Niente sospensione di 120 giorni delle azioni cautelari ed esecutive per le somme fino a mille euro da corrispondere a titolo di dazi doganali e Iva all'importazione. È quanto prevede l'articolo 10, comma 1, del Ddl di legge europea-bis che dopo l'approvazione del Senato è ora alla seconda lettura della Camera (atto 1864-B).
Le novità
In pratica, dall'entrata in vigore delle nuove norme agli importi che costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Ue non si applicherà l'articolo 1, comma 544, della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013). La disposizione prevede che, in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro intrapresa successivamente al 1° gennaio 2013, non si procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di 120 giorni dall'invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo, fatto salvo il caso in cui l'ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione da lui prodotta per dimostrare l'infondatezza della pretesa tributaria (ai sensi dell'articolo 1, comma 539 della menzionata legge di stabilità 2013).
Si tratta di una norma finalizzata a semplificare i flussi informativi tra fisco e contribuente e a evitare una esecuzione forzata in tutti quei casi nei quali la pretesa tributaria non possa essere soddisfatta (in via temporanea o definitiva) per ragioni formali o sostanziali (sgravio dell'ente creditore, sospensione giudiziale o sentenza di annullamento, sospensione amministrativa concessa dall'ente creditore). Dunque, non sarà invocabile dal debitore di diritti doganali, che sarà dunque sempre tenuto a effettuare il pagamento, pur in presenza di provvedimenti di sospensione o di annullamento adottati dalla Commissione tributaria (in tale quadro, è di fatto soppressa ogni forma di tutela giurisdizionale fino al passaggio in giudicato della sentenza).
C'è poi il regime che punta a introdurre il comma 2 dell'articolo 10 (si veda il Sole 24 Ore del 9 settembre): sempre in ambito doganale solo il passaggio in giudicato di una sentenza favorevole al contribuente fa venire meno l'azione esecutiva della dogana, mentre decisioni di annullamento non definitive non possono essere opposte all'agente della riscossione. Pertanto, l'operatore che riceverà un atto di accertamento, avrà soltanto due possibilità: pagare l'importo richiesto o garantirlo mediante fideiussione per tutta la durata del contenzioso. In assenza di disponibilità economiche o di credito bancario, non gli resterà che subire l'esecuzione, salvo chiedere il risarcimento del danno in caso di annullamento definitivo dell'atto impugnato. Si tratta di una misura che eccede le richieste della Commissione europea e che contrasta con il principio costituzionale di parità delle parti (articolo 111) e con quello di effettività della tutela giurisdizionale. A questo proposito, la Corte di giustizia Ue ha in più occasioni affermato (si veda, per esempio, la sentenza dell'11 gennaio 2001 nella causa C-226/99) che le disposizioni del Codice doganale (in particolare l'articolo 244) non possono «limitare il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva» e che il giudice nazionale può adottare tutti i provvedimenti, anche provvisori, necessari per garantire la «piena efficacia della successiva pronuncia giurisdizionale sull'esistenza dei diritti invocati in forza del diritto comunitario».