Partita IVA cessata non limita detrazione

Partita IVA cessata non limita detrazione

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Benedetto Santacroce

Anna Abagnale

È questo il contenuto della sentenza depositata ieri della Corte di Giustizia europea C-101/16, chiamata a pronunciarsi in un caso di diniego del diritto alla detrazione dell'IVA esposta in una fattura emessa da un contribuente dichiarato "inattivo" dall'amministrazione tributaria. Nello specifico detta dichiarazione di inattività, secondo il disposto del diritto rumeno, era resa pubblica ed accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo nazionale, ma non era stata comunicata alla Società committente, la quale aveva detratto in buona fede l'IVA versata al prestatore a titolo di rivalsa. Difficile il ruolo della giudici europei in questo caso, in quanto si sono trovati a dover "scegliere" secondo diritto tra due importanti pilastri del sistema dell’imposta sul valore aggiunto: il principio fondamentale del diritto alla detrazione da un lato, e dall'altro, uno tra gli obiettivi più importanti, riconosciuti ed incoraggiati dalla Direttiva IVA, ovvero la lotta contro l'evasione fiscale.

Non trascurando l'importanza di quest'ultima – tanto è che vero che la stessa è tra i motivi di riforma della Direttiva IVA alla luce delle recenti proposte avanzate dalla Commissione europea (a riguardo si ricorda che nel territorio dell'UE le frodi fiscali causano ogni anno una perdita di gettito pari a circa 50 miliardi di euro) – non si può fare a meno di rimarcare la centralità della detrazione nel meccanismo di funzionamento dell'imposta. In quanto mira a sgravare l'imprenditore dall'onere dell'IVA dovuta e pagata nell'ambito delle sue attività economiche, esso costituisce la "garanzia" del rispetto della neutralità dell'imposizione fiscale. Pertanto, in linea di principio, non può subire limitazioni. Seppure subordinata al rispetto di requisiti tanto sostanziali quanto formali, questi ultimi, se disattesi, non possono avere l’effetto di impedire la detrazione, eccetto il caso in cui la loro inosservanza pregiudichi la prova certa del soddisfacimenti anche dei requisiti sostanziali.

Dall'altro lato, la necessità di combattere l’evasione dell’IVA legittima il legislatore di uno Stato ad istituire dei meccanismi di prevenzione, tra cui trova posto a pieno diritto la dichiarazione di chiusura delle partite Iva inattive, obbligo che nel nostro ordinamento è disciplinato ai sensi dell'art. 35, comma 15-quinquies, DPR 633/1972 (tra l’altro, da poco modificato ai sensi del DL 193/2016). Tale norma attribuisce all'Agenzia delle Entrate “sulla base dei dati e degli elementi in possesso” di chiudere le partite IVA dei soggetti che risultano non aver esercitato, nelle tre annualità precedenti, attività d’impresa. Al riguardo è significativo il fatto che la Corte abbia chiarito che l’amministrazione non può imporre ad un soggetto passivo di compiere controlli complessi ed approfonditi riguardo al suo fornitore, tra cui – continua la Corte – non rientra tuttavia, per la sua semplicità, la verifica su Internet dell’esistenza della partita Iva del proprio partner commerciale. Ciò che conta è che la misura non vada oltre il necessario per conseguire l’obiettivo perseguito. L’omessa presentazione della dichiarazione in questione non è sinonimo stesso di evasione. Di conseguenza, è in contrasto con la Direttiva Iva una norma che nega a priori il diritto alla detrazione al soggetto passivo, non permettendogli di dimostrare che la transazione conclusa con l’operatore inattivo sia in realtà conforme al diritto unionale, che non vi sia stata evasione né perdita di gettito fiscale.

In ipotesi specifiche, il contribuente potrebbe accorgersi di aver detratto impropriamente l’IVA (in quanto relativa ad una fattura emessa da una partita IVA cessata) attraverso lo "spesometro". Il problema non sarebbe tanto, in questi casi, quello di un’errata comunicazione dati IVA quanto l’aver indebitamente detratto l'imposta. La soluzione prudente rimane al riguardo quella di correggere l’errore attraverso l’istituto del ravvedimento e lo storno della fattura.

 

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