IVA e enti del terzo settore

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Di Ficola Simona, Pannia Michele

Attività di volontariato e attività formative esercitate in ambito istituzionale ancora escluse da Iva.
Questo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con due distinte risposte di ieri: la n. 445 e la n. 446.
In particolare, il primo caso riguarda l’operatività della disciplina fiscale di favore per un’Organizzazione di Volontariato senza scopo di lucro. L’Agenzia ha precisato che il mutato assetto normativo del mondo non profit, scaturente dall’approvazione del Codice del Terzo Settore (D.lgs. 117/2017) che ha riordinato ed uniformato la disciplina degli enti non commerciali, ha previsto che per le OdV opera, all’atto dell’iscrizione presso il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore “RUNTS”, una disciplina fiscale unitaria in luogo delle previgenti normative di favore previste dal legislatore. Tuttavia, in attesa della piena operatività del RUNTS ed al contestuale rilascio dell’autorizzazione comunitaria, permangono dubbi riguardo al coordinamento tra la disciplina contenuta nel Codice del Terzo settore e l’attuale disciplina vigente - nella parte non abrogata dal Codice – applicabile agli enti in parola. Difatti, come previsto espressamente all’articolo 101, comma 2 del Codice, fino a tal data, dovranno essere applicate le disposizioni previgenti "ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale", regolando il corretto comportamento fiscale da seguire nel periodo transitorio di piena applicazione della riforma. Basti pensare, ad esempio, a quanto previsto dall’articolo 8, comma 2 della L. 266/1991 (tutt’ora in vigore) che, ai fini IVA non considera cessioni di beni né prestazioni di servizi “…le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato costituite esclusivamente per fini di solidarietà…”, con la conseguenza che le stesse risultano escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta e dal relativo obbligo di documentazione con scontrini e/o ricevute fiscali a condizione che venga rispettato il requisito di iscrizione all’interno degli appositi registri tenuti regioni e dalle province autonome.
Nel caso prospettato dall’istante, l’Odv regolarmente iscritta al registro regionale del volontariato, non è tenuta ad aprire la partita Iva e ad emettere fattura elettronica per i corrispettivi/rimborsi ricevuti dall’organizzazione per l’attività svolta nel 2018 e nel 2019, in convenzione con un ministero, per la cura e il mantenimento di animali in affidamento, utilizzati esclusivamente per la copertura delle spese sostenute a tal fine. Secondo l’Agenzia, infatti, fino all’anno successivo dell’entrata in vigore del Registro unico nazionale del terzo settore, gli enti di volontariato potranno continuare a beneficiare della norma agevolativa ex L. 266/1991, qualora siano iscritti negli appositi registri e i corrispettivi ricevuti rappresentino unicamente rimborsi per le spese sostenute necessarie allo svolgimento dell’attività istituzionale.
Con la seconda risposta, l’Agenzia ha precisato che, analogamente a quanto previsto per le ODV, l’iniziativa dell’istituto professionale finalizzata ad affiancare l’aspetto pratico a quello teorico della formazione degli alunni non costituisce cessione di beni ovvero prestazione di servizi svolta nell’ambito di attività commerciale. Il c.d. “Bar didattico” quale attività svolta all’interno dell’istituto non rientra tra le attività rilevanti né ai fini IVA che reddituali. Precisa l’Agenzia che per affermare la non rilevanza fiscale di tale attività è necessario valutare la sussistenza o meno dei requisiti propri di una attività commerciale. Essendo l’istituto compreso tra i soggetti che svolgono funzioni istituzionali (articolo 74, TUIR) e l’attività svolta attraverso le stesse strutture utilizzate per l’espletamento delle attività istituzionali, senza una specifica organizzazione imprenditoriale, la stessa non potrà essere considerata di natura commerciale. Allo stesso modo, ravvisandosi esclusivamente un’attività rientrante all’interno di un piano formativo senza alcun elemento organizzativo finalizzato al raggiungimento di un risultato economico ed imprenditoriale, l’attività di “Bar Didattico” non troverà rilevanza nemmeno ai fini dell’imposta sul valore aggiunto così come previsto dall’articolo 4, comma 4, del Dpr n. 633/1972 il quale prevede l’applicazione dell’imposta verso le cessioni di beni e prestazioni di servizi svolte esclusivamente nell’ambito di una attività commerciale.

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