La CEDU impone il confronto tra contribuenti e fisco

La CEDU impone il confronto tra contribuenti e fisco

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Un approfondimento particolare merita la tutela prevista nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che garantisce, all’art. 6, il principio del giusto processo e del contraddittorio preventivo.
La domanda da porsi è se l’atto impositivo che preveda anche la contestazione delle sanzioni da parte del Fisco possa permettere di invocare le tutele previste dall’art. 6 della CEDU. Nel qual caso infatti il diritto ad un contraddittorio endoprocedimentale non potrebbe essere limitato ai soli tributi armonizzati (contrariamente a quanto affermato dalla Cassazione SS. UU. sent. n. 24823/2015) ma dovrebbe estendersi ad ogni atto emesso dall’Agenzia delle Entrate che al suo interno contenga non solo richieste di maggiori imposte ma anche l’erogazione di sanzioni amministrative – tributarie.
Sebbene la disposizione dell’art. 6 della CEDU non contenga espliciti riferimenti al diritto tributario - portando ad escludere dalla tutela dell’equo processo i giudizi che non riguardano materie civili o penali (Corte EDU Ferrazzini c. Italia del 12 luglio 2001) - si evidenzia che la Corte Edu ha in più occasioni escluso che la natura tributaria della violazione commessa sia per sè sufficiente ad evitare un sindacato sulla base dell’art. 6 concludendo che vi è diritto al giusto processo anche quando si impugnano provvedimenti di natura afflittiva per la sfera personale di un soggetto (contribuente) che sono qualificabili come sanzioni tributarie amministrative (Corte EDU Jussila c. Finlandia del 23 novembre 2006 o Corte EDU Janosevic c. Svezia del 23 luglio 2002). Non v’è dubbio che l’impianto sanzionatorio previsto dai decreti del 1997 (D. Lgs. 471 e 472 del 1997) ed ispirato ai principi della personalità delle sanzioni, della legalità, dell’imputabilità e del favor rei ha tutte le caratteristiche indicate dalla Corte Edu (generalità, afflittività, deterrenza e significatività) per avere natura penale ai fini CEDU con la conseguenza che gli atti che prevedono anche l’irrogazione delle sanzioni non possono non essere assoggettate alle garanzie previste dall’art. 6 della Convenzione. Una tale ricostruzione ha importanti conseguenze sul procedimento di verifica fiscale e sulla successiva fase di emissione dell’avviso di accertamento, che ai sensi dell’art. 17 D. Lgs. 472/97 ha al suo interno anche l’irrogazione delle sanzioni stesse. Infatti la verifica fiscale e la procedura da cui scaturisce l’avviso di accertamento ha una duplice funzione di procedimento finalizzato all’accertamento del tributo non versato e di base giuridica su cui irrogare le sanzioni. In una prospettiva europea quindi viene ad assumere una duplice natura: amministrativa per l’accertamento del tributo e penale per l’irrogazione delle sanzioni.
Conclusioni a cui è giunta la CTP di Reggio Emilia con l’ordinanza n. 280/3/14 che, partendo proprio dalla natura penale ai fini CEDU delle sanzioni amministrative tributarie, ha potuto prospettare profili di incompatibilità, e conseguente incostituzionalità, tra l’attuale assetto ordinamentale della giustizia tributaria con l’art. 6 della CEDU in relazione ai valori di indipendenza e di imparzialità del giudice previsti dalle norme europee sul giusto processo.
Partendo pertanto da questo presupposto i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU ai fini del giusto processo previsto dall’art. 6 - tra i quali rientra il principio del diritto al contradditorio preventivo – devono essere applicati anche nell’emissione di un avviso di accertamento che contestualmente irroghi le sanzioni del D. Lgs. 472/97 che se non preceduto da un incontro endoprocedimentale con il contribuente deve essere dichiarato nullo ed illegittimo.

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