Per le imprese la gestione del credito IVA sta divenendo sempre più un obiettivo strategico, in quanto le numerose modifiche che si succedono nella specifica materia hanno creato alcuni meccanismi del tutto deviati rispetto allo spirito originario della direttiva IVA. In effetti, se i principi che informano l’imposta sul valore aggiunto fossero rigidamente applicati nella maggior parte dei casi l’IVA a credito che si genera al momento in cui si verifica un acquisto dovrebbe, almeno nel medio periodo, essere controbilanciato dal debito IVA che sorge in relazione alle vendite.
Se, poi, vediamo il fenomeno dal punto di vista economico è chiaro che un’impresa sana e economicamente sostenibile dovrebbe, sempre nel medio periodo, produrre più vendite che acquisti ed essere naturalmente a debito. Questa osservazione che potrebbe sembrare banale ed elementare trova sul piano concreto delle situazioni in cui le imprese pur non evidenziando situazioni patologiche sono fisiologicamente a credito per importi, per lo più, rilevanti; imprese che devono scontrarsi con istruttorie di rimborso ancora troppo lunghe rispetto al proprio ciclo economico e che rendono l’IVA sugli acquisti un peso non facilmente gestibile.
Ritornando alla normativa vigente i fattori che creano questa situazione di sbilancio e che derivano, almeno negli ultimi tempi, dall’introduzione nel nostro ordinamento di istituti antievasione sono, ad esempio, ricollegabili all’estensione dei casi in cui nelle transazioni interne si applica il meccanismo del reverse charge ovvero sono ricollegabili, nelle transazioni verso la pubblica amministrazione, al meccanismo della scissione dei pagamenti ( split payment). Proprio per questi istituti è chiaro che il fornitore o prestatore è obbligato a fatturare senza imposta nei confronti del proprio cliente e, a sua volta, subisce sui propri acquisti l’applicazione dell’IVA che finanziariamente deve anticipare al proprio fornitore.
Questa situazione genera sull’operatore una posizione creditoria insostenibile, se la stessa non è equilibrata da meccanismi che gli consentano di ottenere rapidamente dall’amministrazione finanziaria il relativo rimborso dell’imposta ovvero un adeguato meccanismo di compensazione esterna (o orizzontale) dell’imposta con altri debiti erariali.
Non a caso per queste situazioni il legislatore ha introdotto nel nostro sistema la possibilità per questi contribuenti di avere una priorità nei rimborsi IVA.
La priorità nei rimborsi è di così grande interesse che il legislatore, oltre ad averla prevista per norma (1), l’ha inserita anche quale effetto premiale dell’adozione opzionale della trasmissione elettronica dei dati delle fatture e dei corrispettivi.
Le situazioni di sbilanciamento del credito rispetto al debito d’imposta si hanno, in modo ancor più fisiologico nel caso in cui l’operatore economico operi prevalentemente con l’estero ovvero abbia un attività le cui operazioni attive siano caratterizzate dal fatto di essere non imponibili. Si pensi a quegli operatori che abitualmente realizzano cessioni all’esportazione 3 , cessioni intracomunitarie 4 ovvero cessioni e prestazioni assimilate alle operazioni di esportazione (5).
In tutti questi casi l’operatore è fisiologicamente a credito. Proprio per questo il legislatore nazionale ha previsto per questi soggetti l’istituto del plafond IVA. Vale a dire quell’istituto che consente “all’esportatore abituale” di acquistare senza imposta in misura pari all’imponibile delle operazioni con l’estero realizzate nell’anno precedente ovvero nei 12 mesi precedenti. Questo istituto, poco tollerato a livello di Unione Europea, consente in modo forzato di riportare in equilibrio la posizione dell’esportatore abituale, ma crea automaticamente una posizione di disequilibrio in capo al fornitore che realizza l’operazione senza imposta. In effetti l’utilizzo del plafond IVA determina spesso un contrasto tra fornitore e cliente proprio per questo effetto incrociato. Molto spesso i fornitori vorrebbero evitare di emettere le fatture senza imposte, anche perché ad esso si ricollega un pericoloso fenomeno di frode realizzato da alcuni operatori che legittimano i loro acquisti abusivi attraverso lettere d’intento ideologicamente false con ripercussioni amministrative e penali sul fornitore. (6)
Ulteriore caso che ha creato negli ultimi anni particolari problemi nella gestione del credito è la previsione generalizzata nell’art. 17, secondo comma, del Dpr 633/72 di prevedere nei rapporti con cedenti non residenti la regole per il cessionario ovvero committente nazionale di assumere il ruolo di debitore dell’imposta. Questa regola ha determinato in capo al soggetto non residente (ad esempio, società di trading di un gruppo multinazionale) che acquista beni nel territorio italiano e che li rivende in Italia una situazione di credito IVA, in quanto quando acquista da fornitori nazionali questi gli fatturano le cessioni con IVA, quando poi gli operatori non residenti cedono i suddetti beni ad un soggetto d’imposta nazionale quest’ultimo provvede ad integrare la fattura annotando l’IVA sia a debito che a credito.
Tutte le situazioni descritte richiedono strumenti idonei per consentire all’operatore di riportare in equilibrio la propria posizione verso l’erario.
Quindi l’analisi che abbiamo svolto negli approfondimenti successivi hanno proprio lo scopo di analizzare i diversi strumenti a disposizione degli operatori per raggiungere lo specifico scopo.
In estrema sintesi i principali strumenti a disposizione degli operatori sono:
- il rimborso IVA annuale e trimestrale e le ipotesi di priorità nel credito (7) ;
- la compensazione orizzontale che purtroppo, ad oggi, ha dei limiti troppo ristretti (8) .
- Il plafond IVA che, come evidenziato in precedenza, sta creando non pochi problemi ai fornitori (9) ;
- Il deposito IVA che il legislatore nel 2017 ha sostanzialmente modificato (10)
- Il gruppo IVA e il consolidato IVA (11)
- La cessione del credito (12) .
Ovviamente per il loro utilizzo e per ottenere a pieno i collegati vantaggi è necessario verificare ciascuno strumento in relazione alle specifiche condizioni del singolo contribuente.
Un attenzione particolare all’interno dei gruppi d’impresa è la possibilità di optare dal 2018 per il gruppo IVA. Istituto, recepito nel nostro ordinamento dalla legge di bilancio del 2017, che va debitamente differenziato dal Consolidato IVA. In effetti, il gruppo IVA è uno strumento molto efficace per i gruppi che hanno all’interno soggetti passivi d’imposta con operazioni esenti. Il gruppo Iva fa sì che l’intero gruppo assuma una sua posizione Iva unica e che tutte le transazioni interne non risultano più rilevanti ai fini Iva; per le transazioni verso l’esterno del gruppo ovvero verso l’interno del gruppo vengono considerate realizzate direttamente dal gruppo o verso il gruppo nella sua integrità. Proprio questa caratteristica obbliga tutti gli appartenenti al gruppo a optare per il particolare regime. Al contrario, quando si parla di consolidato Iva, le società mantengono ai fini della specifica imposta una loro identità soggettiva e provvedono a trasferire alla capogruppo il debito o il credito che si determina in forza della loro attività economica.
In questo volume è stato debitamente ricostruito questo istituto e anche quello del consolidato IVA che allo stato attuale non muore, ma si affianca a quello del gruppo IVA.
Infine mi sembra importante segnalare che dal 2017 è possibile utilizzare anche la dichiarazione integrativa a favore per tutti gli anni ancora soggetti ad accertamento e questo è un ulteriore strumento che seguendo la vita dell’azienda consente all’imprenditore di corregge eventuali errori ripristinando il corretto rapporto tra credito e debito IVA.
Note:
- dall’art. 38 bis comma 10 del Dpr 633/72
- art. 3 Dlgs 127/2015 – per ulteriori approfondimenti si veda il volume 2 di questa collana edizione sole 24 ore 2017.
- Art. 8 Dpr 633/72.
- Art. 41 Dl 331/93
- 8 bis del Dpr 633/72
- a questo proposito molto spesso ci si domanda se il fornitore è obbligato, quando riceve una lettera d’intenti, a emettere le relative fatture al cliente senza imposta. Sul punto si segnale che la norma nulla prevede sul punto, mentre l’obbligo viene sostenuto dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 8/E/2009 che testualmente così si esprime: ““l’esportatore abituale per poter acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto devono consegnare o spedire al fornitore o prestatore (ovvero presentare in dogana) una dichiarazione d’intento prima di effettuare l’operazione (cfr. articolo 1,comma 1, lettera c), del decreto legge 29 dicembre 1983 n. 746). Dal dato letterale della norma si desume che l’esportatore abituale ha una facoltà (non un obbligo) di avvalersi dell’agevolazione in parola; tuttavia se l’esportatore comunica al cedente/prestatore di volersene avvalere, quest’ultimo ha l’obbligo di conformarsi alla richiesta”.
- Per approfondimenti vedi infra in questo volume.
- Per approfondimenti vedi infra in questo volume
- su questo argomento si veda gli approfondimenti di cui al volume 4 – Guida all’IVA edizione sole 24 ore 2015
- si veda l’approfondimento nel volume 6 di questa stessa collana Giuda all’IVA edizione sole 24 ore 2017.
- si veda infra per ulteriori dettagli, nonché nel volume 1 di questa stessa collana – edizione sole 24 ore 2017.
- Si veda il volume 5 di questa stessa collana.