Benedetto Santacroce
Ettore Sbandi
Sono queste le conclusioni della sentenza pregiudiziale resa il 19 ottobre dalla Corte di Giustizia UE (causa C-522), con la quale vengono affrontate due annose e attualissime questioni che investono temi doganali: l’abuso del diritto e le conseguenze dello stesso per i soggetti responsabili delle operazioni di importazione.
Il caso sottoposto all'attenzione dei Giudici di Lussemburgo è relativo ad una ipotesi che può considerarsi di scuola, in cui una Società di diritto olandese procedeva ad una serie di operazioni di cessione precedenti allo sdoganamento, di per sé legittime, ma effettuate, secondo l’accusa dell’erario, al solo fine di evitare l'applicazione di dazi supplementari sulle importazioni di carni di pollame surgelate.
Erano parti dell’architettura fiscale, costruita e variata nel tempo, una serie di Società e soggetti, uno dei quali, in particolare, estraneo alle irregolarità al momento della loro commissione, ma di fatto a conoscenza delle stesse, essendosi tra l’altro interessato alla questione anche per il tramite di consulenti esperti nel diritto doganale, i quali avevano battezzato come regolari le operazioni.
Ebbene, nell’ipotesi sopra rapidamente descritta, i temi di interesse, come cennato, sono due.
Anzitutto, l’abuso del diritto: sulla scia della giurisprudenza ormai costante (es. sentenza Halifax), anche in questa sede, senza particolari novità interpretative, la Corte di Giustizia insiste nel rilevare comportamenti abusivi, e dunque illeciti, le quante volte operazioni e fatturazioni vengono effettuate al solo fine di aggirare la tassazione di uno Stato membro. E in effetti, nel caso affrontato, la costruzione delle cessioni ante importazione è stata effettuata, tra società sorelle, solo per non corrispondere i dazi addizionali altrimenti gravanti sulle merci, senza nessuna altra giustificazione economica.
Più innovativa è la soluzione offerta dalla CGUE alla seconda questione, relativa all'individuazione dei soggetti obbligati per i dazi addizionali illegittimamente non corrisposti.
L’interpretazione del precedente codice doganale, sul punto invariato dal nuovo codice doganale dell’UE in vigore dal 2016, è nel senso di estendere il novero di soggetti responsabili per l’obbligazione doganale.
Pertanto, a giudizio della Corte, per i dazi è sempre responsabile, oltre all’importatore, anche la persona fisica che sia stata strettamente e consapevolmente coinvolta nell’ideazione e nella costituzione artificiosa di una struttura di operazioni commerciali che ha prodotto l’effetto di diminuire l’importo dei dazi dovuti per legge.
Peraltro, anche se tale persona non abbia concretamente comunicato i dati erronei che sono serviti da base per la stesura della dichiarazione doganale, essa è comunque responsabile quando dalle circostanze risulta che tale persona era o doveva essere ragionevolmente a conoscenza del fatto che le operazioni interessate da tale struttura erano state realizzate al solo fine di beneficiare abusivamente delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione.
Ancora, la circostanza che detta persona abbia proceduto all'ideazione e alla costituzione artificiosa della struttura abusiva solo dopo aver ottenuto, da parte di esperti di diritto doganale, l’assicurazione della legalità della medesima, per i Giudici è priva di rilievo, così estendendo al massimo grado il regime di responsabilità soggettiva gravante in dogana.