Il reverse charge prevale sull'identificazione diretta

Il reverse charge prevale sull'identificazione diretta

CONDIVIDI SU

Di Santacroce Benedetto, Abagnale Anna

Il reverse charge prevale sull’identificazione diretta e sul rappresentante fiscale. Inoltre, in caso di reverse charge oggettivo (cessione rottami) l’assolvimento dell’imposta deve obbligatoriamente avvenire a carico del cessionario, anche nel caso in cui quest’ultimo non sia residente. 

Queste sono le conclusioni a cui arriva l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello pubblicata il 24 gennaio 2020 (n. 11 del 2020).

Primo importante principio ribadito dall’entrate e non sempre attuato dai contribuenti è che la norma sull’inversione contabile di cui all’art. 17, comma 2, DPR 633/1972 che individua il soggetto tenuto al versamento dell’imposta, ovvero chi è obbligato in concreto al versamento dell’IVA, non può essere rimessa alle scelte dell’operatore non residente. Già dalla lettera della richiamata disposizione emerge chiaramente che, in riferimento ad un’operazione territorialmente rilevante in Italia resa dal cedente/prestatore non residente (soggetto passivo non stabilito in Italia), l’imposta è assolta dal cessionario/committente italiano. Traendo la sua essenza dall’art. 194 della Direttiva 2006/112/CE, tale principio non è scalfito dal fatto che il soggetto passivo estero abbia un proprio identificativo IVA in Italia (cfr. Circolari 14/E/2010 e 36/E/2010 e Risoluzione 21/E/2015). Pertanto, qualora il fornitore sia un soggetto extraUE, il contribuente italiano emette un’autofattura; se il fornitore è, invece, un soggetto UE, il soggetto passivo italiano che riceve i beni o i servizi andrà ad integrare la fattura senza IVA emessa dal soggetto UE annotandola nei registri acquisti e vendite.

La disciplina cambia se cambiano le circostanze. Se, oltre al cedente/prestatore, anche il cessionario/committente è un soggetto non stabilito in Italia, il reverse charge non è più applicabile. Il fornitore sarà tenuto agli obblighi di fatturazione e versamento tramite il proprio numero di identificazione diretta, o in alternativa tramite il proprio rappresentante fiscale.

Un ultimo passaggio fatto dalle Entrate si riferisce alle fattispecie di reverse charge “oggettivo”. Esiste, come noto, una serie di operazioni che rientrano nel perimetro dell’inversione contabile per la propria natura. Nel caso specifico, trattandosi di operazioni di cui all’art. 74, comma 7, DPR 633/1972 (cessioni di rottami), l’Agenzia conclude che l’imposta dovrebbe essere assolta dal cessionario in ogni caso, sia se soggetto passivo IVA nel territorio dello Stato sia se si tratti di un non residente con l’obbligo, in quest’ultima ipotesi, di identificarsi o nominare un rappresentante fiscale. Un’interpretazione questa che sebbene sembrerebbe andare un po’ oltre il testo della norma art. 74, comma 7 per cui «al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo nel territorio dello Stato…», è stata già validata dalla prassi con la Risoluzione 28/E/2012. In quest’ultimo documento, riguardo alle cessioni di rottami, le Entrate considerano debitore d’imposta il cessionario soggetto passivo, anche se non ha sede né stabile organizzazione in Italia, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo cedente abbia sede, stabile organizzazione o sia identificato in Italia.

Ritornando all’interpretazione dell’art. 17 DPR 633/1972, si sottolinea da ultimo che la soluzione al quesito posto dall’istante conferma come l’Italia applichi, a differenza di altri Stati europei (tra tutti si ricordi il caso della Francia, CGUE sentenza del 15 dicembre 2011, causa C-624/10), in modo corretto il reverse charge.

}