La Recidiva Fiscale

La Recidiva Fiscale

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A cura di Lorenzo Lodoli e Benedetto Santacroce 

Con il decreto che modifica la disciplina delle sanzioni tributarie è stato modificato l’istituto della recidiva creando un apparente automatismo. La recidiva fiscale disciplinata dall’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997 nel testo in vigore fino al 1° gennaio 2016 prevedeva la possibilità di comminare una sanzione aumentata fino alla metà nei confronti di quei contribuenti che avessero commesso una altra violazione della stessa indole nei 3 anni precedenti. Fino alle modifiche in commento la recidiva era una fattispecie complessa di causa aggravante legata ad un fatto oggettivo riscontrabile e ad un ulteriore elemento discrezionale che permetteva all’Ufficio di incrementare oltre il limite massimo edittale la sanzione da irrogare. La norma, riformulata dal D. Lgs. n. 158/2015, sembrerebbe aver eliminato l’elemento discrezionale nell’applicazione della recidiva prevedendo che la sanzione debba essere aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti si sia imbattuto in altra violazione della stessa indole salvo i casi di evidente sproporzione tra l’entità del tributo e la sanzione irrogabile. Gli elementi costitutivi per incrementare la sanzione previsti dal nuovo articolo in commento sono (i) la commissione di una violazione della stessa indole nei tre anni precedenti, (ii) la mancata definizione della stessa violazione tramite uno degli istituti deflattivi del contenzioso ed infine (iii) la proporzionalità della sanzione. Lo stesso art. 7, al comma 3 seconda parte, si preoccupa poi di definire le violazioni della stessa indole includendovi tutte le violazioni “di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell’azione presentano profili di sostanziale identità”. Esemplificando, la recidiva risulta applicabile, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle entrate nella C.M. n. 180/E del 1998, anche nel caso in cui il contribuente abbia, in relazione ad un periodo d’imposta, presentato una dichiarazione infedele ai soli fini delle imposte dirette e nel periodo d’imposta successivo abbia presentato un’analoga dichiarazione infedele, ma in questo caso ai soli fini IVA.
Per arginare gli effetti eccessivamente lesivi per i contribuenti anche in presenza di condotte di disvalore “minimo” si dovrà intervenire sulle modalità di calcolo da parte gli Uffici che, non dovranno procedere con un acritico automatismo, ma dovranno utilizzare l’istituto con una certa discrezionalità attraverso una valutazione, caso per caso, della manifesta sproporzione fra l’entità del tributo e la sanzione, da analizzare prendendo in esame anche la condotta tenuta dal contribuente e dall’altra evitando l’applicazione a comportamenti della stessa indole posti in essere in anni diversi ma constatati con la medesima verifica fiscale ritenendo invece necessaria la precedente constatazione della violazione.

 

 

 

 

 

 

 

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