Michele Brusaterra
Benedetto Santacroce
Corto circuito tra “Gruppo Iva” e fattura elettronica.
Malgrado un primo assaggio di fatturazione elettronica si avrà con il primo luglio prossimo, quando tutti i distributori dovranno emettere tale documento per le cessioni di benzina e gasolio destinate all’autotrazione effettuate nei confronti di soggetti passivi d’imposta, residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, dal primo gennaio 2019 tale documento riguarderà, invece, tutti i rapporti B2B e B2C.
Ma dalla medesima data del primo gennaio, parte anche la prima applicazione dell’istituto noto come “Gruppo Iva”, per i soggetti che, naturalmente, vi opteranno entro il 15 novembre prossimo, data così posticipata rispetto al 30 settembre, scadenza a regime dal prossimo anno, dal decreto attuativo del 6 aprile scorso.
Proprio quest’ultimo decreto ha individuato anche le modalità con cui devono essere emesse o ricevute le fatture dal “Gruppo Iva”. Il Gruppo Iva, infatti, acquisisce la piena soggettività ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, munendosi di una propria partita Iva, mentre i partecipanti al gruppo stesso, ossia i soggetti legati tra loro da vincoli di carattere finanziario, economico od organizzativo, perderanno la loro autonoma individuale soggettività, sempre, naturalmente, ai fini Iva.
Premettendo che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere fra i partecipanti del gruppo sono operazioni fuori campo di applicazione dell’imposta, quando il “Gruppo Iva” effettua operazioni con soggetti esterni al gruppo stesso, deve essere emessa fattura contenente non solo la partita Iva del “Gruppo”, ma anche il codice fiscale del singolo partecipante a cui l’operazione è riferibile.
Ciò deve avvenire, dispone il decreto del 6 aprile, anche nella fase di acquisto. Il secondo comma dell’articolo 3 del richiamato decreto stabilisce, per la precisione, che «il rappresentante del Gruppo o i partecipanti comunicano ai fornitori la partita Iva del Gruppo ed il codice fiscale del singolo acquirente», di modo che il fornitore stesso possa inserire entrambi i dati nella fattura da emettere, e ciò al fine di poter individuare a quale soggetto del gruppo si riferisce l’acquisto, dato necessario sia ai fini civilistici, sia ai fini delle imposte dirette e Irap.
A questo punto, però, il comma citato continua prescrivendo che «Al momento della ricezione della fattura i medesimi soggetti (ossia il rappresentante del Gruppo o i partecipanti ad esso, ndA) verificano l’indicazione del codice fiscale e provvedono al suo inserimento ove mancate».
La norma, malgrado tenti di semplificare la questione dell’indicazione anche del codice fiscale all’interno della fattura di acquisto, mal si concilia con il contemporaneo avvento della fattura elettronica, documento di per se immodificabile.
E’ evidente, quindi, che tale disposizione rende alquanto macchinosa e difficoltosa la gestione delle fatture elettroniche di acquisto del “Gruppo Iva”, tenuto in considerazione che per integrare le stesse, con il codice fiscale, ove mancante, si renderà necessario, allo stato attuale e visti anche i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate attraverso la risoluzione n. 46/E dello scorso anno, predisporre un file, possibilmente sempre in formato “Xml” e contenente il codice fiscale del soggetto acquirente, da associare alla file della fattura elettronica.
Meglio sarebbe se la norma si fosse fermata al semplice obbligo, in capo al fornitore del “Gruppo Iva”, di inserire nella fattura anche il codice fiscale, avendo così diritto, il “Gruppo”, di richiedere la riemissione della stessa in modo corretto.