Numero identificativo IVA e Intrastat: i profili operativi

Numero identificativo IVA e Intrastat: i profili operativi

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Di Santacroce Benedetto, Ficola Simona

Dal 1° gennaio 2020 gli operatori sono chiamati a richiedere al cessionario comunitario il codice identificativo Iva, a verificare anticipatamente l’iscrizione del destinatario al VIES e a presentare tempestivamente gli elenchi intrastat, pena l’obbligo di emissione di una fattura con Iva nazionale. 

Queste sono le conseguenze pratiche che derivano dal recepimento in Italia della direttiva 2018/1910/UE. 

Qualcuno potrebbe sostenere che sul piano operativo nulla è cambiato, in effetti non è così. La modifica sostanziale (si veda l’altro commento in pagina) che sconvolge l’approccio definito fino ad oggi dalla corte di Giustizia, impone al cedente nazionale una maggiore attenzione al momento della cessione intra-UE. In particolare, dovrà:

  1. Richiedere, in fase di perfezionamento dell’ordine, al cessionario l’indicazione sullo stesso del numero di identificazione Iva relativo alle operazioni intracomunitarie. Come si ricorda non tutti gli Stati membri utilizzano, come in Italia, la partita Iva preceduta dal codice alfabetico ISO (IT) per autorizzare gli operatori a realizzare le operazioni intraunionali. Alcuni Paesi (vedi la Germania) utilizzano specifici codici che differenziano le operazioni IntraUE rispetto alle operazioni Interne; Altri Paesi hanno delle ulteriori codifiche interne (si veda la Spagna per le operazioni di e-commerce)
  2. Controllare, operazione per operazione, l’esistenza e la validità del codice identificativo fornito dal cliente sul sistema VIES. In effetti, la banca dati unionale VIES è l’unica fonte che consente di controllare la validità del codice identificativo Iva. 
  3. Provvedere alla tempestiva presentazione dei modelli Intrastat.      

I predetti passi, invero, erano già usuali per le imprese anche se adesso la necessità è richiesta con effetti di natura sostanziale (l’operazione diventa imponibile) dalle regole unionali. Fino ad oggi, l’Italia in modo del tutto abusivo e in contrasto con la direttiva Iva e con le numerose sentenze della Corte di Giustizia chiedeva l’imponibilità in Italia di tutte le transazioni per le quali il codice identificativo Iva non risultava operativo sul VIES. 

Quindi quello che è cambiato è il quadro di riferimento unionale che riduce enormemente le possibilità di difesa del contribuente in fase di contestazione. Si ricorda che l’aggiornamento del VIES che è di diretta responsabilità degli Stati membri può essere disallineato dalla realtà aziendale per varie ragioni: ad esempio perché nel frattempo si sono verificate delle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni ecc) ovvero perché l’operatore è stato cancellato dal VIES per non aver operato per un determinato lasso di tempo (in Italia tale periodo è identificato negli ultimi quattro trimestri) sul mercato unionale.    

Sul piano dell’intrastat si sottolinea che dal 1 gennaio 2020 è espressamente  previsto che la non imponibilità della cessione intracomunitaria, prevista dall’art. 138 della Direttiva 2006/122/CE e dall’art. 41 del D.L. 331/1993 non si applica qualora il cedente non abbia rispettato l’obbligo di presentare un elenco riepilogativo delle operazioni unionali  e l’elenco riepilogativo da lui presentato non riporti le informazioni corrette riguardanti tale cessione, a meno che egli non possa debitamente giustificare la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti. 

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