Plastic Tax e circolare Assonime

Plastic Tax e circolare Assonime

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Di Santacroce Benedetto, Sbandi Ettore

Con la circolare 2/2020, Assonime riaccende il dibattito sulla plastic tax, intervenendo con una nota dedicata ad un tributo che, atteso il suo carattere innovativo, mantiene ancora una serie di incognite e questioni di grandissimo interesse, a suo tempo già evidenziate in queste pagine.

I macro-temi sono sostanzialmente due ed entrambi di carattere decisivo: l’individuazione dell’oggetto del tributo e la qualificazione del soggetto obbligato al pagamento.

Quanto al oggetto della nuova imposta sui manufatti in plastica monouso (i c.d. MACSI), si rileva che il legislatore nazionale ha scelto di tassare, alla produzione o all’import, pellicole e recipienti plastici che non possono essere riutilizzati e che non siano frutto di attività di riciclo. 

Un primo punto, dunque, attiene all’individuazione del codice di nomenclatura combinata che può darsi ai prodotti in questione, si pensi ad esempio ai prodotti misti, in plastica e non, dove la componente principale può assorbire quella secondaria e far entrare o uscire un prodotto dal perimetro impositivo. Entrano in gioco, dunque, i codici tariffari dei prodotti che, come tali, in alcuni casi non sono affatto di semplice individuazione, dovendosi applicare le regole interpretative della nomenclatura che, per prodotti misti o semilavorati, sono spesso molto complesse e controverse.

Tuttavia, accanto a questo, deve essere normato il tema del c.d. “monouso”, per capire quando un prodotto è considerato tale; si pensi, ad esempio, al tema dei vuoti a rendere o dei flaconi per liquidi sfusi. In tutti questi casi, è necessario un intervento di chiarezza da parte del fisco, per capire se il carattere di monouso di un prodotto sia collegato alle sue caratteristiche intrinseche, ovvero al suo utilizzo fatto dai consumatori anche in maniera indipendente dalla volontà dei produttori.

L’altro rilevante tema attiene poi all’individuazione del soggetto passivo del tributo, che è il produttore dei MACSI ma che, anche in considerazione del fatto che l’esigibilità dell’imposta avviene con l’immissione in consumo dei prodotti (la vendita), spesso non è il proprietario, né il cedente delle merci, agendo come mero manufacturer. 

È il caso comune, ormai, dei gruppi multinazionali che sono proprietari di tutte le merci ovunque lavorate, ivi comprese le relative confezioni. Questi soggetti di norma incaricano un toller, prestatore di un servizio, di realizzare merci per loro conto. In questi casi, dunque, un soggetto potrebbe vendere le merci con il tributo assolto da un terzo, che addebita un servizio maggiorato dell’imposta con un credito civilistico, realizzandosi una seria asimmetria nella catena commerciale.

Il punto è importante anche per la questione della rivalsa e della tracciabilità dei prodotti. Infatti, la norma consente agli esportatori o ai cedenti prodotti intra UE di chiedere a rimborso l’imposta ad essi rivalsata dai fornitori, avendo la prova dell’avvenuto pagamento dell’imposta; ma può accadere che tale prova, in una catena diluita, non sia semplice da ottenere, con evidente nocumento per gli operatori nazionali.

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