Identificativo Iva del soggetto acquirente e corretto invio degli elenchi riepilogativi quali elementi sostanziali per la realizzazione delle operazioni non imponibili in ambito unionale. Quelli che fino ad oggi erano stati qualificati dalla Corte di giustizia come requisiti formali, la cui mancanza non poteva mettere in discussione il diritto alla non imponibilità dell’operazione, sono dal 1° gennaio 2020 definiti dal legislatore unionale come elementi sostanziali.
La Corte di giustizia, infatti, ha sempre sostenuto che l’identificazione dei soggetti passivi Iva tramite i numeri individuali mira ad agevolare la determinazione dello Stato membro in cui ha luogo il consumo finale e la Direttiva 2006/112/CE impone che nella fattura di una cessione intracomunitaria sia obbligatoriamente indicato il numero di identificazione Iva dell’acquirente ma, fino alle modifiche apportate dalla direttiva 2018/1910/UE, né la formulazione dell’art. 138 della Direttiva unionale, né la giurisprudenza della Corte di giustizia hanno indicato, tra le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria, l’obbligo di disporre di un numero d’identificazione Iva da parte dell’acquirente.
Stravolgendo, quindi, l’attuale interpretazione dei giudici unionali, secondo cui un provvedimento nazionale che subordina il diritto alla non imponibilità di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali, eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta, tale assunto è oggi superato.
Infatti, a meno che la violazione dei requisiti formali avesse l’effetto di impedire la dimostrazione che i requisiti sostanziali erano stati soddisfatti, al ricorrere delle condizioni sostanziali per la realizzazione di una cessione intracomunitaria, l’eventuale mancanza del numero identificativo Iva ovvero il mancato invio degli elenchi riepilogativi, non facevano venir meno il diritto alla non imponibilità dell’operazione realizzata.
Ebbene, dal prossimo 1° gennaio 2020, con l’entrata in vigore della citata direttiva 2018/1910/UE, l’art. 138 è stato modificato, qualificando come requisito sostanziale e non più meramente formale, la sussistenza e l’indicazione del codice identificativo Iva dell’acquirente, richiesto e validato dal sistema VIES prima della realizzazione dell’operazione non imponibile. Detta modifica normativa è uno degli elementi attivati dal legislatore per un sistema dell’Iva definitivo, fondato sul principio della imposizione delle cessioni transfrontaliere di beni nello Stato membro di destinazione.
In particolare, per quanto riguarda il numero di identificazione Iva in relazione all’esenzione per le cessioni di beni nell’ambito degli scambi intracomunitari, con la direttiva 2018/1910/UE è stato proposto l’inserimento del numero di identificazione Iva dell’acquirente nel sistema di scambio di informazioni sull’Iva (sistema VIES), assegnato da uno Stato membro diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni diventi, unitamente alla condizione di trasporto dei beni fuori dallo Stato membro di cessione, una condizione sostanziale per l’applicazione della esenzione anziché un requisito formale.
Inoltre, considerando che l’inserimento nell’elenco VIES è essenziale per informare lo Stato membro di arrivo della presenza dei beni nel suo territorio, è considerato elemento chiave nella lotta contro la frode nell’Unione e come tale sostanziale.
Per questo motivo, gli Stati membri dovrebbero garantire che, qualora il cedente non rispetti i suoi obblighi di inserimento nell’elenco VIES, l’esenzione non si applichi, salvo quanto il cedente agisce in buona fede, ovvero quando può giustificare dinanzi alle autorità fiscali competenti la sua mancanza in relazione all’elenco riepilogativo.