A cura di Lorenzo Lodoli, Michele Procida e Benedetto Santacroce
La dichiarazione integrativa vale ai fini dell’acconto omesso con la conseguenza che non deve essere sanato, in sede di ravvedimento, il mancato versamento del tributo. Questo che è uno dei principali chiarimenti della circolare 42/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate apre la strada all’annullamento degli atti pendenti. La circolare ha chiarito che quando il contribuente presenta una dichiarazione integrativa da cui emerge una maggiore imposta con conseguente rideterminazione degli importi dovuti a titolo di acconto per l’anno successivo non deve essere irrogata la sanzione per carente versamento dell’acconto, se la dichiarazione è presentata successivamente al termine di versamento del secondo acconto. In quanto la regolarizzazione dell’infedele dichiarazione assorbe quella dell’omesso versamento. Nel caso in cui invece la dichiarazione integrativa venga presentata dopo il primo acconto ma prima del secondo l’insufficiente versamento del primo acconto non può essere sanzionato se il contribuente con il versamento del secondo integra anche la mancanza del primo. L’Agenzia, partendo dal presupposto che se l’importo versato per gli acconti è commisurato a quello determinato nella dichiarazione vigente al momento del versamento (pertanto anche integrativa), afferma che il contribuente non potrà essere assoggettato a sanzione per carente versamento superando, in tal modo, una precedente presa di posizione, di segno opposto, formulata con la circolare 47/E del 18 giugno 2008.
Questa posizione produce effetti non solo per il futuro, si pensi alla scadenza del 30 novembre per il secondo acconto Irpef, ma anche per il passato in tutti i casi in cui un contribuente che avesse regolarizzato la propria posizione con la presentazione di una dichiarazione integrativa ed il versamento delle sanzioni “ravvedute” da infedele dichiarazione sia stato, proprio alla luce della precedente prassi, comunque sanzionato per ritardato versamento del relativo acconto. In tal caso vi sono stati numerosi ricorsi in Commissioni nei quali il contribuente contestava l’illegittimità delle somme iscritte a ruolo per sanzioni da ritardato versamento ritenendo fossero state “assorbite”, tramite l’istituto del ravvedimento operoso, dalla fattispecie dell’infedele dichiarazione. Oppure vi sono ancora oggi rateizzazioni in corso richieste dai contribuenti. Tali posizioni oggi dovrebbero essere definite in senso favorevole al contribuente con la presentazione all’ufficio competente di apposita istanza di autotutela con la quale chiedere l’annullamento dell’atto sanzionatorio e, caso per caso, valutare la possibilità di richiedere un rimborso (si pensi alle somme versate in pendenza di giudizio). Unico limite la definitività dell’atto sanzionatorio perché non impugnato nei termini o perché regolarmente pagato oppure oggetto di una decisione definitiva e non più impugnabile.
#Circolare42