Il prossimo 1° gennaio 2020, infatti, entrerà in vigore il Regolamento UE 1912/18 che ha individuato una serie di documenti da cui si presume che i beni sono stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro ad un altro Stato membro.
La questione della prova delle cessioni intracomunitarie si pone come un punto focale per l’espansione delle imprese all’estero. Infatti, come noto, le cessioni effettuate ai sensi dell’art. 41 del DL n. 331 del 1993 - non imponibili - necessitano di avere la prova del trasporto della merce presso altro Stato membro.
Ebbene, sino ad ora, per le cessioni intraunionali la prova della non imponibilità in capo al fornitore non era determinata per legge, sicché nei vari Stati si sono manifestati diversi orientamenti.
Con riferimento al panorama nazionale, si è fatto riferimento alle interpretazioni di prassi e di giurisprudenza (cfr. RM 345/E/2007, RM 477/E/2008) che, sostanzialmente, hanno individuato come prova “primaria” il documento di trasporto CMR, per tutte le spedizioni via terra; ovvero i documenti di trasporto tipici (AWB, B/L) per il trasporto aereo e nave.
Tali prove devono essere monitorate e richieste, in primis ai clienti, nelle ipotesi di cessione EXW, ossia franco fabbrica/franco magazzino; quando, invece, il trasporto è a cura della Società, la prova deve essere richiesta allo spedizioniere incaricato.
Il legislatore unionale è intervenuto sul tema con il citato Reg. UE 1912/18, in cui ha fornito un elenco di documenti considerati validi come prova dell’avvenuta cessione intraunionale, in quanto atti a dimostrare che i beni sono stati spediti o trasportati dallo Stato membro di origine a quello di destinazione.
Si badi però che se è vero che l’individuazione puntuale della documentazione a supporto per la prova della cessione intraunionale costituisce un elemento di certezza in merito all’onere probatorio, è anche vero che costituisce un vincolo per l’impresa nel reperire l’esatta documentazione richiesta dalla norma.
In questo contesto, si pone peraltro un problema applicativo sulla corretta gestione della documentazione dettagliatamente individuata nel Regolamento UE che l’impresa deve essere in grado di reperire per evitare il rischio di veder disconosciuta l’operazione di cessione intraunionale qualora la stessa non fosse in possesso della prova dell’avvenuta uscita della merce dal territorio dello Stato.
In realtà, se approcciato attivamente e con anticipo, il sistema normativo fornisce all’operatore strumenti di certezza sino ad ora non individuati dalla norma, che consentono definizioni preventive ed in sicurezza di temi che, in alternativa, rischiano di tramutarsi in oneri, in termini di imposta e sanzionatori, estremamente gravosi.
Peraltro, anticipando di fatto il legislatore, l’Agenzia delle entrate con la Risposta dello scorso 8 aprile 2019, n. 100 ha già dato pieno riconoscimento alle indicazioni fornite con il citato regolamento 1912/2018/Ue. Infatti, la risposta, oltre a ripercorrere la giurisprudenza unionale e la prassi amministrativa interna in materia, per la prima volta richiama (riportandole quasi integralmente) le nuove prescrizioni imposte a tutti gli operatori dell'Ue regolamento unionale.
In definitiva, il tema si presenta oggi estremamente attuale, fondamentale in termini di compliance e di chance commerciali con gli altri Stati membri è deve essere necessariamente valutato e monitorato dalle singole imprese, a seconda delle diverse esigenze di business.