I commi 738-783 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2020 riscrivono la disciplina relativa alla fiscalità locale. Più in particolare, le nuove disposizioni normative prevedono - a decorrere dal periodo di imposta 2020 - da un lato, l’abrogazione della IUC (quale “contenitore” di tre distinte imposte: IMU, TASI e TARI) ad esclusione della TARI e al contempo, l’istituzione della “nuova” IMU, che pur ricalca – nei presupposti oggettivi e soggettivi – gran parte delle disposizioni previste dalla normativa precedente. Tra queste, risultano confermate le disposizioni agevolative di esenzione da imposta verso gli immobili degli enti non commerciali che rispettano un duplice requisito:
- (i) soggettivo, costituito dal possesso ed utilizzo dell’immobile da destinarsi, in via esclusiva, allo svolgimento di attività “non commerciali”;
- (ii) oggettivo, rappresentato dallo svolgimento di una o più attività di cui all’art. 7, c. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992.
Quanto al requisito della “commercialità” vale ricordare che il Codice del Terzo Settore (art. 79) considera un’attività “non commerciale” se svolta a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che risultino inferiori rispetto ai costi effettivi di produzione/erogazione dell’attività stessa, con un margine di tolleranza pari al 5% da non superarsi per oltre due periodi di imposta consecutivi. Con un recente arresto giurisprudenziale, la Corte di Cassazione (Sentenza 10124/2019) ha affermato che il requisito della non commercialità debba applicarsi alla generalità delle attività considerate eleggibili all’esenzione da IMU, compresa l’attività sanitaria convenzionata svolta dagli enti non commerciali - dal momento che la sottoscrizione di una convenzione non garantisce, in ogni caso, che l’attività in parola sia svolta secondo modalità non commerciali - benché sia il legislatore (D.M. n. 200/2012) che la prassi (Circ. AdE del 26 gennaio 2009) considerino tale attività “non commerciale” per natura in quanto complementare ed integrativa del servizio pubblico nazionale. Inoltre, al fine di definire i requisiti per l’esenzione da IMU delle attività di cui al D.Lgs. n. 504/1992, art. 7, c. 1, lett. i), svolte in unità immobiliari ad utilizzazione “mista”, l’esenzione da IMU rileva esclusivamente verso la frazione di immobile nella quale viene svolta l'attività di natura non commerciale - se identificabile direttamente attraverso l'individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività - ovvero, nei casi in cui non sia possibile procedere all’identificazione diretta, sulla base di un criterio “proporzionale” ponderato su specifici criteri, rispetto alla superficie totale dell’immobile.
In tale contesto, valga pure quanto disposto dell’art. 82, c. 6 del Codice del Terzo Settore - “Disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali” – il quale, ai fini dell’esenzione da IMU, richiede il possesso nonché l’utilizzo diretto degli immobili da parte degli enti non commerciali del Terzo Settore destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, tra le altre, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive. In questa ottica, di fondamentale importanza appare quanto previsto dal comma 777 della Legge di Bilancio 2020, il quale – innovando rispetto alla precedente disciplina – concede ai singoli Comuni la possibilità di stabilire l’esenzione da IMU dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito a un ente non commerciale. Sulla base di questa disposizione potrà disporsi, dunque, l’esenzione da imposta anche per gli immobili posseduti da altro ente non commerciale - ovvero dai privati – qualora concessi in comodato d’uso gratuito alla generalità degli enti non commerciali ed all’interno dei quali vengo svolte attività atte a perseguire esclusivamente gli scopi istituzionali o statutari del comodatario. Sul punto vale segnalare che il comma in commento non pregiudica l’esenzione in merito alla tipologia di attività da svolgersi all’interno dei locali ottenuti in comodato, sicché potranno godere del beneficio agevolativo dell’esenzione IMU anche gli immobili utilizzati per attività diverse da quelle espressamente indicate all’interno della lett. i) dell’art. 7 del D.lgs. 504/1992.
L’ampia discrezionalità concessa ai singoli Comuni circa la possibilità di esentare da IMU – o meno – gli immobili concessi in comodato unita all’assenza di criteri univoci utili a garantire un trattamento di eguaglianza nei confronti degli enti interessati, potrebbe portare disparità di trattamento - verso gli immobili concessi in comodato - per i diversi contribuenti che risiedono all’interno di un raggio territoriale limitato a pochi km di distanza l’un l’altro, ovvero ad eventuali calcoli di convenienza tra le parti nello svolgere le proprie attività in territori comunali con immobili ad “esenzione garantita” a favore del comodante, verso il quale sarebbe auspicabile un chiarimento sia a livello legislativo, oltre che di prassi, al fine di evitare il proliferarsi di eventuali contenziosi nei confronti dei Comuni interessati a concedere il beneficio agevolativo di esenzione in parola.