Di Benedetto Santacroce e Ettore Sbandi
L’imballaggio rileva in dogana con diretto impatto sotto un duplice profilo, fiscale e commerciale. L’impatto del packaging è infatti troppo spesso sottovalutato dalle imprese e pone serie questioni in ordine alla corretta valorizzazione doganale delle merci, alla loro classificazione tariffaria, oltre che alla certificazione soggettiva delle imprese del settore ed a quella oggettiva dei contenitori. Anzitutto, un punto di fondamentale rilevanza sta nella dichiarazione del valore doganale delle merci, base imponibile per l’applicazione della fiscalità di confine. In materia, la formula di determinazione del valore è confermata, con addizione, al valore di fattura della merce, di una serie di altri elementi, quali ad esempio il costo del trasporto, dell’assicurazione, delle royalties o dei valori di rivendita. A questi elementi, se a carico del compratore e distinti dal valore dei beni, si aggiungono i costi dei container – considerati come formanti un tutt'uno con la merce – e il costo degli imballaggi, comprendente sia la manodopera, sia i materiali impiegati per la loro produzione. È evidente come, in questo caso, l’importatore rischia di non correttamente valutare la propria dichiarazione doganale ogni volta che omette di integrare il valore di acquisto delle merci con quello corrisposto, a latere, per contenitori ed imballaggi. L’omissione in argomento è tanto frequente – specialmente nel mercato del beni di valore, scortati da packaging costoso, sicuro e riutilizzabile -, quanto grave, se si sposta l’attenzione sulla norma sanzionatoria prevista per i casi della specie, con applicazione dell’art. 303 del Testo unico delle leggi doganali, con penalità fino all’800% del tributo evaso, per ogni bolletta doganale. A questo tema si aggiunge la questione della classificazione doganale delle merci, altro fronte particolarmente sensibile in dogana. Ogni bene movimentato nel commercio internazionale, infatti, reca un codice di nomenclatura a otto cifre al quale è abbinata una fiscalità dedicata; si tratta del momento doganale più classico, quello per cui, in sostanza, le merci sono codificate su base armonizzata, con attribuzione di precisi oneri tributari ed extatributari. Ebbene, regole speciali, in materia, sono previste per gli imballaggi, come tali intesi tutti i recipienti esterni o interni, condizionamenti, involucri e supporti, ad eccezione degli strumenti da trasporto, dei container e del materiale accessorio occorrente per i trasporti. Ai fini della classificazione delle merci, si rileva anzitutto che gli astucci e i contenitori simili, costruiti per ricevere un oggetto determinato o un assortimento, suscettibili di uso prolungato e presentati con gli oggetti ai quali sono destinati, sono classificati con questi oggetti quando sono del tipo normalmente in vendita con questi ultimi. Inoltre, fermo quanto sopra, resta la regola per cui gli imballaggi che contengono merci sono da classificare con queste ultime quando sono del tipo normalmente utilizzato per questo genere di merci, salvo che non siano suscettibili di essere utilizzati più volte. In ultimo, considerato il nuovo quadro giuridico introdotto dal nuovo codice doganale UE, non può non farsi cenno al tema della certificazione AEO per le imprese che sono parte della catena logistica. Con la qualificazione di operatori affidabili, le aziende del settore sono anzitutto avvantaggiate in termini di oggettivi, minori controlli, oltre che di migliori relazioni con le autorità doganali. E non è dubbio che possono accedere alla certificazione non solo le aziende impegnate nell’import-export, ma anche quelle che procedono con l’imballaggio delle merci spedite, da detenere in sicurezza, come confermato dalle UE Guidelines previste per l'AEO. Il quadro si completa con la facilitazione prevista per le imprese che producono packaging sensibili per le frontiere, quali ad esempio gli imballi in legno o con chimici a supporto (es. DMF), anch'esse agevolate in termini di controlli e facilitazioni.