di Lorenzo Lodoli
E’ possibile usufruire della definizione dei Pvc in caso di errata applicazione del reverse charge solo se è contestata una frode.
Questo è quanto si evince dalla risposta ad interpello n. 144 del 20.5.2019 data dall’Agenzia delle entrate.
Può capitare spesso che nei processi verbali di constatazione vengano constatate violazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate che, tipicamente, danno luogo a sanzioni non collegate al tributo. Vi è il problema di capire se siano o meno definibili ex art. 1 del DL 119/2018.
Il caso esaminato nella risposta ad interpello riguarda proprio questo tipo di criticità. Il contribuente aveva chiesto se fosse sanabile ai sensi dell’art. 1 del DL 119/2018 il rilievo con il quale era stata contestata l’illegittima applicazione del regime IVA ordinario in luogo del meccanismo dell'inversione contabile sugli acquisti effettuati, sanzionata ai sensi dell'articolo 6, comma 9-bis.1, terzo periodo, D. Lgs. 471/97.
Ove il reverse charge, per errore, non sia stato applicato (in sostanza il cedente/prestatore ha emesso la fattura con IVA), l’art. 6 comma 9-bis.1 del D. Lgs. 471/97 stabilisce che, se l’imposta è stata comunque assolta, opera una sanzione fissa, a carico del cessionario/committente, da 250 euro a 10.000 euro.
Di contro, se ci sono contesti di frode, si applicano le consuete sanzioni consistenti nell’indebita detrazione e nella dichiarazione infedele, unitamente al disconoscimento della detrazione.
Il dubbio interpretativo origina dal fatto che la definizione agevolata dei Pvc fa esclusivo riferimento alle sanzioni irrogabili ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del D. Lgs. 472/97, ovvero alle "sanzioni collegate al tributo".
L’Agenzia delle Entrate, fa presente che, in linea generale, il citato comma 9-bis.1, nel disciplinare l'irregolare assolvimento dell'IVA che si verifica quando l'operazione doveva essere assoggettata al meccanismo dell'inversione contabile ma è stata oggetto di applicazione dell'imposta in via ordinaria, distingue due ipotesi in cui detta irregolarità sia determinata:
- da un errore ma l'imposta è stata comunque assolta dal cedente o prestatore per effetto dell'avvenuta registrazione, ex art. 23 del D.P.R. n. 633/1972, con conseguente confluenza nella liquidazione di competenza (articolo 6, comma 9-bis.1, primo periodo);
- da una finalità di evasione o frode di cui sia provata la consapevolezza del cessionario o committente (articolo 6, comma 9-bis.1, terzo periodo).
Nel primo caso, la violazione può astrattamente rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 9 del DL 119/2018, dal momento che il cessionario o committente non è tenuto a regolarizzare l'operazione, è fatto salvo il suo diritto alla detrazione ed è punito, ai sensi dell'articolo 6, comma 9-bis.1, primo periodo, “con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro fino e 10.000 euro”. Quindi se il verbale è stato consegnato entro il 24 ottobre 2018, non sarebbe definibile ma è possibile fruire della definizione delle violazioni formali pagando solo 200 euro.
Nel secondo caso, la violazione non rientra nell'ambito di applicazione della predetta definizione delle irregolarità formali in quanto, in presenza di comportamenti fraudolenti o prodromici all'evasione che hanno, di norma, comportato un debito d'imposta non assolto, il cessionario o committente è punito con la più grave sanzione proporzionale, nella misura compresa tra il novanta e il centoottanta percento dell'imposta, di cui all'articolo 6, comma 1, D. Lgs. n. 471/1997. Pertanto si potrà usufruire della definizione dei Pvc ex art. 1 DL 119/2018.