Vincoli probatori più stringenti per gli operatori che realizzano “vendite a catena” per rilevare il trasporto e per comunicare l’eventuale identificativo Iva a cui attribuire la cessione.
La regola generale sarà quella di imputare il trasporto alla cessione fatta nei confronti dell’operatore intermedio nel caso in cui, in presenza di più cessioni consecutive, i beni siano trasportati da uno Stato membro all’altro, direttamente dal primo cedente all’ultimo cessionario della catena ed il trasporto/spedizione sia effettuato dall’operatore intermedio o da un terzo che agisce per suo conto. Di conseguenza, è la suddetta cessione nei confronti dell’operatore intermedio ad essere considerata non imponibile nel Paese di partenza.
Affinché l’operazione possa essere gestita in tal modo è necessario predisporre un quadro probatorio dettagliato. Innanzitutto occorrerà che la parte che beneficia della non imponibilità della cessione intraUE provi che le condizioni ex art. 138 Direttiva 2006/112/CE siano soddisfatte. In particolare, il cedente deve dar prova del trasporto effettivo nello Stato membro d’arrivo dei beni costituenti oggetto della cessione attraverso una serie di documenti espressamente previsti dal Regolamento (UE) 1912/2018 (con decorrenza dal 1° gennaio 2020).
Ma oltre alle prove classiche della cessione intraunionale, nelle operazioni a catena rileva un elemento probatorio aggiuntivo: l’operatore intermedio deve provare che è lui stesso, ovvero un terzo per suo conto, ad occuparsi del trasporto. Ciò serve ad individuare chi è l’operatore intermedio e, quindi, a quale vendita della catena è imputato il trasporto. Sicché potrebbe ritenersi che la prova dell’organizzazione del trasporto (ai fini dell’imputazione del trasporto alla cessione dei confronti dell’operatore intermedio) sia preliminare alla prova del trasporto stesso (ai fini nella non imponibilità della cessione intraUE nel Paese di partenza).
Uno scenario diverso si apre quando l’“intermediary operator” comunica al cedente di avere una partita Iva nello Stato membro di partenza dei beni. Il suo acquisto sarà un acquisto interno, mentre la cessione successiva da lui effettuata sarà la cessione propriamente UE disciplinata dall’art. 138 della Direttiva Iva qualora sussistano tutte le altre condizioni. A tal fine è determinante la prova della comunicazione, la quale, tuttavia, non necessita di particolari formalità (basta anche un semplice scambio di mail). Non c’è bisogno neppure che sia fatta per ogni transazione: l’operatore intermedio potrà indicare al fornitore una volta sola l’identificativo Iva che sarà usato per tutte le vendite in quello Stato Membro.
Ma cosa succede se l’operatore intermedio o il suo fornitore non sono capaci di dare prova della comunicazione?
La prova sarà comunque soddisfatta se l’identificativo Iva dell’operatore intermedio emerge dalla fattura emessa dal fornitore e l’importo Iva da pagare nello Stato membro da cui i beni sono trasportati è stato addebitato in fattura.
Se mancano anche tali elementi si presume che le condizioni per l’applicazione della non imponibilità Iva alla cessione effettuata dall’operatore intermedio non sussistono.
Quanto alla tempistica, in linea di principio, la comunicazione andrebbe fatta prima che l’evento rilevante ai fini Iva abbia luogo, poiché il venditore deve sapere se addebitare o meno l’Iva sull’operazione. Tuttavia potrebbe accadere che la comunicazione sia effettuata dopo che la cessione stessa sia realizzata. Fino al termine di presentazione della dichiarazione Iva periodica, il cedente può semplicemente correggere la fattura indicando l’Iva dovuta sulla transazione ed indicare tale importo nella sua dichiarazione; dopo il cedente potrà ancora correggere la fattura includendo l’Iva dovuta sulla transazione, dovrà però intervenire anche sulla dichiarazione Iva secondo le norme previste dal proprio Stato membro.