Continuano a restare esclusi anche dalla nuova transazione fiscale i debiti relativi ai tributi locali.
Le nuove disposizioni di cui agli artt. 63 e 88 del D. Lgs. 14/2019, seguono la linea dell’art. 182-ter della legge fallimentare, confermando l’esclusione dei tributi locali dal perimetro di applicazione della transazione fiscale e del trattamento dei crediti tributari e contributivi, nonostante questi ultimi, con le sanzioni ed accessori ad essi collegate, spesso rappresentano una parte ingente del debito dell’impresa in stato di crisi (si pensi alle società immobiliari o edili). La questione è particolarmente rilevante, in quanto la presenza nel patrimonio del debitore di crediti di questa natura può ostacolare il ricorso alla transazione fiscale.
La nuova normativa, come la precedente, circoscrive l’ambito di applicazione della transazione fiscale ai cd tributi gestiti e amministrati dalle “agenzie fiscali”. Ai sensi dell’art. 57, comma 1, D. Lgs. n. 300/1999 per “agenzie fiscali” si intendono l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e l’Agenzia del demanio.
Per quanto attiene alla nozione di “amministrazione dei tributi”, è necessario richiamare l’art. 62, comma 2 del D. Lgs. n. 300/1999, in base al quale le Agenzie fiscali sono competenti “a svolgere i servizi relativi alla amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei tributi indiretti e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali”. Si deduce dalla lettera della norma che la “amministrazione” include le attività di controllo e di accertamento. Per converso, quindi, sono esclusi dal novero dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali quelli amministrati dagli enti territoriali.
Se è pur vero che l’inclusione dei tributi gestiti dagli enti locali nell’ambito di applicazione della transazione fiscale, avrebbe potuto invadere l’autonomia finanziaria di entrate e di spese a questi attribuita in virtù dell’art. 119 Cost., è tuttavia ammissibile, come rilevato sul punto dal CNDCEC, che gli stessi enti, nell’esercizio della loro autonomia regolamentare, potrebbero adeguare la normativa vigente, introducendo nei propri statuti disposizioni analoghe a quelle statali, permettendo così di transigere i propri crediti fiscali alle medesime condizioni previste per i crediti erariali.
Confermata in generale l’esclusione dal campo di applicazione, occorre poi chiedersi se siano esclusi a priori tutti tributi locali, come sostenuto più volte dalla stessa Agenzia delle entrate, ovvero se esistano alcuni casi in cui tali tributi, in quanto “affidati” ed amministrati dalle agenzie fiscali, possano in qualche modo rientrare nel campo di applicazione della norma. Vi sono ipotesi, come quella dell’IRAP, in cui è la stessa legge ad attribuire la gestione centralizzata alle agenzie fiscali di un tributo non erariale. Vi potrebbero essere altre situazioni in cui il potere di amministrare un tributo non erariale venga affidato agli uffici centrali non da una previsione normativa, ma attraverso una convenzione come previsto dall’art. 57 D. Lgs. n. 300/1999. Secondo l’attuale testo normativo rimangono pertanto esclusi dalla possibilità di essere oggetto di trattamento tutti i tributi locali quali l’IMU, la TASI, la TARI, l’imposta sulle pubblicità, il diritto sulle pubbliche affissioni, l’imposta di soggiorno, i quali non risultano gestiti dalle agenzie fiscali in forza di legge o di convenzione e pertanto sono soggetti alla disciplina generale.
Il problema si appalesa anche in altri termini. Atteso che i tributi locali non possono formare oggetto di transazione fiscale, essi potrebbero dover essere soddisfatti per il loro intero ammontare non potendo subire alcuna falcidia in virtù del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria. I crediti per tributi erariali e locali sono entrambi assistiti, secondo le disposizioni dell’art. 2752 del c.c., da privilegio generale sui mobili, con una differenza che si evidenzia nella graduazione dei crediti e nell’ordine dei privilegi mobiliari prevista dall’art. 2778 del cc.: i crediti per i tributi locali sono infatti postergati nell’ordine (n. 20 dell’art. 2778 del c.c.) rispetto a quelli dei tributi erariali. Tenuto conto che nell’art. 182-ter della legge fallimentare, così come nel nuovo art. 88 del D.Lgs n. 14/2019 è previsto che “se il credito tributario … è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore …”, potrebbe derivarne che la soddisfazione integrale del credito per il tributo locale esclude la possibilità di proporre un pagamento parziale, o meno vantaggioso, del credito erariale, essendo questo di grado superiore (art. 2778, n. 8) del c.c.).