Le imprese e i professionisti che per solidarietà vogliono donare dei beni o dei servizi per contribuire alle azioni di contrasto alla pandemia in atto devono fare, purtroppo, i conti con L’Iva. Le regole imposte a livello unionale e trasposte nell’ordinamento interno sotto questo profilo non aiutano. In effetti, anche nei decreti approntati dal Governo per il Covid 19, il tema viene limitato a delle piccole agevolazioni che riguardano la cessione di farmaci compassionevoli (art. 27 del Dl 23/2020) e alcuni beni specifici quali tablet ed e-reader (art. 71bis del Dl 18/2020).
In particolare, le erogazioni gratuite di beni, per la legge Iva (Dpr 633/72) costituiscono “cessioni” (ad esclusione di quelle che hanno ad oggetto beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa e di costo unitario non superiore a 50 € e di quelli per i quali non è stata operata a monte la detrazione, in quanto acquisto non inerente).
Tuttavia, qualora le erogazioni liberali sono considerate cessioni e i beni vengono donati ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS, opera l’esenzione da imposta ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 12) del D.P.R. n. 633 del 1972. Sono ugualmente esenti da imposta le cessioni gratuite realizzate nei confronti delle popolazioni in stato di emergenza, come oggi è stato dichiarato l’intero territorio nazionale a seguito della Delibera del Consiglio dei Ministri dello scorso 31 gennaio (art. 10, n.13 del DPR 633/72).
L’esenzione Iva opera anche per le importazioni di beni. In particolare tale esenzione è espressamente prevista dall’art. 68 del DPR IVA che ritiene non soggette ad imposta l’import di beni donati ad enti pubblici ovvero ad associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica, nonché quella di beni donati a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi.
Occorre però ricordare che, laddove sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’IVA afferente i beni ceduti gratuitamente, l’impresa cedente (nonché l’ente non commerciale in questo ruolo operante in attività d’impresa), dovrebbe procedere alla rettifica della detrazione a suo tempo operata, in applicazione del principio secondo cui non è detraibile l’imposta afferente operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta; la rettifica della detrazione dovrà essere operata secondo quanto disposto dall’art. 19-bis2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come precisato dell’Agenzia delle Entrate con la CM del 26 marzo 2008, n. 26/E e con la CM del 16 novembre 2000 n. 207/E.
Quindi in linea di principio chi fa erogazioni liberali non può detrarre l’Iva a monte e quindi deve liquidarla quale Iva dovuta.
Sul tema, il legislatore è intervenuto nel tempo per limitare detta preclusione alla detrazione. Vi sono, infatti, una serie di norme che individuano determinate tipologie di beni donati a determinate categorie di soggetti beneficiari, per i quali la preclusione alla detrazione non opera
Lo strumento utilizzato dal legislatore è stato quello di assimilare la cessione gratuita dei beni di volta in volta individuati, alla distruzione degli stessi. Per l’effetto di tale assimilazione, conformemente a quanto disposto dalla normativa unionale (art. 185 dir 2006/112/CE), dette operazioni non comportano effetti sulla detrazione dell’imposta assolta a monte dal donante per l’acquisto o la produzione.
Tali operazioni sono quindi escluse dall’applicazione dell’Iva e, come tali, escluse dagli obblighi formali di fatturazione, registrazione e dichiarazione.
Ebbene, lo stesso strumento è stato utilizzato, in questo momento emergenziale dal Governo con i decreti sopra citati, per la cessione gratuita dei farmaci ad uso compassionevole (art. 27 Dl 23/2020) e per prodotti tessili, prodotti per l’abbigliamento e per l’arredamento, dei giocattoli, dei materiali per l’edilizia e degli elettrodomestici, nonché dei personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari (art. 71 bis del Dl 18/2020).
Per mitigare l’effetto Iva e per completezza di informazione, proprio in queste ore si sta proponendo degli ulteriori interventi di attenuazione del carico Iva per quanto riguarda l’aliquota applicabile su alcuni dispositivi di protezione personale.