Recupero rivalsa IVA: la risposta dell'Agenzia delle Entrate

Recupero rivalsa IVA: la risposta dell'Agenzia delle Entrate

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Di Santacroce Benedetto, Abagnale Anna

Ancora una volta negata la possibilità di recuperare in rivalsa l’IVA pagata a seguito di accertamento quando il cliente è inattivo.

La risposta n. 43 delle Entrate all’istanza di interpello, depositata ieri, assume i toni di un no secco e motivato solo per relationem. La questione riguarda una società che, a seguito di una contestazione per indebita emissione di fatture, ex art. 8, comma 1, lett. c), DPR 633/1972, aderisce alla definizione agevolata di cui al D.L. 119/2019, pagando l’imposta dovuta in un’unica soluzione. La società intende recuperare l’IVA versata all’Erario e non riscossa dai suoi clienti avvalendosi dell’istituto previsto all’art. 60, comma 7, DPR 633/1972 al fine di garantire la neutralità dell’imposta anche nella fase patologica dell’accertamento. 

Le domande rivolte all’Agenzia sono varie e riguardano la possibilità:

1) di esercitare la rivalsa nei confronti di cessionari cancellati dal registro delle imprese;

2) di procedere alla variazione in diminuzione ex art. 26, comma 2, DPR 633/1972, laddove, dopo aver esercitato la rivalsa, sia disposta la cancellazione della società cliente;

3) di emettere la nota di variazione in diminuzione per la sola IVA, al fine di recuperare l’imposta non incassata.

In subordine ai punti precedenti l’Istante chiede poi:

4) qualora non sia concesso il recupero dell’intera IVA versata, se sia corretto dedurre dal reddito d’impresa la differenza tra l’imposta versata in sede di definizione agevolata e quella che si ottiene distinguendo, nell’ambito dei corrispettivi fatturati ed incassati senza IVA, tra la quota relativa all’imponibile e quella relativa all’imposta;

5) se, in qualunque caso la rivalsa non sia esercitabile, l’IVA versata, considerata virtualmente incorporata nel corrispettivo percepito in origine, possa intendersi quale sopravvenienza passiva e quindi deducibile dal reddito d’impresa.

Come anticipato, per tutte richieste avanzate la risposta è negativa. In quest’occasione, le Entrate non sprecano fiato e si limitano a richiamare acriticamente la precedente risposta 531/2019. Quest’ultima, da un lato, preclude la rivalsa a far data dalla cancellazione della società cessionaria dal registro delle imprese ai sensi dell'articolo 2495 c.c. che comporta l'estinzione societaria definitiva e, dall’altro, impedisce di ricorrere alla variazione in diminuzione allorché, successivamente all'inutile esercizio della rivalsa, il cliente sia cancellato dal registro delle imprese senza che il credito sia stato soddisfatto. 

Al contempo, i “no” agli ultimi due quesiti sono motivati dalla “specialità” del diritto in questione, sicché, pur in presenza di tutte le condizioni necessarie a rendere il diritto potenzialmente esistente, la rivalsa - ex art. 60, comma 7 - resterebbe un istituto privatistico, inerente al rapporto tra i privati e non a quello con l’Erario.

Una posizione di prassi questa criticabile sotto tanti aspetti. Oltre alla sua sinteticità, ciò che desta maggiore perplessità della risposta è il perpetrare di una posizione assunta come incontestabile sebbene lesiva della neutralità dell’IVA. Non si tralasci che la norma interna era stata modificata proprio per impedire che il precedente divieto di rivalsa da accertamento potesse violare i principi unionali che disciplinano l’imposta. Un divieto che, sebbene formalmente abolito, nella pratica continua di fatto ad operare a beneficio del Fisco, a danno del contribuente.

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