art. 67, 3 comma, lett. d) della stessa legge,  l’Iva rettificata pesa direttamente sul debitore.

Questo è uno dei chiarimenti che l’Agenzia delle Entrate ha fornito in occasione di Telefisco 2016 e che, purtroppo, conferma i timori e le critiche che erano state sollevate da queste stesse pagine nel corso della approvazione della legge di stabilità. La risposta dell’Agenzia si base sull’interpretazione letterale della nuova formulazione dell’art. 26 del Dpr 633/72.

La nota di variazione in diminuzione può essere emessa, in base al comma 4 del citato art. 26, nei casi di mancato pagamento del corrispettivo in presenza di procedure concorsuali  ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero di un piano attestato ex art. 67 della legge fallimentare ovvero in caso di procedure esecutive individuali infruttuose.

A seguito dell’emissione della nota di variazione il cedente/prestatore provvede a ridurre l’imposta precedentemente versata con un annotazione nei registri Iva. Il committente/cessionario che ha ricevuto la nota di variazione, a sua volta, deve provvedere, se ha già registrato l’operazione,  a modificare l’ammontare del credito Iva, annotandola con il segno meno nel  registro degli acquisti (art. 25 del Dpr 633/72) rendendosi, nei limiti della detrazione operata,  debitore dell’imposta.

Il comma 5, secondo periodo,  dello stesso art. 26 prevede, però,  che nel caso in cui il debitore   sia sottoposto a procedure concorsuali di cui al comma 4 lett. a), la variazione sopra descritta non deve essere operata. Pertanto, se da una parte, il cedente/ prestatore creditore recupera l’imposta relativa già precedentemente annotata a debito,    il cessionario/committente debitore non deve provvedere a ridurre il proprio credito Iva. L’effetto positivo che questa previsione normativa  genera è che l’Iva che doveva incidere sull’impresa in crisi e quindi sulla procedura resta di fatto a carico dello Stato, non peggiorando la posizione del debitore. Il dubbio che si poneva era di comprendere se il termine procedure concorsuali utilizzato dal legislatore potesse essere esteso anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis della legge fallimentare ovvero ai piani attestati ex art. 67 , 3 comma lett. d) della stessa legge fallimentare (ipotesi anche’esse incluse nella disposizione dell’art. 26, 4 comma lett. a).

La risposta dell’Agenzia è negativa, in quanto limita l’operatività della non rilevanza per il debitore della nota di variazione  alle procedure concorsuali prettamente dette e,  richiamate espressamente  dal comma 11 dell’art. 26 del Dpr 633/72 quali, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, il concordato preventivo e la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

La scelta operata dall’Agenzia delle entrate se, sul piano normativo, trova un suo chiaro sostegno nella formulazione della norma; sul piano finanziario/operativo crea non pochi problemi alla sostenibilità dei piani o degli accordi di ristrutturazione del debito e si presenta, in qualche modo incoerente nella disciplina delle diverse situazioni in cui l’impresa in crisi si può trovare. Sotto questo secondo profilo non si comprende a pieno, quale sia, ad esempio,  la logica giuridica, che ammette al beneficio un concordato in continuità e al contrario esclude dal beneficio un accordo di ristrutturazione del debito.

            Benedetto Santacroce     

       

     

}