Apertura Deposito Iva

Apertura Deposito Iva

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A cura di Benedetto Santacroce

Dal 1 aprile 2017 il deposito Iva cambia regole allargando la sua sfera operativa (l’introduzione sarà ammessa per ogni tipologia di transazione), imponendo a chi estrae di assolvere l’imposta con un versamento diretto tramite F24 senza diritto a compensazione e incrementando in modo significativo la responsabilità del depositario che assumerà la veste di esattore. Il cambiamento, contenuto nell’art. 4 del Dl 193/2016 e dettato da motivazioni antifrode, creerà secondo le stime ministeriali un gettito di 150 milioni di euro a fronte di un nuovo impegno finanziario delle imprese di 4 miliardi di euro e una probabile ulteriore riduzione delle operazioni doganali.
Introduzione dei beni in deposito
Il deposito Iva di cui all’art. 50 bis del Dl 331/93 permette di introdurre dei beni in deposito senza il pagamento dell’Iva, che si sospende fino al momento della sua estrazione. Un punto delicato è proprio rappresentato dall’introduzione dei beni in deposito e la loro ammissione al regime sospensivo. La sua importanza è stata sottolineata anche dalla Corte di Giustizia nella Causa Equoland. La prima novità riguarda proprio l’ammissione dei beni al regime del deposito. Prima del Dl 193/2016 erano ammessi solo per gli acquisti intracomunitari, per i beni extra-UE immessi in libera pratica, per le cessioni verso soggetti identificati in un altro Stato membro e per le cessioni nazionali, ma limitatamente alle transazioni che avevano ad oggetto i beni elencati nell’allegato “A bis” del Dl 331/93. Con l’entrata in vigore delle nuove regole queste due ultime tipologie vengono eliminate dal testo dell’art. 50 bis del Dl 331/93 e viene previsto che sono ammesse alla sospensione delle imposte “tutte le cessioni di beni eseguite mediante l’introduzione in un deposito Iva”. Questa sostituzione determina un ampliamento delle operazioni che possono essere ammesse al regime sospensivo creando delle nuove opportunità di utilizzo dello specifico regime per tutte le operazioni interne, specialmente quando le merci sono oggetto di più transazioni ovvero sono dirette a essere esportate o cedute in un altro Stato membro.
Estrazione
Alla precedente buona notizia fanno da contraltare le nuove regole che sono state previste per gestire l’estrazione dei beni dal deposito quando i beni sono destinati ad essere commercializzati ovvero utilizzati in Italia. In questo caso, il legislatore (equiparando di fatto la procedura di riscossione dell’imposta a quanto accade per importare un bene da un Paese terzo) ha previsto che chi estrae è obbligato ad assolvere l’Iva, entro il 16 del mese successivo a quello di estrazione, attraverso un versamento diretto in F24 con divieto di compensazione (in effetti, come analizzeremo – si veda l’altro articolo in pagina - il versamento dovrà essere operato dal depositario e non da chi estrae). La predetta modalità di riscossione è esclusa solo per le operazioni di estrazione che chiudono un acquisto intracomunitario ovvero per gli esportatori abituali che possono utilizzare il plafond Iva disponibile. Il versamento genera in capo a chi estrae la formazione di un credito verso lo Stato che viene autofatturato e annotato sul registro degli acquisti (art. 25 del Dpr 633/72) e permette la detrazione dell’imposta. Attualmente tutte le operazioni di estrazione (come è logico per garantire la neutralità dell’imposta) avvengono senza un esborso effettivo, ma attraverso una semplice rilevazione contabile con l’emissione di un autofattura ovvero con l’integrazione della fattura di vendita e con contestuale registrazione dell’operazione nel registro vendite e nel registro acquisti. È chiaro che questa nuova regola aumenterà in modo sostanziale la posizione creditoria dei contribuenti che operano l’estrazione da un deposito Iva e che con ogni probabilità) dovranno accedere, con un corrispondente carico finanziario, alla procedura del rimborso Iva.

 

 

 

 

#Legge di Bilancio 2017

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