A cura di Lorenzo Lodoli e Benedetto Santacroce
L’autotutela parziale di un atto di accertamento da parte dell’ufficio rimette il contribuente in termini per aderire all’atto con sanzioni ridotte come se avesse aderito all’atto di accertamento originario e anche se siamo in fase contenziosa. Questa è un’importante novità disciplinata dal nuovo comma 1-sexies dell’art. 2 quater del D.L. 564/94, introdotto con il D. Lgs. 159/2015.
Si tratta di un caso di cd “acquiescenza processuale” ed è circoscritta al caso in cui il Fisco, rendendosi conto dell’infondatezza parziale della pretesa, annulla solo parzialmente l’atto emesso nei confronti del contribuente rimettendo, di fatto in termini il contribuente ai fini dell’acquiescenza all’accertamento così determinato alle stesse condizioni vigenti all’epoca dell’emanazione dell’atto. Trattandosi di una norma procedimentale e peraltro favorevole al contribuente trova applicazione, come confermato anche dal Fisco, a tutti i giudizi in corso con riferimento agli atti di autotutela parziale notificati successivamente al 22.10.2015. Questo elemento è particolarmente rilevante in quanto nel caso in cui oggi penda un giudizio in primo grado, appello o cassazione relativo ad un atto notificato prima del 31.12.2015 senza che fosse stato proceduto da verbali o da invito al contraddittorio, pertanto senza che il contribuente usufruisse della riduzione ad 1/6 delle sanzioni, questo, in presenza di un autotutela parziale, sarebbe in termini per usufruire della riduzione ad 1/6 delle sanzioni in applicazione dell’abrogato comma 2-bis dell’art. 15 del D. Lgs. 218/97 vigente al momento di emissione dell’atto impugnato.
Una volta ottenuta l’autotutela parziale il contribuente avrà due strade:
• censurare la parte di atto restante continuando a coltivare il giudizio e rinunciando alla facoltà concessa dal nuovo comma 1-sexies. In tal caso il contenzioso può proseguire, senza alcun problema, per la “porzione” di atto non annullata su cui si chiede una pronuncia di annullamento. Alle medesime conclusioni si può addivenire anche nel caso in cui il contribuente non avesse ancora introdotto il giudizio con la notifica del ricorso e/o il successivo deposito presso la competente CTP;
• in secondo luogo il contribuente, una volta ottenuto l’atto di annullamento parziale, potrà definire la controversia utilizzando il nuovo istituto che, pertanto, introduce una possibilità in più oltre alla conciliazione giudiziale ed alla mediazione.
La differenza con gli altri istituti deflattivi del contenzioso, quali appunto la conciliazione giudiziale o la mediazione è, oltre ad un diverso abbattimento delle sanzioni per il quale si rinvia alla tabella, che tali istituti presuppongono un accordo con il funzionario che non ha alcun obbligo giuridico in tal senso mentre l’acquiescenza processuale è una scelta rimessa alla esclusiva volontà del contribuente.
In relazione all’ambito di applicazione si fa presente che, stante l’ampia formulazione normativa, la c.d. “acquiescenza processuale” concerne qualsiasi ente impositore e opera per tutte le entrate devolute alla giurisdizione delle Commissioni tributarie.
Dal dato testuale della norma peraltro non sembra che vi siano preclusioni affinché l’istituto possa essere utilizzato in tutti i gradi di giudizi (anche cassazione o revocazione o giudizio di rinvio) purché vi sia un atto di autotutela parziale da parte dell’ufficio e la rinuncia al giudizio da parte del contribuente con il versamento del dovuto.
Infine è opportuno analizzare bene il comportamento tenuto anche per gli altri anni d’imposta dal contribuente valutando se, nei tre anni precedenti o successivi non abbia posto in essere una violazione della medesima indole e non vi siano altri atti impositivi emessi nei suoi confronti in quanto gli effetti di una chiusura del giudizio utilizzando il nuovo comma 1-sexies all’art. 2 quater del DL 564/94 rispetto all’utilizzo degli altri istituti deflattivi sono diversi ai fini dell’applicazione della recidiva prevista dall’art. 7, comma 3, D. Lgs. 472/97. Solo la chiusura delle liti attraverso l’istituto della conciliazione o mediazione non ha, infatti, valore ai fini della recidiva.
L’applicazione dell’acquiescenza processuale (si veda il commento accanto) pone dei dubbi applicativi se sia sempre possibile applicare (se esistenti all’epoca della notifica dell’atto) le regole di definizione dei PVC o degli inviti al contraddittorio. Non vi dovrebbero essere dubbi, partendo dal dato letterale dell’art. 2-quater, comma 1-sexies, con riguardo all’acquiescenza (art. 15 del D. Lgs. 218/97 che prevede la riduzione delle sanzioni ad 1/3 di quelle irrogabili) e alla definizione agevolata degli atti di contestazione delle sole sanzioni (dall’art. 16 del D. Lgs. 472/97 che prevede la riduzione delle sanzioni sempre ad 1/3 di quelle irrogabili).
Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 12/E del 2016 nella quale, partendo da una interpretazione sostanziale della norma, evidenzia che la ratio del nuovo strumento deflattivo è quella di “consentire al contribuente destinatario di un provvedimento di autotutela parziale relativo a un atto impugnato di prestare acquiescenza alla pretesa come rideterminata in autotutela, alle stesse condizioni esistenti al momento della notifica dell’atto oggetto di parziale annullamento d’ufficio” prevedendo, nonostante l’avvenuta abrogazione dell’art. 15-bis del D. Lgs. 218/97, la possibilità per il contribuente, in presenza di autotutela parziale in pendenza di giudizio, di essere rimesso in termini per esercitare la facoltà di definire l’atto utilizzando la riduzione ad 1/6 delle sanzioni. Partendo da tali considerazioni, che rimarcano l’esigenza di rimettere in termini il contribuente, si può pensare di includere anche gli istituti, abrogati, che consentivano di chiudere la lite in un momento antecedente alla notifica dell’atto accertativo ma che contenevano, al loro interno, la pretesa vantata e, a questo punto, errata del Fisco, quali, l’adesione ai “pvc” (art. 5-bis del D. Lgs. 218/97) e l’invito al contraddittorio (art. 5, comma 1-bis – 1 quinques del D. Lgs. 218/97) con un conseguente abbattimento delle sanzioni ad 1/6.
E’ da rigettare un’ermeneutica strettamente letterale della norma, dovendo cercare la ratio legis, rinvenibile nell’aumentare le possibilità di definire la vertenza in caso di annullamento parziale dell’atto, a fronte della rinuncia al ricorso, e nella possibilità per il contribuente di essere rimesso in termini al fine di definire la pretesa tributaria, al netto degli errori riconosciuti dall’Ufficio, con gli strumenti definitori che lo stesso contribuente aveva al momento della contestazione della pretesa tributaria errata. Quindi, sarebbe errato asserire che rientri nell’art. 2-quater comma 1-sexies del DL 564/94 solo la definizione delle sanzioni ex art. 16 del D. Lgs. 472/97 e l’acquiescenza ex art. 15 del D. Lgs. 218/97 dovendovi invece far rientrare anche gli istituti definitori utilizzabili prima dell’emissione dell’avviso di accertamento in un momento in cui però la pretesa dell’Agenzia delle Entrate, errata come confermato dall’autotutela parziale, era già conosciuta nella sua interezza.
Se così non fosse vi sarebbe una disparità di trattamento, con violazione dei principi di uguaglianza costituzionalmente garantiti, tra chi ha ricevuto un accertamento senza che fosse preceduto dalla notifica di un pvc o di un invito al contraddittorio che potrebbe usufruire, con la remissione in termini prevista dall’acquiescenza processuale, di un abbattimento delle sanzioni ad 1/6 (art. 15-bis D. Lgs. 218/97) con chi invece ha ricevuto un accertamento preceduto da un pvc o un invito al contraddittorio che non potrebbe godere del medesimo abbattimento avendo avuto detta possibilità in un momento precedente in cui, però, la pretesa del Fisco era conosciuta ed errata.
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