di Benedetto Santacroce
Il “Panama Papers” e il presunto trafugamento illegittimo di dati (questa volta da uno studio legale) ripropone la questione della utilizzabilità fiscale delle informazioni così acquisite da parte della nostra amministrazione finanziaria.
Premettendo che le informazioni attualmente a disposizione non consentono una puntuale e certa ricostruzione dei fatti e ancor più del contenuto effettivo dei dati “trafugati”, è chiaro che la questione dell’utilizzabilità degli stessi e delle conseguenze amministrative e penali hanno una diretta rilevanza per tutti i contribuenti interessati a condizione che le operazioni “documentate” siano state realizzate in dispregio delle regole di comunicazione e di dichiarazione previste dalla L 167/1990.
Detto ciò, se volessimo valutare in modo oggettivo l’utilizzabilità fiscale dell’informazione acquisita è molto utile leggere i fatti alla luce della giurisprudenza di legittimità che si è occupata negli ultimi anni delle liste Falciani e Vaduz.
In effetti, la Corte di Cassazione si è occupata delle predette liste e sulla loro utilizzabilità con due ordinanze 8605 e 8606 del 28 aprile 2015 e con la sentenza 16950 del 19 agosto 2015. In queste pronunce la Cassazione, equiparando l’informazione acquisita ad un indizio e attribuendo alla stessa il valore di presunzione semplice, ha espressamente affermato che: “l’amministrazione finanziaria, nella lotta all’evasione, può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche unico, ad esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di diritti fondamentali di rango costituzionale”. La stessa Corte ha ulteriormente chiarito che: “ spetta al giudice di merito valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro delle contestazioni mosse del contribuente”.
Dai suddetti principi deriva che per poter utilizzare le informazioni “trafugate” è necessario in primo luogo dimostrare che le stesse non ledono i diritti fondamentali di rango costituzionale quali l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio. Sotto questo profilo la Corte considera che tale violazione non sussiste quando il diritto tutelato (nel caso considerato dalla Corte il diritto alla riservatezza dei dati bancari) non è tale da essere da ostacolo all’adempimento del dovere inderogabile di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva (art. 53 della Costituzione). È necessario, dunque verificare attraverso un bilanciamento dei diritti in gioco costituzionalmente garantiti quale sia il diritto prevalente. Riportando al caso di specie del “Panama Papers” , in via di principio, sarebbe sostenibile considerare che i dati trafugati essendo relativi ad affari ovvero a società costituite da soggetti residenti in Italia gli stessi non siano tutelati da diritti di rango costituzionale prevalenti al principio di capacità contributiva. È vero che (ma questo lo potremo sapere solo entrando nel dettaglio delle posizioni) tale tutela potrebbe essere rappresentata dal fatto che le informazioni acquisite erano coperte da un incarico professionale di difesa personale del contribuente.
Ovviamente, come specificano le pronunce della Cassazione e come poi ripreso dalla giurisprudenza di merito (si veda la Commissione tributaria provinciale di Milano sentenza 5031/16/2015 – successiva alle predette posizioni di legittimità), non basta che il dato sia giuridicamente utilizzabile per essere posto a base di una rettifica della posizione fiscale del contribuente, ma è necessario che il fisco provi l’attendibilità del dato e dimostri che la presunzione è fornita degli elementi di precisione e gravità che possono essere posti a base di una rettifica fiscale. Inoltre, è necessario che questa attendibilità sia dimostrata dopo aver esperito un corretto contraddittorio preventivo con il contribuente interessato.
In altri termini, l’informazione “trafugata” e rintracciabile nel Panama Papers per essere concretamente utilizzabile dal fisco, oltre a dover essere circostanziata, deve essere suffragata da altri elementi che mutino la presunzione semplice in presunzione grave, precisa e concordante e non deve essere stata fornita dal contribuente in contraddittorio alcuna prova contraria che faccia venir meno la sua attendibilità.