Alessandro Mastromatteo
Benedetto Santacroce
Un documento informatico per avere valenza fiscale deve rispettare gli obblighi di conservazione elettronica previsti dalle regole del Codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 82/2005), dalle regole tecniche di AGID, dalle regole di dettaglio del Dm 17 giugno 2014, nonché dalle altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità. La conservazione deve consentire, come stabilisce l’art. 3 del citato Decreto, che le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni degli archivi informatici operino almeno in relazione al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita Iva, alla data o alle associazioni logiche di queste ultime, laddove tali informazioni siano obbligatoriamente previste.
Il processo di conservazione dei documenti fiscali termina con l’apposizione sul pacchetto di archiviazione di un riferimento temporale opponibile a terzi (time stamping).
Questi obblighi in materia di fattura elettronica, come chiarisce espressamente l’articolo 1, comma 6 bis del decreto legislativo n. 127 del 2015, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema d’interscambio e memorizzati dall'Agenzia delle Entrate.
In effetti, nel momento in cui il contribuente invia le fatture elettroniche al sistema di interscambio (SdI) le stesse, dopo avere superato alcuni test di coerenza e consistenza, sono spedite al cessionario/committente e contestualmente sono memorizzate. Il dubbio che si poneva era comprendere se questa conservazione potesse essere efficace per tutte le disposizioni citate. La risposta sembrerebbe positiva, pur presentando sul piano operativo una serie di dubbi, o meglio una serie di criticità in quanto, a detta di chi scrive, la conservazione dovrebbe rimanere nel pieno dominio del titolare dei documenti sottoposti alla particolare procedura di archiviazione. In primo luogo, il servizio di conservazione fornita dall’Agenzia delle Entrate si limita a conservare le fatture elettroniche ed i documenti informatici trasmessi attraverso lo SdI. Inoltre tale conservazione è sottoposta a specifiche regole di accesso e consultazione che limitano il libero potere del contribuente di accedere ai propri documenti per un termine decennale. Queste limitazioni oggettive e procedurali, ad esempio, possono complicare non poco la redazione di un atto ingiuntivo in cui il cedente/prestatore vuole far valere in capo al proprio cessionario/committente il mancato pagamento di una determinata fornitura. Infatti l’atto ingiuntivo deve tener conto, oltre che della fattura elettronica anche dell’estratto autentico del libro giornale in relazione alla specifica registrazione che annota il predetto credito in contabilità.
Sempre sul piano operativo le chiave di accesso ai documenti, ovvero i metadati con cui poter realizzare la ricerca dei singoli documenti, risultano essere limitati nel Sistema di Interscambio a quelli previsti dalle norme. Da questo punto di vista, a seconda del settore in cui opera, l’impresa potrebbe avere bisogno e richiedere di conseguenza l’implementazione di più chiavi di ricerca ovvero di una conservazione costruita secondo logiche archivistiche particolari. Il contribuente/imprenditore deve infatti poter gestire tutto il suo patrimonio informativo secondo criteri strutturali e di funzionamento progettati per la specifica realtà aziendale.
Quello che è comunque imprescindibile è che i documenti conservati dal SdI non possono più essere richiesti al contribuente dal fisco. Si tratta del principio dello once only, come declinato dall’art. 43, comma 1-bis del CAD il quale prevede espressamente che se il documento informatico è conservato per legge da una pubblica amministrazione, cessa l'obbligo di conservazione a carico dei cittadini e delle imprese. In ogni momento può comunque essere richiesto l’accesso al documento stesso, il quale verrà messo a disposizione attraverso servizi on-line accessibili previa identificazione con l'identità digitale – SPID. Proprio a questo fine, quando il contribuente trasferisce al SdI i documenti è opportuno non solo provvedere alla sottoscrizione con firma digitale dei documenti rendendoli in questo modo immodificabili, ma anche gestire correttamente gli esiti che nel trasferire i documenti al SdI l’utente riceve dal sistema stesso. Tra questi risulta particolare interessante quello che riporta l’hash del documento che può essere gestito solo e unicamente dal contribuente o da un suo intermediario.