Il decreto crescita, nella sua versione definitiva, estende gli interventi diretti a favorire l’economia circolare con una particolare attenzione alla gestione degli imballaggi al quale riserva uno specifico incentivo fiscale. In particolare, nel decreto (art. 26-bis) vi è il riconoscimento di un bonus ambientale, il cui pregio è quello di far sì che gli imballaggi destinati al riutilizzo o al riciclo non siano di fatto classificati come rifiuti.
Per cogliere a pieno le novità in esame, è però prima necessario comprendere il significato di “economia circolare”. Si tratta in sostanza di un modello economico che si pone in alternativa al classico modello lineare e che ha come scopo quello di potersi ricreare da solo. Nella sua logica il cerchio si chiude con la trasformazione in risorse.
Sul punto si ricorda che il 4 luglio 2018 sono entrate in vigore le quattro direttive del “pacchetto economia circolare” (gli Stati membri dovranno recepirle entro il 5 luglio 2020). In particolare, come stabilito dalla Direttiva (UE) 2018/852, in modifica della direttiva 94762/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, “la prevenzione dei rifiuti è il modo più efficace per incrementare l’efficienza delle risorse e ridurre l’impatto dei rifiuti sull’ambiente. È importante pertanto che gli Stati membri adottino misure adeguate per incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato e il riutilizzo degli imballaggi”.
Nel quadro così delineato si inserisce l’articolo 26-bis, prevedendo misure premianti, sotto forma di abbuoni sui prezzi e di credito d’imposta, al fine di incoraggiare le imprese al recupero degli imballaggi usati.
Nello specifico, la norma prevede che l’impresa venditrice di merce contenuta in imballaggi possa riconoscere alla propria impresa acquirente un abbuono pari al 25% del prezzo degli imballaggi esposto in fattura, a condizione che vi sia la resa degli imballaggi stessi entro un mese dall’acquisto. Lo “sconto” poi sarà riconosciuto sul prezzo degli acquisti successivi.
A fronte di questo incentivo, l'impresa venditrice che riutilizza detti imballaggi o effettua la raccolta differenziata degli stessi in vista di un futuro riciclo, viene premiata con un credito d’imposta pari al doppio degli abbuoni riconosciuti all’impresa acquirente, anche se da questa non utilizzati. Il tax credit è poi utilizzabile esclusivamente in compensazione e a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati riutilizzati gli imballaggi ovvero è stata effettuata la raccolta differenziata ai fini del successivo avvio al riciclo.
Nell’ottica dell’intervento normativo, si mira così ad evitare sprechi di risorse in diversi settori, come quello dell’e-commerce, le cui modalità di vendita, basate sulla rapidità e facilità dell’acquisto, accrescono la distribuzione di imballaggi usa e getta. L’incentivo però per poter essere efficace, necessita di un dialogo maggiore tra i vari soggetti della filiera coinvolti in tali operazioni nonché di una mirata ridefinizione delle proprie politiche commerciali.
Si noti comunque che sul tema è recentemente intervenuto il legislatore; difatti, con la legge di Bilancio 2019 (art. 1, commi da 73 a 77 della legge n. 145 del 2018) è stato riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 36% delle spese sostenute dalle imprese per l'acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica nonché per l'acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili (secondo la normativa UNI EN 13432:2002) o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio. Tuttavia ancora non vi è traccia del decreto ministeriale attuativo che doveva essere adottato entro il 1° aprile 2019.
È evidente che la ratio degli interventi in esame (più che apprezzabile) è quella di ridurre al minimo l'impatto ambientale degli imballaggi; a fare da contraltare è però il rischio di un minor gettito a tiolo di imposte dirette ed Irap dato che il credito d’imposta in questione non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive.