Split payment: regole generali

Split payment: regole generali

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Dal 1 luglio 2017 il meccanismo dello split payment amplia la sfera applicativa sia per quanto riguarda i soggetti acquirenti di beni e servizi che per quanto riguarda i soggetti cedenti e prestatori di beni e servizi.

I nuovi destinatari. Possono essere raggruppati in tre grandi sottoinsiemi: gli enti e le società definiti come appartenenti alla Pubblica Amministrazione (nuovo comma 1 dell’art. 17-ter del Dpr 633/72), le società controllate dalla Presidenza del Consiglio, dai Ministeri e dagli enti territoriali (nuovo comma 1-bis dell’art. 17-ter), le società quotate (lettera d dello stesso comma 1-bis).

Il primo gruppo di new-entry è costituito dalle Pubbliche Amministrazioni, definite con riferimento all'art. 1 co. 2 della L. 196/09; ciò implica – identicamente a quanto accade per l’individuazione dei soggetti destinatari di fattura elettronica per obbligo – la necessità di ricomprendere tutti gli enti e le società indicate nell'elenco che l’Istat pubblica ogni anno antro il 30 settembre: vi sono dunque molti enti pubblici in precedenza esclusi dallo split, quali gli enti di ricerca e gli enti per il diritto allo studio, ma anche molte società pubbliche, quali Sogei spa, Consip spa, GSE spa. Non solo: sono ricomprese nel novero degli enti di cui all'art. 1 co. 2 della L. 196/09 anche tutte le Autorità indipendenti quali ad esempio ANAC, AGCOM, IVASS e CONSOB.

Il secondo gruppo di nuovi ingressi è costituito dalle società controllate. Lo split sarà infatti rivolto a tutte le società controllate non solo dai Ministeri e dalla Presidenza del Consiglio ma anche da regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni. Si deve trattare di controllo diretto, ai sensi dei numeri 1) e 2) dell’art. 2359 codice civile e cioè di società in cui i predetti enti dispongono della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria o comunque di voti sufficienti per orientare le decisioni della medesima.

Saranno altresì destinatarie di split le società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile (e cioè mediante detenzione della maggioranza dei voti di assemblea ordinaria), dalle società sopra menzionate.
Il terzo gruppo di nuovi destinatari di split è costituito dalle società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana; con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze potrà essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario. 

I nuovi soggetti obbligati. Un altro fronte di novità deriva dall'abrogazione del comma 2 dell’art. 17-ter del Dpr 633/72, norma che oggi dispone che la disciplina dello split non trovi applicazione per le prestazioni di servizi assoggettate a ritenuta alla fonte: tra queste, la casistica maggiormente frequente è quella dei lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, ma non dobbiamo dimenticare anche le prestazioni di agenzia e di intermediazione, le cessioni di brevetti e tutte le altre fattispecie per le quali il Dpr 600/73 prevede l’obbligo, per il committente, di operare ritenuta a titolo d’imposta o di acconto ai fini Irpef o Ires. L’abrogazione del predetto comma 2 coinvolgerà di conseguenza nel regime dello split tutti i soggetti per le fatture emesse nei confronti dei destinatari indicati dalla norma , senza operare alcuna distinzione per coloro che oggi ne sono esclusi in quanto emettono fatture con assoggettamento a ritenuta

Il meccanismo. Lo split payment non determina alcuna mutamento in ordine al debitore dell’imposta; concettualmente, dunque, si tratta di fattispecie giuridicamente distinta rispetto a quella del reverse charge, ove invece viene operata un’inversione del debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario: in pratica, è un diverso meccanismo di riscossione dell’imposta da parte dell’Erario, meccanismo che però non muta il rapporto d’imposta. Tanto è vero che, in caso di accertamento (ad esempio per omessa o irregolare fatturazione), l’Erario si rivolgerà sempre al cedente/prestatore e non all'acquirente/committente (sul quale peraltro permane, se è soggetto passivo Iva, l’obbligo di regolarizzazione); il soggetto cedente accertato, poi, potrà, al ricorrere delle condizioni, esercitare rivalsa sul cliente.

Sotto il profilo operativo, lo split payment implica la necessità di modificare le modalità di emissione delle fatture e della liquidazione dell’Iva: l'Iva continuerà ad essere esposta in fattura dal cedente/prestatore, ma non verrà da questi incassata e dunque non genererà imposta da versare all'Erario; le fatture non saranno più emesse con Iva ad esigibilità immediata o differita, ma in regime di “scissione dei pagamenti”. Nel caso di fatture elettroniche trasmesse a mezzo SdI dovrà essere compilato con “S” lo specifico campo; per le fatture cartacee, invece, dovrà essere esposta la dicitura “scissione dei pagamenti”. Salvo diverse indicazioni normative, saranno coinvolti anche i soggetti che hanno optato per il regime della cosiddetta “Iva per cassa” ex art. 32-bis del D.L. 83/12; essi, con ogni probabilità, perderanno gran parte del beneficio dell’opzione nella misura in cui emettono fatture verso soggetti destinatari di split. Solo i professionisti e le imprese in regime forfettario o dei minimi non saranno toccati dal problema in quanto le loro fatture non recano addebito di Iva.

Ovviamente, i destinatari delle fatture non dovranno versare l’Iva al proprio fornitore bensì all'Erario. In proposito, il DM 23 gennaio 2015 aveva individuato due distinti meccanismi in quanto i soggetti destinatari erano tutti enti non commerciali. Ora, mutuando i predetti meccanismi, le società, gli enti commerciali e quelli non commerciali (per la loro sfera commerciale) dovranno operare come segue: far confluire come Iva a debito nella propria liquidazione mensile l’imposta esposta nelle fatture ricevute e contestualmente esercitare, laddove esercitabile, il diritto alla detrazione della stessa come Iva acquisti. Gli enti non commerciali senza partita Iva (e gli altri enti per la propria sfera istituzionale) dovranno invece materialmente versare all'Erario l’Iva esposta nelle fatture ricevute.

Lo split al rebus dell’esigibilità

Per l’operatività della riforma dello split payment che è stata introdotta dal Decreto Legge n 50/2017 bisognerà aspettare l’approvazione entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, di un decreto MEF che dovrà fissare le modalità attuative. La maggiore criticità da definire è costituita dall'esigibilità dell’imposta. Ad oggi, infatti, gli enti destinatari di fattura elettronica sono soggetti nei confronti dei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 5 dell’art. 6 del Dpr 633/72: l’esigibilità coincide con il pagamento.

In tale contesto, il DM 23 gennaio 2015 aveva sostanzialmente confermato tale principio, dettando quale regola generale quella della coincidenza dell’esigibilità con il momento del pagamento della fattura (si veda il primo comma dell’art. 3), con possibilità peraltro di anticiparla al momento di ricevimento della fattura (comma 2 dello stesso art. 3). Di fatto, fino al 31.12.14, ai sensi dell’art. 6 co. 5 del Dpr 633/72, era il cedente che poteva scegliere se fruire dell’esigibilità differita o meno; dal 1° gennaio 2015 la scelta è in capo a chi riceve la fattura. Come si diceva, però, fatta eccezione per talune casistiche limitate, si trattava di enti già destinatari di Iva ad esigibilità differita.

Ora, con l’estensione della platea dei destinatari di split payment, una disposizione normativa che consentisse indiscriminatamente di posticipare l’esigibilità dell’imposta al momento del pagamento sarebbe in contrasto con il principio generale secondo il quale l’esigibilità deve coincidere con il momento di effettuazione dell’operazione. La soluzione più probabile è che invece si leghi l’esigibilità al ricevimento della fattura; ma per avere certezze sui tempi, anche in termini di controlli, la strada passa, ancora una volta, per la fatturazione elettronica. In ogni caso, anche legando l’esigibilità alla ricezione delle fatture, si avrebbero sfasamenti temporali rispetto al momento di effettuazione dell’operazione; si pensi al caso di consegna beni con documento di trasporto nel mese di agosto e fattura emessa il 15 settembre: sarebbe di fatto impossibile per l’acquirente inserire la fattura nella liquidazione di agosto (mese di effettuazione dell’operazione), come invece oggi accade ad opera del cedente ed in assenza di split payment.

Una volta individuate le regole per determinare l’esigibilità, per il versamento non vi dovrebbero essere differenze rispetto a quanto oggi previsto dal DM 23.01.15: se l’acquirente è soggetto Iva (Ivi compresi gli enti non commerciali che operano in ambito commerciale), l’imposta deve concorrere come debito e come detrazione (se ed in quanto esercitabile) nella liquidazione relativa al mese in cui si ha esigibilità; se l’acquirente non è soggetto Iva (ivi compresi gli enti con partita Iva che operano in ambito istituzionale), l’imposta deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di esigibilità.

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