di Alessandro Fruscione
Tra le numerose novità del Codice doganale dell’Unione (regolamento UE n. 952/2013) in vigore dal 1° maggio merita una segnalazione l’articolo 103, che disciplina il termine di prescrizione dell’accertamento.
La nuova norma, nel confermare l’impossibilità per l’autorità doganale di notificare al debitore l’importo dei dazi dovuti quando siano decorsi più di tre anni dalla data in cui il debito è sorto (come già previsto dall'articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale del 1992), disciplina ora direttamente il termine di comunicazione dell’obbligazione venuta ad esistenza a seguito di un fatto che, quando è stato commesso, era perseguibile penalmente (da 5 a 10 anni, in base alla scelta di ciascuno Stato membro).Viene quindi parzialmente modificata l’impostazione dell'articolo 221, paragrafo 4, del Codice doganale del 1992, che rinviava alle disposizioni interne di ciascuno Stato membro per fissare il termine ultimo per la notifica dell’avviso di accertamento in caso di fattispecie costituenti reato: in Italia, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione sull'articolo 84 del D.P.R. n. 43/1973, il recupero dei dazi poteva avvenire anche oltre il termine di tre anni, purché in tale triennio fosse stata trasmessa una notizia di reato all'autorità giudiziaria in relazione ai fatti sottostanti la dichiarazione doganale. Nell'esaminare l’articolo 103, CDU, la Circolare 8/D del 19 aprile scorso, emanata dall'Agenzia delle Dogane per illustrare le nuove disposizioni del Codice unionale, qualifica come decadenziale il termine triennale e chiarisce che, fino all'adozione della norma che fisserà (nell'ambito della forchetta fissata dal legislatore comunitario) il termine in presenza di fatti costituenti reato, questo sarà pari a cinque anni. La circolare evidenzia che, per effetto della nuova disposizione, è “preclusa agli uffici doganali ogni possibilità di notificare il debito e riscuotere i dazi qualora la pretesa tributaria non sia notificata agli operatori entro tale termine” quinquennale (applicabile esclusivamente alle obbligazioni accertate a far data dal 1° maggio 2016). Le indicazioni dell’Agenzia delle Dogane appaiono dunque nel senso di considerare quello triennale e quello quinquennale due termini distinti, che operano parallelamente e si basano su presupposti diversi (accertamento ordinario connesso alla rettifica di uno degli elementi della dichiarazione doganale; illecito penale). Si tratta tuttavia di una soluzione che da adito ad alcuni dubbi.
In particolare, l’articolo 103, paragrafo 2, CDU, esattamente come già l’articolo 221, paragrafo 4, del codice del 1992, consente la notifica dell’obbligazione doganale oltre l’ordinario termine triennale in presenza di un fatto penalmente rilevante, ma nulla dice circa l’incidenza di tale fatto sull'ampliamento del termine: ciò potrebbe far supporre che il triennio ordinario di accertamento possa in realtà essere superato (allungandosi da cinque a dieci anni) soltanto qualora – come nel vigore dell’art. 221, paragrafo 4 – la notizia di reato intervenga nel corso del termine di tre anni di cui al paragrafo 1.Lo stesso legislatore comunitario ha formulato la disposizione nel senso di un allungamento dell’ordinario limite triennale (“il termine di tre anni è esteso a minimo 5 anni…”), sicché sembra che l’estensione richieda comunque la trasmissione della notizia di reato prima di tale termine; ove il legislatore comunitario avesse voluto fissare due distinti termini, si sarebbe espresso ben diversamente sul piano lessicale, senza far riferimento ad estensioni (che presuppongono necessariamente un accadimento antecedente) bensì direttamente ad un termine ad hoc. E’ verosimile che i dubbi saranno sciolti, al riguardo, dalla giurisprudenza comunitaria.