L’aliquota ridotta Iva sulle importazioni e sulle cessioni degli oggetti d’arte e il relativo meccanismo attinente la commercializzazione di beni usati devono essere applicati seguendo il principio della certezza del diritto tenendo conto, però, dell’evoluzione tecnica e espressiva con cui l’artista si esprime. La questione che interessa l’intero mondo dell’arte e che ciclicamente ritorna alla ribalta deve poi essere declinata in base alle rigide definizioni imposte dalla normativa Iva in relazione alle singole forme di espressione artistica. Quindi è necessario distinguere, ad esempio, le opere pittoriche da quelle scultoree con criteri che soffrono di un’impostazione classica che, in taluni casi, non è del tutto in linea, con l’espressione dell’arte moderna e contemporanea.
Comunque, come ci insegna la Corte di Giustizia (causa C-145/18), i criteri di applicazione dell’imposta nella specifica materia devono seguire criteri solo oggettivi, non considerando, la natura artistica del bene, natura che creerebbe una forte alea di discrezionalità poco compatibile con il sistema (sul tema si ricorda anche il tentativo – circolare 177 del 22 giugno 1995 - dell’amministrazione finanziaria di rendere oggettivo l’elemento è stato, poi, abbandonato – circolare 24/E/2010). È importante rilevare che la stessa normativa prevede, comunque, una valutazione soggettiva dell’artista nel momento in cui chiede di determinare chi ha “realizzato” l’opera e, per le cessioni interne, chi effettua la cessione.
Infine e sempre in termini di principio la ratio della norma è favorire la circolazione di oggetti originali riclassificabili tra oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, da differenziarsi dagli oggetti commercializzati in serie. In effetti, come vedremo, anche le serie sono ammesse all’agevolazione, ma con specifiche limitazioni.
Entrando nel dettaglio della questione e volendo esemplificare le predette considerazioni di principio esaminerò qui di seguito l’applicazione dell’aliquota ridotta Iva del 10% in riferimento alle opere scultoree anche alla luce della recente risposta n. 303/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate.
Per l’applicazione dell’aliquota ridotta sulle opere scultoree bisogna far riferimento alla classificazione doganale e, in particolare, alla voce della nomenclatura combinata 9703 del CDU e alla tariffa tabella A parte III n 127 septiesdecies del Dpr 633/72, come integrato dalla lett.a) della tabella allegata al Dl 41/95.
In particolare, per le regole Iva l’aliquota del 10% si applica alle importazioni ovvero alle cessioni effettuate dagli autori, dai loro eredi e legatari di opere scultoree definite quali:
- opere originali dell'arte statuaria o dell'arte scultoria, di qualsiasi materia, purché siano eseguite interamente dall'artista; fusioni di sculture a tiratura limitata ad otto esemplari, controllata dall'artista o dagli aventi diritto (codice NC 9703 00 00); a titolo eccezionale in casi determinati dagli Stati membri, per fusioni di sculture antecedenti il 1° gennaio 1989, è possibile superare il limite degli otto esemplari.
Questa definizione ha fatto oggetto di recente interpretazione ad opera della citata risposta 303/E/2020. Nella risposta l’Agenzia delle Entrate considera il seguente caso:
- l’istante era una ditta individuale operante con il codice Ateco 90.03.09 altre creazioni artistiche, con attività prevalente il commercio al dettaglio di oggetti d’arte.
- L’artista-scultore progetta con l’utilizzo di un computer e mediante un software delle sculture figurative tridimensionali originali procedendo alla loro stampa con l’ausilio di una stampante 3D. le sculture “grezze” vengono, poi, da lui stesso sottoposte ad ulteriore lavorazione a mano (quali stuccatura, levigatura e verniciatura). Le opere sono vendute quali pezzi unici ovvero in serie limitate di 50 pezzi.
L’Agenzia giunge alla conclusione di escludere questi oggetti dall’applicazione dell’aliquota ridotta del 10% perché non eseguite integralmente dall’artista, ma sono in tutto o in parte realizzate attraverso procedimenti meccanici, quali stampanti 3D. inoltre, in alcuni casi, superano il limite degli 8 esemplari previsti dalla legislazione Iva.
La posizione dell’Agenzia anche alla luce della Corte di Giustizia ci sembra solo parzialmente condivisibile.
In primo luogo, per quanto riguarda l’intervento dell’artista, oltre ad evidenziare la differente espressione utilizzata in ambito doganale, si sottolinea che la Corte di Giustizia (causa C-155/1984), interpretando la classificazione sottolinea in modo esplicito che “l'espressione opera scultorea dev'essere interpretata nel senso ch'essa comprende tutte le opere d'arte tridimensionali, quali che siano le tecniche e i materiali utilizzati. Quindi, già in base a questa considerazione si comprende che non può considerarsi esclusa dagli oggetti dell’arte scultorea l’opera realizzata con l’ausilio del computer ovvero della stampante 3D (sul punto si vedano anche la sentenza e le conclusioni dell’avvocato generale relative alla causa C-145/2018). Inoltre, nella sentenza citata (C-155/84) la Commissione Europea, intervenuta nella causa, sottolinea che la classificazione doganale deve ricomprendere tutte le tecniche moderne di produzione dell’opera.
Infine, si ritiene che l’espressione “eseguite interamente dall’artista” va inteso nel senso che l’intero processo di progettazione e creazione dell’oggetto deve essere realizzato sotto il diretto controllo dell’artista (passaggio esplicito della norma in caso di fusioni).
Nel caso di specie, poi, l’artista interviene, oltre che nella progettazione, anche dopo la stampa con interventi di finitura dell’opera (stuccatura e verniciatura) che rendono la stessa del tutto originale.
Dato per risolto il tema dell’originalità dell’opera e del significato da dare al contributo necessario dell’artista, va considerato il numero di esemplari per i quali è necessario fare una doppia valutazione. La prima riguarda le opere uniche per le quali il requisito degli 8 esemplari è di per sé risolto. Inoltre, per le opere prodotte in numero superiore a 8 esemplari (nel caso di specie 50), bisogna verificare in concreto in cosa consiste l’intervento dell’autore che potrebbe determinare, anche per i singoli esemplari, una originalità che per le fusioni non si può determinare.
Si tenga presente che le note esplicative del codice doganale unionale prevedono l’applicazione dell’aliquota ridotta anche in caso di copie realizzate con la stessa tecnica da autori diversi.
In conclusione, si ritiene che l’interpretazione che bisogna dare per applicare l’aliquota ridotta deve tener conto di tutti i predetti elementi che, nel caso della risoluzione in oggetto, non ci sembrano del tutto considerati e che comunque vanno adeguati alle tecniche moderne di realizzazione dell’opera.