A cura di Domenico Pezzella e Benedetto Santacroce
Nelle linee guida sull'attuazione del "country-by-country reporting" pubblicate lo scorso 29 giugno, l'OCSE ha ribadito quanto già auspicato all'interno dell'action 13 del BEPS, vale a dire la necessità che la rendicontazione Paese per Paese trovi applicazione già con riferimento alle informazioni relative al periodo di imposta 2016. Come si ricorderà l'Italia, tra i primi firmatari del Multilateral Competent Authority Agreement per lo scambio automatico dei Country by Country Report, ha già introdotto nel proprio ordinamento l'obbligo di tale rendicontazione sia per le società controllanti, residenti nel territorio dello Stato, che sono tenute alla redazione del bilancio consolidato e con un fatturato consolidato, conseguito dal gruppo di imprese multinazionali nel periodo d'imposta precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro, sia per le società controllate, residenti nel territorio dello Stato, qualora la società controllante che ha l'obbligo di redazione del bilancio consolidato sia residente in uno Stato che non ha introdotto il medesimo obbligo di rendicontazione ovvero non ha in vigore con l'Italia un accordo sullo scambio di informazioni relative alla rendicontazione stessa, ovvero è inadempiente allo stesso.
Affinché tale obbligo diventi operativo è, però, necessario attendere l'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che, nonostante il termine previsto di 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità (1° gennaio 2016), non ha ancora visto la luce. La pressione dell'OCSE affinché si dia presto effettiva attuazione al Country by Country reporting segue l'accelerazione data dall'Unione europea con la direttiva 2016/881/UE del Consiglio, pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 3 giugno, recante modifica della direttiva 2011/16/UE sullo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, in cui è previsto che gli Stati membri adottino e pubblichino entro il 4 giugno 2017 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla disciplina sulla rendicontazione Paese per Paese contenuta nella direttiva, in modo tale che la stessa trovi applicazione a decorrere dal 5 giugno 2017. Pertanto, proprio affinché non vi sia alcun ostacolo a rendere operativo per gli Stati firmatari il Country by Country report nei tempi stabiliti ed al fine di garantirne una sua omogenea e coerente attuazione, l'OCSE nella sua guida ha fornito alcuni chiarimenti su specifiche problematiche quali la regolamentazione di situazioni in cui, nella fase di transizione, vi siano imprese multinazionali che intendano stilare il report volontariamente; l'applicazione del report anche ai fondi di investimento ed alle partnerships; l'impatto delle fluttuazioni dei tassi di cambio in ordine alla prevista soglia dei 750 milioni di euro. In merito al primo punto, si osserva che le giurisdizioni che, pur avendo dato attuazione al Country by Country reporting, non siano in grado di farlo con riferimento al periodo di imposta 2016, dovrebbero dare alla capogruppo residente nel loro territorio la possibilità di farlo su base volontaria. Tale forma di rendicontazione, definita dall'OCSE quale "parent surrogate filing", avrebbe il pregio di salvaguardare la tempistica prevista nell'action 13, dunque di rispettare il contenuto di quanto in essa previsto, ed eviterebbe, al verificarsi di determinate condizioni, l'onere di compilazione della medesima rendicontazione da parte della supplente della controllante capogruppo da nominarsi tra le controllate residenti in altra giurisdizione. Per quanto, invece, attiene ai fondi di investimento ed alle partnerships, l'OCSE prende chiara posizione nel ritenere che non sussista nei loro confronti alcuna generale esenzione circa l'obbligo in parola. Conseguentemente, al fine di verificare se tali soggetti siano tenuti o meno alla redazione della rendicontazione occorrerà sempre riferirsi a quanto previsto dai principi contabili. In merito ai fondi di investimento, tale obbligo sussisterà solo qualora le regole contabili impongano al fondo di consolidare le investee companies. Naturalmente, anche nel caso in cui il fondo sia esente dall'obbligo di rendicontazione, è sempre possibile che al medesimo obbligo sia invece tenuta la società di proprietà del fondo di investimento, la quale a sua volta controlli altre società con le quali forma un gruppo multinazionale che supera la soglia di reddito richiesta. In merito alle partnerships, per le quali si pone il problema della loro eventuale trasparenza ai fini fiscali nelle diverse giurisdizioni in cui opera il gruppo multinazionale, al fine di individuare la sussistenza o mena di una residenza fiscale della partnership, occorrerà fare riferimento alla giurisdizione sotto la cui legislazione la stessa è stata costituita. Nel caso in cui, quest'ultima non risultasse fiscalmente residente in alcuna giurisdizione, ai fini del report occorrerà considerarla quale stateless entity. In ultimo, in merito alla soglia fissata in alcune giurisdizioni in valuta locale diversa dall'euro, la guida chiarisce che tale soglia deve esclusivamente rispettare il cambio sussistente a gennaio 2015 tra valuta locale ed euro senza che possa essere imposto alcun obbligo di rivedere la predetta soglia in considerazione delle successive fluttuazioni del relativo cambio. Di conseguenza, qualora la giurisdizione in cui ha sede la capogruppo abbia previsto una soglia in valuta nazionale equivalente a 750 milioni di euro sulla base del cambio vigente a gennaio 2015, il gruppo multinazionale che si trovi al di sotto di tale soglia non potrà essere obbligato in nessuna altra giurisdizione alla rendicontazione per il tramite di una società supplente anche se la predetta soglia, a causa delle fluttuazioni del cambio, dovesse risultare successivamente maggiore di 750 milioni di euro.