Telefisco 2017: Le novità sui depositi IVA, l’IVA di gruppo, le note di variazione e le altre novità 2017

Telefisco 2017: Le novità sui depositi IVA, l’IVA di gruppo, le note di variazione e le altre novità 2017

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Benedetto Santacroce

Scelte diverse tra Europa e Italia per la gestione dell’IVA negli scambi interni e internazionali. Mentre le autorità di Bruxelles giocano con gli Stati membri la carta delle flessibilità, rafforzano il principio di destinazione negli scambi intracomunitari e rendono più semplici gli adempimenti per la gestione dell’e-commerce; il legislatore nazionale privilegia ancora, per ragioni di gettito e per combattere in modo efficace la frode, scelte più prudenti e garantiste, con qualche apertura nei confronti dei gruppi d’impresa.

Le scelte europee

La Commissione europea, dopo aver pubblicato ad aprile del 2016 un nuovo piano di azione IVA, alla fine dello stesso anno, ha presentato tre proposte di direttiva che si propongo di modernizzare l’imposta, di adattarla al nuovo mercato globale e di venire incontro alle esigenze rappresentate da alcuni Stati membri.

Il piano di azione si muove secondo tre direttive principali:

  • Lotta alle frodi. la Commissione propone di mettere in atto un sistema dell’IVA definitivo, in cui, per le operazioni transfrontaliere tra operatori economici (B2B), l’IVA verrebbe incassata dal Paese cedente secondo le aliquote del Paese d’acquisto, sulla base del “principio di tassazione a destinazione”
  • aliquote ridotte IVA. La Commissione intende dare più libertà agli Stati membri nella fissazione di tali aliquote;
  • e-commerce. La Commissione propone di introdurre delle semplificazioni nelle vendite a distanza di beni e servizi.

In questa logica la Commissione il primo dicembre del 2016 ha presentato un pacchetto di misure in materia di e-commerce e e-books. 

Per quanto riguarda l’e-commerce le proposte (documenti Com (2016) 755, 756, 757 e 758) prevedono tra il 2018 e il 2021 un estensione del MOSS (mini one shop stop) alla vendita on line di beni materiali a consumatori finali (B2C) da parte di operatori UE e extra-UE; una semplificazione degli obblighi di identificazione per le PMI e per le Start-up con controlli diretti nel Paese d’origine; eliminazione della franchigia IVA per l’importazione di beni di valore non superiore a 22 €; la previsione di nuove regole di monitoraggio delle specifiche operazioni con introduzione di obblighi di scambio di informazioni tra Stati membri; l’individuazione di regole semplificazione relativamente alla prova della localizzazione del consumatore finale.

Per quanto riguarda gli e-books la proposta prevede la possibilità per gli Stati membri di introdurre una aliquota ridotta per libri, giornali , periodici e altre pubblicazioni venduti per via elettronica. La proposta vuole risolvere, tra l’altro, la posizione di contrasto in cui versa attualmente la legislazione italiana in materia.

Inoltre, il 21 dicembre 2016 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che consente in via transitoria (fino a giugno del 2022) la possibilità agli Stati membri di introdurre un meccanismo generalizzato di reverse charge per tutte le transazioni superiori a 10.000 € per fattura. L’opzione è sottoposta a rigide condizioni.

Le misure nazionali

Per il 2017 il Decreto di fine anno (Dl 193/2016) e la legge di bilancio (L 232/2016) hanno introdotto sostanziali modifiche al sistema IVA nazionale. In particolare dette modifiche riguardano:

  • la gestione dei depositi IVA (art. 50 bis del Dl 331/93). Le modifiche consistono nell'allargamento delle operazioni interne ammesse al particolare regime sospensivo e la previsione di uno specifico meccanismo di riscossione dell’imposta al momento dell’estrazione dei beni dal deposito;
  • le note di variazione IVA (art. 26 del Dpr 633/72); per questa regola la legge di bilancio prevede la cancellazione della riforma prevista dal 1 gennaio 2017 dalla legge di stabilità del 2016 con effetti negativi sui creditori di procedure concorsuali;
  • falcidia IVA e procedure concorsuali; la legislazione IVA si adegua alla Corte di Giustizia e ammette la falcidia dell'IVA a determinate condizioni anche nell'omologazione delle procedure concorsuali.
  • Il gruppo IVA; per la prima volta e con decorrenza dal 2018 viene introdotto nel nostro sistema il regime del gruppo IVA che si pone in alternativa per la gestione del credito all'interno dei gruppi d'impresa al consolidato IVA;
  • Le nuove aliquote; vengono estese le materie soggette all’aliquota ridotta del 5%;

ulteriore novità del 2017 è la revisione, in applicazione del regolamento 1042/2013/UE, delle regole di localizzazione dell’imposta per le prestazioni di servizio relative a beni immobili.

Infine per gli esportatori abituali, dal 1 marzo 2017, cambiano i modelli delle dichiarazioni d’intento che impongono una previsione più attenta dell’utilizzo del plafond.

I depositi IVA

La riforma dei depositi IVA, contenuta nel Dl 193/2016 determina delle sostanziali modifiche al trattamento fiscale e gestionale delle merci nel momento della loro introduzione e della loro estrazione dal deposito stesso. Le nuove regole entreranno in vigore dal 1 aprile 2017.

In riferimento all'introduzione in un deposito IVA le nuove disposizioni perseguono l'obiettivo positivo di allargare la sua operatività a tutte le cessioni di beni anche avente ad oggetto beni nazionali. In particolare, è stata modificata la lettera c) del quarto comma dell’articolo 50-bis del Dl 331/93 ed è stata abrogata la successiva lettera d) del medesimo quarto comma. In virtù di dette modifiche, l’introduzione dei beni all'interno del deposito IVA viene ora estesa ad ogni tipologia di transazione. Questa sostituzione determina un ampliamento delle operazioni che possono essere ammesse al regime sospensivo creando delle nuove opportunità di utilizzo del deposito IVA per tutte le operazioni interne, specialmente quando le merci sono oggetto di più transazioni ovvero sono dirette ad essere esportate o cedute in un altro Stato membro. Certamente, l’impulso che nasce della norma è di superare lo schema di utilizzo del deposito IVA per non pagare l'IVA in dogana, a favore di un utilizzo dello strumento per attenuare il carico dell’imposta nelle operazioni interne.

Il provvedimento di fine anno è intervenuto in modo sostanziale sulle procedure e gli adempimenti previsti per l’estrazione dei beni dal deposito con utilizzazione degli stessi in Italia. In particolare, il comma 6 dell’art. 50-bis, integralmente riscritto, a differenza della ancora vigente formulazione secondo cui l’estrazione dei beni dal deposito IVA avviene mediante autofattura, prevede modalità differenti di assolvimento dell’imposta a seconda della tipologia di beni oggetto di estrazione.

Per l'estrazione dei beni che sono stati introdotti nel deposito IVA a seguito di un acquisto intracomunitario, l'operazione di estrazione che chiude il precedente acquisto intracomunitario viene realizzata dal soggetto che procede all'estrazione mediante assolvimento dell’imposta, provvedendo alla integrazione della fattura relativa all'acquisto intracomunitario, con l’indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta. Detta fattura va poi annotata per la variazione in aumento nel registro delle fatture emesse, di cui all’art. 23 del DPR 633/1972 entro quindici giorni dalla data di estrazione, con riferimento a quest’ultima, e nel registro delle fatture ricevute, di cui all’art. 25 del medesimo DPR 633/1972 entro il mese successivo a quello di estrazione.

In caso di estrazione di beni provenienti da paesi terzi e precedentemente immessi in libera pratica ed introdotti nel deposito IVA, l'imposta è dovuta dal soggetto che procede all'estrazione mediante autofattura, previa prestazione di idonea garanzia, con i contenuti e con le modalità definite con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Detto soggetto, inoltre, è tenuto a comunicare al gestore del deposito IVA, i dati relativi alla liquidazione dell’imposta, anche ai fini dello svincolo della garanzia ivi prevista.

In tutti gli altri casi, l’imposta è parimenti dovuta dal soggetto che procede all’estrazione, ma è versata in nome e per conto di tale soggetto dal gestore del deposito che, peraltro, è solidalmente responsabile dell’imposta stessa. In questi casi il pagamento dell’imposta deve avvenire entro il 16 del mese successivo a quello di estrazione, attraverso un versamento diretto con il modello F24, con divieto di avvalersi della compensazione “orizzontale” di cui all’art. 17 del DLgs. 241/97.

Attenzione che questa forma di pagamento è dovuta (in modo transitorio) anche per l’estrazione dei beni precedentemente immessi in libera pratica ed introdotti nel deposito IVA fintanto che non è emanato il predetto decreto che disciplina la relativa garanzia.

Ulteriore eccezione al pagamento diretto è stata fissata per coloro che, avendo lo “status” di esportatori abituali, possono scegliere di procedere all'estrazione dei beni dal deposito IVA mediante l’utilizzo del plafond. Nella nuova formulazione del comma 6 dell’art. 50-bis del DL 331/93, infatti, si legge che qualora il soggetto che procede all'estrazione dei beni dal deposito si qualifica come esportatore abituale e intende procedere all'estrazione dei beni stessi senza il pagamento dell’imposta mediante l’utilizzo del plafond, così come previsto dall'art. 8, comma 1, lett. c) del DPR 633/1972, è tenuto a trasmettere la dichiarazione d’intento all'Agenzia delle Entrate che rilascia apposita ricevuta telematica, secondo le modalità ordinariamente previste per l’acquisto da fornitori nazionali.

Per quanto riguarda le lettere d’intento si sottolinea che a decorrere dalle operazioni di acquisto effettuate dal 1 marzo 2017 gli esportatori abituali devono utilizzare nuovi modelli approvati con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 2 dicembre 2016. Le modalità di presentazione sono state chiarite con la risoluzione n 120/E del 22 dicembre 2016. Con la risoluzione è stato chiarito che l’esportatore che ha inviato una lettera d’intento con il vecchio modello indicando, in luogo dell’ammontare delle operazioni da effettuare senza imposta, un periodo di riferimento, dovrà provvedere per le operazioni successive al 1 marzo a reinviare una lettera d’intento al suo fornitore con il nuovo modello.

Note di variazione

Per le rettifiche IVA la legge di bilancio (art. 1 comma 567) abroga, in parte, la riforma introdotta con la legge di stabilità del 2016. In particolare, per i casi di mancato pagamento da parte del debitore assoggettato ad una procedura concorsuale il creditore potrà emettere una nota di credito IVA solo nel momento in cui tali procedure si siano concluse infruttuosamente e non come era previsto dalla predetta riforma dall'inizio delle stesse procedure. Cancellando questa novità, per determinare il momento in cui è possibile emettere la nota di variazione, si deve ritornare a guardare i precedenti interventi di prassi (Circ. 77/E/2000 e 31/E/2014). Tale momento coinciderebbe, pertanto, per il fallimento, con l’esito del piano di ripartizione finale, se esistente (oppure con il termine per la presentazione delle osservazioni al piano di riparto); per il concordato preventivo, con il decreto di omologazione e il rispetto a cura del debitore degli obblighi ivi assunti; per la liquidazione coatta amministrativa, con l’approvazione del piano di riparto; per l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis R.D. 267/1942, dal momento successivo alla certezza della falcidia del credito; infine, sembrerebbe che non sia possibile emettere una nota di variazione in diminuzione per mancato pagamento dovuto ad amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ritornando, nel silenzio della legge, all'interpretazione dell’Amministrazione finanziaria.

Un altro intervento in peius del Legislatore proponente, questa volta per la procedura, è l’equiparazione tra cessionario/committente in bonis e la procedura concorsuale: in entrambi i casi, infatti, laddove tale soggetto abbia già registrato l’operazione a credito nel registro di cui all’art. 25 del Dpr 633/72, dovrà registrare la variazione a debito nei registri delle fatture di vendita (art. 23) ovvero dei corrispettivi (art.24). In senso contrario, invece, se fosse rimasto invariato l’art. 26, comma 5, secondo periodo, l’organo della procedura nel ricevere la nota di accredito non avrebbe dovuto annotarla con il segno meno nel registro degli acquisti, ciò comportando che, mentre il cedente/ prestatore avrebbe recuperato l'IVA corrispondente al corrispettivo non riscosso, la procedura non avrebbe dovuto specularmente rendersi debitrice dell'IVA e di conseguenza dell’imposta se ne sarebbe fatta carico l’Erario.

Le procedure concorsuali e la falcidia IVA

La legge di bilancio 2017 ha modificato il dettato dell’art. 182-ter della legge fallimentare riscrivendo le regole che sovrintendono al trattamento dei crediti tributari e contributivi nelle procedure di concordato preventivo ed accordo di ristrutturazione dei debiti. Tra l’altro, viene cancellato il limite, previsto dalla precedente versione dell’art. 182-ter, per il quale, riguardo all'IVA ed alle ritenute operate e non versate, la proposta poteva prevedere esclusivamente la dilazione di pagamento. La novità legislativa, in realtà, non può dirsi inaspettata in quanto anticipata dalla decisione della Corte di Giustizia UE nella Causa C-546/14 (sentenza Degano). In tale occasione i giudici unionali, hanno affermato come non vi sia alcun ostacolo nel diritto dell'Unione ad una legislazione nazionale che consenta al debitore di proporre un concordato preventivo che preveda il pagamento solo parziale del credito IVA qualora risulti che la liquidazione fallimentare non possa garantire un pagamento maggiore a favore del creditore, circostanza questa da accertarsi attraverso la valutazione di un esperto indipendente. Tale decisione, però, non era in grado di sortire effetti diretti nel nostro ordinamento proprio in ragione della sopra richiamata espressa preclusione alla falcidia IVA contenuta nel precedente art. 182-ter. Con la modifica dunque, non solo tale limite è venuto meno ma è stata anche disciplinata per norma la condizione richiesta dalla Corte di Giustizia. Il nuovo art. 182-ter, infatti, condiziona il pagamento parziale dei tributi al fatto che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione come indicato nella relazione di un professionista. La nuova norma fa venir meno anche il consolidamento del debito fiscale e l’estinzione dei giudizi tributari in corso.

Il gruppo IVA

La legge di Bilancio del 2017 ha introdotto nel sistema nazionale l’istituto, disciplinato dall’art. 11 della direttiva IVA, del gruppo IVA. Il gruppo IVA, che entrerà in vigore dal 2018 e previa consultazione del Comitato IVA, è uno strumento di pianificazione fiscale che può risultare particolarmente utile ai gruppi di imprese esercenti attività esenti, quali le imprese immobiliari e i gruppi finanziari ed assicurativi. I requisiti per la formazione di un gruppo IVA sono enunciati al nuovo articolo 70-bis del DPR 633/72, dove si legge che possono riunirsi in un gruppo IVA tutti i soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato esercenti attività d'impresa, arte o professione, per i quali ricorrano congiuntamente i vincoli finanziario, economico e organizzativo definiti al successivo art. 70-ter del decreto IVA. Così facendo, tali soggetti diventano "un unico soggetto passivo". Un primo elemento reso evidente dal tenore letterale della disposizione è che il gruppo IVA adottato dal legislatore italiano è aperto ai soli soggetti passivi che siano stabiliti in Italia. Quindi, l’istituzione di un gruppo IVA è subordinato al soddisfacimento congiunto di un attributo soggettivo—lo status di soggetto passivo—e territoriale—la presenza stabile sul territorio nazionale.

Il requisito territoriale implica che per essere parte di un gruppo IVA italiano un operatore economico deve essere fisicamente presente nel territorio nazionale. Infatti, la norma altresì specifica che non possono partecipare a un gruppo IVA "le sedi e le stabili organizzazioni situate all'estero". Questa impostazione è in linea con le raccomandazioni della Commissione UE (si veda la comunicazione 325 del 2009) che ha sempre insistito per il contenimento degli effetti del gruppo IVA entro i confini dello Stato membro di implementazione del gruppo.

Un ulteriore elemento richiesto per l’instaurazione di un gruppo IVA dalla norma nazionale è la presenza fra i membri del medesimo di vincoli di carattere finanziario, economico e organizzativo. Il legislatore domestico ha opportunamente specificato che tali vincoli devono sussistere congiuntamente, così conformandosi alla impostazione voluta a livello comunitario. Quanto al contenuto dei suddetti vincoli, il legislatore rinvia a disposizioni del codice civile. Tali disposizioni sono da applicare tenendo conto delle presunzioni sulla sussistenza del vincolo che la nuova normativa IVA ha adottato per dare maggiore certezza alla applicazione dell’istituto del gruppo IVA. Per dimostrare l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo, è necessario presentare all'Agenzia delle entrate un interpello.

Sul piano degli effetti del gruppo IVA, in linea con i principi comunitari, la norma italiana specifica che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo IVA nei confronti di un altro soggetto partecipante allo stesso gruppo IVA non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi. È altresì stabilito che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo IVA nei confronti di un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate dal gruppo IVA, così come quelle ricevute da un terzo si considerano effettuate nei confronti del gruppo. Quale naturale corollario, è previsto che gli obblighi e i diritti derivanti dall'applicazione dell’imposta fanno capo al gruppo. La durata del gruppo IVA è triennale a rinnovo automatico.

Per completezza, è opportuno far notare che il nuovo istituto del gruppo IVA non abroga né sostituisce il consolidato IVA già attivo nel sistema nazionale (art. 73 u.c. del DPR 633/72). I due istituti sono alternativi.

Le prestazioni relative agli immobili

Dal 1 gennaio 2017 le regole nazionali per il trattamento IVA delle prestazioni di servizi su beni immobili devono adeguarsi ai nuovi principi individuati a livello unionale dal Reg. 1042/2013. Il provvedimento comunitario, integrando il regolamento 282/2011/UE, modifica alcune posizioni dell’Agenzia delle entrate.

Il primo elemento importante con cui il contribuente italiano deve fare i conti è la nuova nozione di bene immobile. Il regolamento ricomprende: a) una parte specifica del suolo, in superficie o nel sottosuolo, su cui sia possibile costituire diritti di proprietà e il possesso; b) qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o ad esso incorporato, sopra o sotto il livello del mare, che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile; c) qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l’edificio risulti incompleto, quali porte, finestre, tetti, scale e ascensori; d) qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o in un edificio che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o l’edificio.

Il regolamento, inoltre, ha carattere innovativo rispetto alla definizione nazionale per l’inclusione fra i beni immobili di quegli elementi architettonici “complementari” (quali, in particolare, porte, finestre, ascensori e affini). Questo fa si che ogni intervento (manutenzione, sostituzione e riparazione) realizzato su questi beni costituisce un servizio relativo a un bene immobile e, in quanto tale è territorialmente rilevante nel luogo in cui sorge l’immobile.

Il regolamento prevede, poi, una dettagliata elencazione dei servizi riconducibili (o meno) alla categoria immobiliare. In particolare, include fra le prestazioni immobiliari anche i servizi legali riguardanti la cessione o il trasferimento di proprietà di immobili e ciò anche se l’operazione non vada a buon fine. Vanno considerati di natura immobiliare, inoltre, l’elaborazione di planimetrie per un fabbricato destinato a un particolare lotto di terreno, a prescindere dal fatto che lo stesso sia costruito; il rilevamento e la valutazione del rischio e dell’integrità di beni immobili, nonché le opere agricole (quali il dissodamento, la semina, l’irrigazione e la concimazione), i servizi di pulizia e di sorveglianza. Il regolamento definisce la qualificazione delle prestazioni di deposito, collegando tale qualificazione alle caratteristiche del contratto sottostante, per cui il deposito integra una prestazione relativa agli immobili solo laddove sia prevista l’attribuzione di una parte dell’edificio ad uso esclusivo del depositante.

Le nuove aliquote ridotte

La legge di bilancio estende ulteriormente i servizi tassati con l’aliquota del 5% alle prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare. Questi servizi fino al 2016 erano esenti.

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