Lettere d'intento: decreto attuativo non interdittivo

Lettere d'intento: decreto attuativo non interdittivo

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Di Santacroce Benedetto

Le nuove regole procedurali sulla gestione delle lettere d’intento non sono condizionate dal provvedimento di attuazione, disposto dal Decreto crescita e ancora non pubblicato, in quanto le nuove disposizioni prevedono solo delle semplificazioni operative e non introducono nessun ulteriore obbligo sostanziale

Questo è in sintesi la risposta del ministero dell’Economia e finanze (MEF) al question time di oggi (n. 5-03673).  Pertanto gli operatori devono, già dallo scorso 1° gennaio 2020, seguire le nuove regole procedurali. In particolare, l’articolo 12-septies del decreto legge 34/2019 stabilisce che l’esportatore abituale deve predisporre, come da modello approvato con provvedimento del 2 dicembre 2016, una dichiarazione d’intento che deve trasmettere telematicamente alle Entrate che rilasciano una apposita ricevuta riportante anche un protocollo di ricezione.

L’esportatore abituale non deve più né annotare in apposito registro la lettera d’intenti, né formalmente inviarla al fornitore o consegnarla, in caso di importazione, alla dogana.

Il fornitore a sua volta, però, deve indicare nella fattura emessa senza applicazione dell’imposta gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione presentata dall’esportatore, rilasciato dall’agenzia delle Entrate. 

Inoltre si segnala che il decreto crescita ha anche modificato le sanzioni applicabili al fornitore (articolo 7 comma 4 bis del Dlgs 471/1997) prevedendo una sanzione dal 100 al 200% per il fornitore che prima di emettere la fattura senza imposta non abbia riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione alle Entrate della dichiarazione d’intento. Pertanto sembra chiaro che l’esportatore deve, anche se sul punto non vengono più previste specifiche modalità, comunicare al fornitore la sua intenzione di acquistare senza imposta e il fornitore deve accedere al proprio cassetto fiscale nel sito dell’agenzia delle Entrate e scaricare il numero di protocollo della lettera d’intenti prima di emettere la fattura.

Si sottolinea che, allo stato attuale nel cassetto fiscale del fornitore sono disponibili solo il numero di protocollo delle lettere d’intento (numero di 17 caratteri più un progressivo da inserire integralmente in fattura). Si ritiene che in futuro, proprio attraverso il provvedimento oggetto del question time, si possa scaricare anche le lettere d’intento. Pertanto fino all’emanazione del provvedimento si suggerisce al fornitore di ottenere dall’esportatore abituale copia della lettera d’intento trasmessa al fisco. Anche per il fornitore (come già evidenziato per l’esportatore abituale) non è più prevista l’annotazione della lettera d’intenti in uno specifico registro.

Nel caso di importazione l’esportatore abituale che vuole importare senza applicazione dell’Iva deve indicare il predetto protocollo di presentazione nella dichiarazione doganale. La dogana, per la verifica di tali indicazioni potrà disporre della banca dati delle dichiarazioni di intento dell’agenzia delle Entrate. In questo modo, come sottolinea la risposta del MEF di oggi, l’operatore non è più obbligato a consegnare in dogana di copia cartacea delle dichiarazioni di intento e delle ricevute di presentazione.

Un’ulteriore riflessione che fa il MEF con la sua risposta è che le nuove regole non introducono “la necessità di un controllo preventivo, né sullo status di esportatore abituale da parte dell’emittente la lettera d’intento, né tantomeno sulla verifica del plafond disponibile da parte dell’esportatore abituale”. Anche se l’espressione non risulta del tutto chiara, sembra che il MEF voglia sottolineare che gli adempimenti sono solo delle formalità operative. Anche perché, come sottolinea la stessa risposta, allo stato attuale vi è un’impossibilità tecnica di procedere a verifiche preliminari in tempi ragionevoli specialmente per la valorizzazione delle operazioni assimilate di cui all’art. 8 bis del Dpr 633/72. 

La risposta aggiunge, infine, che il MEF “ritiene inverosimile che un ufficio territoriale possa procedere ad un controllo sostanziale dei contenuti della dichiarazione di intento ricevuta, ancorché telematicamente, al fine di verificare i requisiti così da autenticarne la validità”.

Su questi ultimi contenuti della risposta non si può sottacere che l’impossibilità di controllo dell’Agenzia delle entrate è la stessa impossibilità in cui si trova il fornitore, per il quale la stessa Agenzia, a posteriori, chiede l’Iva in relazione alla falsità ideologica della lettera d’intenti. 

Quindi, sarebbe il caso o di eliminare il meccanismo foriero solo di problemi oppure introdurre procedure sprint di rimborso per gli esportatori abituali ovvero trovare un modo per far sì che l’emittente della lettera d’intenti la possa emettere solo dopo aver lui certificato al fisco la reale disponibilità con assunzione totale di responsabilità. 

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