"La società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile, con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 kw, beneficia dell'esenzione dall'accisa prevista ex art. 52 co. 3 lett. b) del DLgs. 504/95 (…) limitattamente all'energia elettrica prodotta e consumata in proprio e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati”.
E' questo l'ultimo arresto, confermativo, della Corte di Cassazione (26145.19), che ha altresì osservato che “le accise sull’energia elettrica dovute dal soggetto obbligato all’Amministrazione rientrano nella base imponibile Iva a condizione che le stesse siano state effettivamente traslate sul consumatore finale ai sensi dell’art. 16, c. 3, TUA, poiché solo in questo caso entrano a fare parte del prezzo pagato da quest’ultimo e vengono, dunque, a costituire un elemento del costo del prodotto venduto”. In sostanza, sebbene si registrino ancora ccertamenti in sens oopposto, qualora il fornitore, ritenendo di agire in esenzione da accisa, non abbia incluso il relativo importo nel prezzo del prodotto – senza dunque esercitare il diritto di rivalsa sul cessionario – questo non potrà contribuire a formare la base imponibile IVA. La base imponibile IVA è infatti determinata da quello che il soggetto passivo percepisce realmente come corrispettivo, rientrandovi anche gli eventuali tributi rivalsati (Corte di Giustizia, causa C-440/12). Tra questi potrebbero non essere ricomprese le accise, la cui rivalsa rappresenta solo un diritto del fornitore e non un obbligo.
Nel caso di specie una società consortile aveva prodotto energia elettrica da fonti rinnovabili e la aveva ceduta alle imprese consorziate senza versare le accise, ritenendo di poter agire in regime di esenzione ex art. 52, comma 3, lett. b) del DLgs. 504/95 (TUA). In tal modo, la Società non poteva qualificarsi quale autoproduttore, in quanto non avrebbe proceduto all’autoconumo dell’energia prodotta. Infatti l’Agenzia delle Entrate, contestando l’applicabilità dell’esenzione al caso di specie, ha preteso l’IVA non versata sull’accisa dovuta all’Agenzia delle Dogane.