Le note di variazione : regole e procedure dopo la legge di stabilità del 2016

Le note di variazione : regole e procedure dopo la legge di stabilità del 2016

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La legge di stabilità riscrive integralmente l’art. 26 del Dpr 633/72 e ridefinisce le procedure per l’emissione delle note di variazione. In effetti, le specifiche note sono previste nel nostro ordinamento Iva per tutti quegli eventi che determinano il variare in aumento o in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta successivamente all’effettuazione dell’operazione. Le note di variazione devono essere utilizzate anche per correggere qualsiasi tipologia di errore che sia commesso dai contribuenti nella gestione delle operazioni Iva, anche in presenza di operazioni inesistenti.

La previsione  Europea  da cui prende spunto la norma Iva è l’art. 90 della direttiva 2006/112/CE che prevede che:

1. in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione del prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2. In caso di non pagamento totale o parziale gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1.

Questa regola è stata più volte analizzata dalla Corte di Giustizia che ha sempre sottolineato come il meccanismo deve essere tassativamente applicato  allo scopo di garantire il corretto funzionamento dell’imposta (si veda tra l’altro le sentenze della Corte di Giustizia – Causa 454/1998 e Causa 337/13).

Come si comprende la regola comunitaria si limita a disciplinare solo le note di variazione in diminuzione, dando per scontato che qualsiasi aumento di imposta deve essere sempre monitorato dal contribuente qualsiasi sia la causa che abbia determinato tale aumento e in qualsiasi momento la stessa si verifica. L’art. 26, in effetti, prevede al comma 1 che qualsiasi variazione che determini l’aumento dell’imposta o dell’imponibile dopo che sia stata emessa la fattura ovvero dopo la sua registrazione  o la registrazione dei corrispettivi impone al contribuente l’emissione di un’apposita nota di variazione in aumento.  

Variazioni in diminuzione

Comunque la vera minirivoluzione operata dalla legge di stabilità 2016 riguarda proprio le variazioni in diminuzione e in particolare quelle determinate dal venir meno del pagamento a causa dell’intervento di specifiche procedure concorsuali.

In generale, gli operatori possono procedere  a una revisione in diminuzione dell’Iva precedentemente   fatturata solo nel caso in cui l’operazione venga  meno in tutto o in parte o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.  

L’emissione della nota di variazione in diminuzione con rilevanza Iva non può essere emessa dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione  nel caso in cui le predette cause siano determinate in dipendenza di sopravvenuto accordo delle parti. Da ciò deriva che il limite dell’anno non opera nel caso in cui  la diminuzione sia stata determinato da una causa non dipendente dalla sopravvenuta volontà delle parti. Pertanto, ad esempio, il contribuente potrà emettere una nota di variazione in diminuzione nel caso in cui applichi all’acquirente uno sconto o un abbuono a condizione che lo stesso sia stato contrattualmente previsto all’origine e che non dipenda dal sopravvenuto accordo delle parti.

Il limite dell’anno opera anche in presenza di operazioni inesistenti che impongano l’applicazione dell’art. 21 comma 7 del Dpr 633/72.

Ovviamente, come specifica ora il dettato dell’art. 26 del Dpr 633/72 anche nei casi in cui il limite di un anno non opera il contribuente potrà emettere la nota di variazione  dal verificarsi di uno degli eventi sopra ricordati, ma nel rispetto dell’art. 19 dello stesso Dpr. Pertanto il diritto a detrazione potrà essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato l’evento che ha determinato il sorgere del relativo diritto a detrazione (si veda, tra l’altro, la risoluzione 89/E/2002  e la circolare 31/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate).

Ulteriore elemento  da ricordare è che la procedura dell’art. 26 può  essere attivata inserendo in fattura tutti le informazioni necessarie  a individuare tutti quegli elementi che servono a correlare la variazione all’operazione originaria quali le generalità del soggetto cessionario o committente, i dati di riferimento della fattura originaria ecc.  In altre parole, la nota di variazione si deve realizzare tra gli stessi soggetti che sono intervenuti nella transazione originaria e deve avere ad oggetto beni o servizi  riferibili alla suddetta transazione (si veda risoluzione 219/E/2003). 

Per semplificare l’emissione della nota di rettifica il legislatore nazionale, trasponendo un principio fissato dalla direttiva 2010/45/UE, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina della fattura semplificata. Questa fattura che, riporta in alternativa le generalità dell’emittente e del cessionario/committente ovvero la sua partita Iva o codice fiscale ovvero che indica l’importo globale dell’operazione senza separata indicazione dell’imposta può essere emessa, senza limiti d’importo anche per rettificare una precedente fattura emessa. (sul punto si veda anche la circolare 12/E/2013).

Anche i regimi speciali possono usufruire della particolare procedura delle note di variazione. Ad esempio, la circolare 1/E/2013 ha affrontato in modo particolare  il tema delle rettifiche d’imposta in presenza del regime dell’Iva per cassa. Per le note di variazione in diminuzione la circolare specifica che se le stesse intervengono prima che l’imposta diviene esigibile, rettificano direttamente l’imposta originaria. Al  contrario se le note di variazione intervengono dopo che l’esigibilità si è verificata le stesse possono essere computate nella prima dichiarazione utile.

In caso di emissione di una fattura con aliquota superiore a quella realmente applicabile l’emittente  potrà procedere presentando all’amministrazione finanziaria una domanda di rimborso. In effetti, l’emissione della nota i variazione spetta solo in presenza di errori materiali (si vedano le sentenza 5427/2000  e 7330/2012 della’ Corte di Cassazione                 

Mancato pagamento del corrispettivo

La nota di variazione in diminuzione, come riformulata dalla legge di stabilità 2016, può essere emessa anche in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo da parte del cessionario o committente, solo però nel caso in cui lo stesso sia stato assoggettato a  procedure concorsuali o accordi di ristrutturazione del debito ovvero a un piano attestato ex art. 67, 3 comma lett. d ) del Rd 267/1942 ovvero  se il creditore ha attivato procedure individuali che sono risultate infruttuose.

Procedure concorsuali e ristrutturazione del debito

Le modifiche relative a queste procedure, oltre all’anticipazione del momento di recupero del creditore dell’Iva relativa alla transazione non onorata, riguarda anche i comportamenti che devono essere tenuti dal debitore al momento in cui riceve la nota di variazione. Su questo profilo è intervenuta l’Agenzia nel corso della manifestazione di telefisco 2016 fornendo alcuni specifici chiarimenti di cui parleremo più avanti.  In effetti, se il debitore riceve una nota di variazione in diminuzione deve, in via generale,  provvedere a ridurre il proprio credito precedentemente annotato nel registro delle fatture d’acquisto e aumentando il proprio debito nei registri della fatture di vendita o dei corrispettivi. Questo recupero opera, in base al combinato disposto dei commi 5 e 11 dell’art. 26 del Dpr 633/72,   solo con riferimento al fallimento, alla liquidazione coatta amministrativa, al concordato preventivo e  all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Quindi se il debitore riceve la nota di variazione in diminuzione dal creditore in una delle predette procedure concorsuali non dovrà provvedere ad alcuna rettifica delle scritture originarie. Al contrario, come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella manifestazione di telefisco 2016, se la nota di variazione interviene nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito, il cessionario/committente dovrà provvedere a annotare la variazione nei registri di cui all’art. 23 e 24 del Dpr 633/72.   

Attenzione che tale modifica relativa alle sole procedure concorsuali opera  a decorrere dalle procedure concorsuali avviate successivamente al 31 dicembre del 2016

Sul piano dell’anticipazione dei termini per poter avviare il recupero dell’Iva non pagata la nuova normativa fissa per tutte le predette procedure concorsuali e per l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis del RD 267/1942 dei riferimenti ben precisi che coincidono sempre con l’avvio della procedura (ad esempio: per il fallimento il termine coincide con la data della sentenza dichiarativa).

Questa posizione assunta dal legislatore (che cerca di tener in debita considerazione lo scopo e lo sviluppo delle singole procedure) innova totalmente rispetto al passato, in cui, sulla base della prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolari 77/E/2000 e 31/E/2014), la data da cui era possibile emettere la nota di variazione coincideva (e per la decorrenza della nuova normativa coinciderà fino al 2017) sempre dalla conclusione della procedura (ad esempio per il fallimento la prassi dell’Agenzia delle entrate prevedeva quale data di decorrenza le osservazioni al piano di riparto ovvero, in assenza del piano di riparto,  il  termine di reclamo al decreto di chiusura della procedura).

 

 

Momento dal quale è possibile emettere nota di variazione in diminuzione nelle procedure concorsuali e accordi di ristrutturazione del debito

Procedura

Normativa vigente sulla base

 Prassi Agenzia Entrate

Normativa applicabile dalle procedure successive al 31/12/2016

Fallimento

  • Osservazioni al piano di riparto
  • Termine reclamo al decreto di chiusura della procedura

(Circolare 77/E/2000)

dalla data della sentenza dichiarativa

Liquidazione coatta amministrativa

Approvazione piano di riparto

(Circolare 77/E/2000)

dalla data del provvedimento che la ordina

Concordato preventivo

Con la chiusura del concordato

(Circolare 77/E/2000)

dal decreto di ammissione alla procedura

Accordo di ristrutturazione dei debiti  art. 182 bis RD 267/1942

Dal momento successivo alla certezza della falcidia del credito

(circolare 31/E/2014)

Data del decreto di omologa

Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi

La procedura non legittima l’emissione della nota di variazione

(Circolare 77/E/2000)

dalla data del decreto che dispone la procedura

 

Procedure individuali infruttuose

Sotto questo profilo la nuova norma ha il pregio rispetto al passato di definire in modo puntuale quello che la prassi amministrativa prevedeva in modo generico. In effetti, la circolare 77/E/2000 dell’Agenzia delle Entrate prevedeva la possibilità di emettere una nota di variazione di recupero dell’Iva solo quando il credito non trovava soddisfacimento nell’esecuzione delle singole procedure.

Adesso la nuova norma stabilisce in modo puntuale che       la nota di variazione in diminuzione può essere emessa:

-       nel caso  di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;

  • nel caso di   pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
  • nel caso  in cui, dopo che per tre volte l’asta per le vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

Data da cui è possibile emettere nota di variazione per procedure individuali infruttuose

Procedura

Prassi agenzia entrate

Art. 26 Dpr 633/72

A decorrere dal 1 gennaio 2016 

Pignoramento presso terzi

Quando il credito non trova soddisfacimento nell’esecuzione delle singole procedure

(circolare 77/E/2000)

 

quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare

Pignoramento di beni mobili

quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità

Vendita all’asta

nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per le vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità

In tutti questi casi il cedente/prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola nel registro di cui all’art. 25 del dpr 633/72.

Al contrario, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione a credito nel registro di cui all’art. 25 del dpr 633/72,  deve, in via generale registrare la variazione a debito nei registri delle fatture di vendita (art. 23)  ovvero nei corrispettivi   (art.24). Questa ultima variazione è esclusa nei casi delle predette procedure concorsuali.

Una previsione di sicuro interesse anche per gli sviluppi che potrebbe avere in futuro è quella di disporre che nel caso in cui successivamente agli eventi di mancato pagamento il cessionario o committente provveda a pagare il corrispettivo dovuto (si pensi ad un pagamento fatto a seguito di adempimento dovuto a seguito di accordo di ristrutturazione del debito). In questo caso il cedente/prestatore deve emettere una nota di variazione in aumento  e il cessionario/committente ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla nota di variazione ricevuta.

In capo ai cessionari o committenti, per le operazioni in cui assumo la veste di soggetto debitore dell’imposta ossia per le operazioni per le quali è prevista l’applicazione del così detto reverse charge, viene prevista la possibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione nei casi in cui l’operazione per la quale sia stata emessa fattura, venga meno, in tutto o in parte, ovvero se, nelle ipotesi normativamente previste, se ne riduce l’ammontare. E questo sia per le operazioni realizzate con soggetti non residenti, che per le operazioni interne relative al regime dei rottami.

Infine, con delle semplici annotazioni nei registri delle fatture di vendita, delle fatture d’acquisto e dei corrispettivi è possibile correggere gli errori materiali o di calcolo nelle registrazioni o nelle liquidazioni periodiche.  

I contratti continuativi e la risoluzione per mancato pagamento

Nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica la risoluzione per inadempimento consente al creditore di emettere una nota di variazione Iva in diminuzione in modo retroattivo per tutte le prestazioni per le quali il debitore non abbia onorato il contratto a prescindere dall’attivazione di specifiche procedure di recupero. Questo importante principio, che allinea la normativa Iva alle regole civilistiche, è contenuto, con efficacia interpretativa, nella nuova formulazione  dell’art. 26 del Dpr 633/72. Il problema che si era posto in passato, ad esempio per tutti i contratti di telefonia, energia e più in generale per gli erogatori di servizi continuativi,   è che per tali contratti alcuni organi dell’amministrazione finanziaria non accettavano da parte dei creditori l’emissione retroattiva della nota di variazione in diminuzione se non dopo aver esperito una diretta azione di recupero.

In effetti, la nuova disposizione si allinea alle regole civilistiche che all’art. 1458, dopo aver fissato la regola generale della retroattività dell’istituto della risoluzione, prevede una esplicita deroga per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, “riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”

Questo principio è stato poi affrontato in modo puntuale dalla Corte di Cassazione che, ad esempio, nella sentenza 5771/2010 ha avuto modo di precisare che “la risoluzione del contratto opera ex tunc, nel senso che essa toglie efficacia alla causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali eventualmente effettuate tra i contraenti e ristabilisce fra di essi la stessa situazione economica-giuridica esistente prima del contratto, che viene considerato come se non fosse stato mai concluso. E questa efficacia retroattiva trova un limite, previsto dall’art. 1458 c.c., nel caso dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, soltanto con riguardo alle prestazioni già eseguite, cioè a quelle liquidate ed esaurite; cosicché la pronuncia di risoluzione per inadempimento di un contratto ad esecuzione continuata, sebbene di carattere costitutivo, ha efficacia retroattiva dal momento dell’inadempimento e, cioè, dal momento in cui, realizzandosi l’inadempimento rilevante ai fini risolutivi, è venuto meno il sinallagma contrattuale”.

Traducendo i suddetti principi in materia Iva il nuovo art. 26 del Dpr 633/72 abilita, dunque, il creditore a emettere una nota di variazione, ancor prima di esperire qualsiasi azione recupero per il solo inadempimento del debitore. Inoltre la legge di stabilità 2016, prevede espressamente che la specifica modifica apportata per la risoluzione dei predetti contratti ha carattere interpretativo e ha efficacia anche per le operazioni pregresse.

Decorrenza

Le nuove regole delle note di variazione decorrono, avente natura interpretativa, anche alle operazioni effettuate prima del 1 gennaio 2016.  La retroattività non opera per le regole previste in materia di procedure concorsuali per le quali, come già evidenziato in precedenza,  le nuove disposizioni opereranno solo con riferimento ai casi in cui il cessionario committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016.    

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