Doppio requisito oggettivo per l’esonero Iva dei beni Covid di cui all’art. 124 del Decreto rilancio. L’importazione, l’acquisto intracomunitario e la cessione interna dei predetti beni è senza imposta solo se:
- sono effettivamente destinati al contrasto, la gestione e il contenimento del Covid-19 e di altre pandemie;
- rispondono ai requisiti oggettivi previsti dalla norma e sono classificabili in specifiche voci doganali già individuate, almeno in prima battuta, dalla circolare 12/D/2020 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Queste condizioni sono state fissate dalla circolare 26/E/2020 di ieri con cui l’Agenzia delle Entrate ha commentato in modo sistematico una norma che in questi primi mesi di applicazione aveva dato luogo a numerosi dubbi.
La circolare ha il merito, a completamento di quanto definito nella citata circolare 12/D/2020 da ADM, di aver affrontato una serie di casi (riassunti nella tabella qui pubblicata) e di aver fornito una chiave di lettura del provvedimento.
A dire il vero il contenuto della circolare evidenzia, in rapporto ai casi sollevati nel tempo dagli operatori delle scelte specifiche che potrebbero creare una serie di problemi a chi, in questi primi mesi, ha applicato la norma. La circolare, purtroppo, se da una parte fissa dei principi di orientamento del mercato, dall’altro non fornisce alcuna soluzione a chi vuole regolarizzare la sua posizione. In effetti, ci si sarebbe aspettato che la circolare avesse almeno chiarito che le sanzioni per chi regolarizza saranno disapplicate. L’unica speranza è che alla circolare segua una specifica iniziativa normativa che consenta ai contribuenti, non solo di non pagare le sanzioni, ma addirittura di sanare il passato, ad esempio, rendendo esenti (almeno con riferimento a questi primi mesi di attuazione) tutte le tipologie di beni ricomprese nell’elenco a prescindere dalla destinazione effettiva di protezione Covid-19.
Passando ad analizzare il contenuto del documento di prassi bisogna sottolineare che in alcuni casi la qualificazione oggettiva dei beni non è di per sé sufficiente, in quanto bisogna andare a verificare caso per caso la destinazione effettiva del bene. In particolare, questa condizione è prevista per tutti quei beni che possono essere utilizzati per diverse finalità. Si pensi, ad esempio, alle soluzioni idroalcoliche che possono essere utilizzate per le finalità cosmetiche o alimentari. In questo caso l’esenzione opera solo se le predette soluzioni sono utilizzate per finalità sanitarie.
Attenzione, però, che anche in caso di utilizzo sanitario di beni diverso da quello di contrasto al Covid-19 il regime di esonero sembrerebbe non applicarsi. Si pensi, ad esempio, a strumenti utilizzabili in sala operatoria per fini non Covid-19, in questo caso l’Agenzia ricorda, che il regime di esonero dura fino al 31 dicembre 2020 e poi dal 1° gennaio 2021 si dovrà applicare sugli stessi beni l’aliquota del 5%.
Dalla predetta data l’aliquota del 5% si applica alle cessioni dei beni di cui all’art. 124 se destinati a qualsiasi finalità sanitaria e non solo a quella Covid. Questa precisazione pone dei dubbi interpretativi sul 2020. In effetti, si potrebbe pensare che l’utilizzo non Covid del bene in sala operatoria subirebbe fino al 31 dicembre 2020 un regime peggiorativo rispetto al 2021. Questa lettura non ci sembra plausibile e forse va letta solo come chiarimento verso il 2021.
Molto importante per le imprese risulta la scelta operata dall’Agenzia per gli articoli di protezione destinati a fini sanitari. L’Agenzia, infatti, non limita l’agevolazione alle strutture sanitarie, ma a tutti i soggetti (imprese comprese) che hanno acquistato gli articoli protettivi per adeguarsi ai protocolli anti Covid-19.