Packaging e Frodi IVA

 Packaging e Frodi IVA

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Di Benedetto Santacroce e Lorenzo Lodoli

Attenzione alle frodi IVA per le società attive nel packaging quando l’acquirente è un esportatore abituale.
In tal caso le cessioni sono effettuate ai sensi dell’art. 8, lettera c) del DPR 633/72, ossia senza applicazione dell’imposta per via della presentazione da parte delle società acquirenti di lettere di intento attestanti il loro status di esportatori abituali e in quanto tali titolati a ricevere forniture in regime di non imponibilità IVA. Le imprese, nonostante siano in buona fede ed ignari del disegno truffaldino perpetrato alle loro spalle dalla società acquirente, rischiano di vedersi contestato il diritto a detrazione, o più in generale, rischiano di dover corrispondere il debito IVA (oltre alle sanzioni e la possibile segnalazione ai fini penali) dovuto da terzi, per il fatto di aver inavvertitamente intrattenuto rapporti commerciali con autori di frodi. I connotati tipici della frode.  La frode carosello, o del missing trader, è uno schema volto a trarre vantaggio dal mancato versamento all’erario dell’IVA rivalsata in fattura dal cedente. In sostanza, il cedente emette una fattura con IVA, l’acquirente paga l’importo addebitato comprensivo dell’IVA, il cedente incassa il corrispettivo e l’IVA ma non provvede a versare l’imposta all’erario. Solitamente, al fine di perpetrare il proprio disegno criminoso, il cedente si serve di un sistema di “scatole vuote” le cd. cartiere, che sono i soggetti (imprese individuali o società) designati ad emettere le fatture in luogo del vero fornitore dei beni, per questo dette soggettivamente inesistenti. Tali strutture, in genere, dopo aver permesso il funzionamento del descritto meccanismo, scompaiono (di qui l’espressione missing trader) senza lasciare alcuna possibilità di recupero dell’imposta evasa, siccome non posseggono alcuna struttura e/o bene su cui il fisco possa soddisfare le proprie pretese creditorie e sono gestite da prestanome nullatenenti assolutamente indifferenti a qualunque aggressione patrimoniale. Affinché il descritto meccanismo possa funzionare è necessario che il missing trader non subisca la rivalsa dell’IVA “a monte” sui propri acquisti, perché se così fosse il lucro connesso alla frode, e quindi il vantaggio alla stessa, verrebbe oggettivamente meno. Pertanto è essenziale che l’acquisto delle merci rivendute “a valle” (e quindi utilizzate per perpetrare la frode) avvenga senza addebito dell’IVA da parte del fornitore.
Le modalità attraverso le quali tali truffe vengono poste in essere sono molteplici. Una delle forme più utilizzate consiste nell'architettare la frode attorno ad un acquisto effettuato mediante emissione di una lettera di intento, a fronte della quale il cedente non applica l’IVA ex art. 8, lett. c) del DPR 633/72. Il risultato, in termini concreti, è che in siffatte circostanze l’acquirente non deve corrispondere nulla in termini di IVA in relazione all'acquisto effettuato, talchè, di fatto, pone in essere un acquisto non gravato da imposta. È questa la necessaria fonte di innesco della frode carosello: venuto in possesso di merci virtualmente detassate, la cartiera è in grado di provvedere alla loro rivendita (sottocosto) e di lucrare l’illecito guadagno dato dall'IVA non versata all'erario. Nelle compravendite con lettere di intento è l’acquirente che, dichiarando il proprio status di esportatore abituale impone al proprio fornitore l’emissione di una fattura senza IVA. Il fornitore, da parte sua, non può che limitarsi ad un controllo strettamente formale della lettera di intento.

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