Brexit: gli effetti Iva e dogane degli accordi di fine anno

Brexit: gli effetti Iva e dogane degli accordi di fine anno

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Di Santacroce Benedetto, Sbandi Ettore

L’accordo di recesso del 2019 (pubblicato in ratifica in GUUE serie L del 31 gennaio 2020) e l’accordo commerciale di Natale 2020 (pubblicato sulla GUUE serie L 444 del 31 dicembre 2020) costituiscono i due elementi portanti che ogni operatore deve valutare per comprendere gli effetti che la Brexit ha avuto e avranno in relazione alla propria attività.  È chiaro, infatti, che gli accordi stipulati ridisegnano integralmente i rapporti commerciali tra UE e UK, in una nuova dimensione internazionale. L’uscita di UK dall’UE determina, in primo luogo che UK diviene a tutti gli effetti un Paese terzo.  Alcune eccezioni sono previste nei rapporti con l’Irlanda del Nord per la quale gli accordi, almeno al momento attuale, le assegnano ancora un posto nell’Unione doganale europea consentendo di trattare le cessioni da e verso l’UE come cessioni intracomunitarie e, al contempo, le cessioni da e verso gli altri Stati UK come cessioni interne. 

Negli sviluppi che faremo in questo approfondimento su Brexit ci soffermeremo, in particolare:

  • sulle operazioni avvenute a cavallo d’anno tra UK e UE, per le quali prevalgono le regole unionali vigenti    al 31 dicembre 2020; 
  • sulle merci che al 31 dicembre erano in UK o in UE per lavorazioni, per contratti di consignment stock ovvero che sono state trasferite in conto deposito;
  • sull’impatto della brexit sulle triangolari; 
  • sulle esportazioni che sono state realizzate e che saranno realizzate dal 1° gennaio 2021 in avanti;
  • sulle importazioni in UK con un riferimento particolare a dazi e origine preferenziale. 

Operazioni a cavallo d’anno

Molti operatori potrebbero essersi trovati nella situazione di dover gestire delle operazioni in cui le merci sono state inviate in UK negli ultimi giorni del 2020 e che sono arrivate alla frontiera dopo il 1° gennaio 2021. In queste situazioni è chiaro che nella maggior parte dei casi le merci che alla partenza erano sottoposte al regime degli scambi intracomunitari potrebbero aver subito dei blocchi alla frontiera per l’espletamento dei dovuti controlli.  Comunque, per sciogliere i dubbi degli operatori e risolvere i problemi che potevano sorgere in dogana nei primi giorni di gennaio 2021 è intervenuto per tempo l’accordo di recesso (documento 2019/C384/01) e le linee di orientamento dell’Unione europea (ultima versione dicembre 2020) che disciplinano proprio le operazioni a cavallo. In particolare, il combinato disposto degli artt. 41, 47, 51 e 52 dell’accordo di recesso prevede espressamente che le cessioni di beni spediti o trasportati dal territorio del Regno Unito al territorio di uno Stato membro e viceversa prima del 31 dicembre 2020 con arrivo dopo il 1° gennaio 2021 rimangono sottoposti alle regole doganali, Iva e accise esistenti prima della fine dell’anno. In altre parole, se io ho inviato i beni in UK il 28 dicembre 2020 e le merci sono arrivate a destinazione il 3 gennaio 2021 le transazioni sono ancora regolate dalla direttiva Iva e quindi sono ancora operazioni intracomunitarie. Ovviamente l’impegno degli operatori è quello di provare con qualsiasi mezzo che i beni sono partiti prima del 31 dicembre 2020. 

Proprio sul piano delle prove è necessario acquisirle per tempo per evitare poi successivi problemi con le autorità. Ovviamente la prova dipenderà dalla tipologia di beni trasportati o dal percorso che i beni realizzeranno per arrivare al cliente. (Ad esempio, per i prodotti soggetti ad accise la prova sarà data dall’E-AD che accompagna la merce e dal codice di identificazione ARC). Per gli altri beni la prova principe sarà costituita dai documenti che attestino il trasporto e la consegna dei beni al vettore.  

Altri casi particolari da considerare riguardano le merci che nel 2020 sono state trasferite in UK, rimanendo di proprietà dello speditore nazionale per essere utilizzate nel 2021 o viceversa merci UK che sono già in Italia dal 2020.     Tre sono le ipotesi da considerare: (i) il conto deposito; (ii) il conto lavoro e (iii) il consignment stock.

Conto deposito

Nella prima ipotesi, l’operatore IT ha trasferito i beni prima del 1° gennaio 2021 in conto deposito in UK per venderli successivamente in quel mercato. L’operatore, in base alle regole vigenti nel 2020, dovrebbe aver assoggettato i beni agli adempimenti tipici delle cessioni intracomunitarie. In effetti, l’art. 41, comma 2 lett. c) del Dl 331/93 stabilisce che il suddetto trasferimento è assimilato ad una cessione intracomunitaria. In questo caso, l’operatore per trasferire a sé stesso i beni ha dovuto identificarsi ai fini Iva in UK ovvero ha dovuto ivi nominare un rappresentante fiscale. Pertanto, al momento della cessione interna in UK, dopo il 1° gennaio 2021, dovrà emettere, tramite la propria posizione UK, una fattura con Iva inglese. 

A questo proposito si sottolinea che in UK la posizione Iva assunta prima del 1° gennaio 2021 potrà essere utilizzata anche successivamente a tale data. Per l’Italia, anche a seguito dell’accordo di Natale, si ritiene che la posizione assunta dall’operatore inglese sia valida anche per le operazioni del 2021.  

Conto lavoro    

Altra ipotesi da considerare è il conto lavoro. In questo caso potremmo avere due situazioni. L’operatore IT ha mandato i beni dal trasformatore, ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, a rientrare in Italia. In questo caso l’operatore non ha posto alcun adempimento Iva se non l’indicazione degli stessi ai fini statistici sull’Intrastat.

Alternativamente, se i beni inviati al trasformatore erano destinati, al termine della lavorazione, ad essere venduti in UK ovvero essere trasferiti in altri Stati membri, l’operatore IT li ha trasferiti a sé stesso in UK con una cessione intracomunitaria assimilata.  

In entrambi i casi la soluzione possibile dopo il 1.1.2021 è la seguente: 

  • se i beni sono destinati ad essere venduti in UK, la cessione dovrà essere effettuata con Iva inglese con la posizione fiscale UK.
  • se i beni sono destinati a rientrare in Italia ovvero sono destinati ad altro Stato membro le merci dovranno essere assoggettate agli adempimenti doganali, con potenziali aggravi alla reimportazione.

Ovviamente al rientro in Italia ovvero nella loro reintroduzione in altri Stati membri si potrà far valere la natura delle prestazioni subite all’estero con evidenziazione nella relativa dichiarazione doganale.   

Consignment stock   

Ultima ipotesi da considerare è il caso in cui, sulla base di un contratto di consignment stock, l’operatore IT abbia, in forza dell’art. 17 bis della direttiva Iva, trasferito i beni presso il proprio cliente. I beni vengono venduti, però, solo al momento del prelievo da parte del cliente. In questo caso si provvederà, prendendo una posizione Iva in Uk ad assoggettare l’operazione ad Iva inglese al momento della successiva rivendita. 

Triangolari con operatore UK

La caratteristica che qualifica le operazioni triangolari è l’esistenza di due cessioni di beni consecutive, mentre il trasporto dei beni è unico.

Una prima ipotesi di operazione triangolare è quella in cui il soggetto UK è il soggetto promotore. Si pensi al caso in cui il soggetto UK acquista beni da un fornitore italiano e li rivende ad un cessionario francese, incaricando il soggetto italiano di inviare le merci direttamente in Francia. 

Fino al 31 dicembre 2020 questo tipo di operazione si qualificava come triangolare unionale e, imputando verosimilmente il trasporto dei beni alla vendita effettuata all’operatore intermedio, ovvero alla cessione da IT a UK, l’operazione effettuata da IT si qualificava come una cessione intraUE, non imponibile in Italia ai sensi dell’art. 138 Direttiva 2006/112/CE, mentre UK effettuava un acquisto intraUE rilevante in Francia e l’Iva non era dovuta in riferimento a tale acquisto, secondo quanto disposto dall’art. 141 della Direttiva Iva. UK effettuava una cessione rilevante ai fin i Iva in Francia nei confronti di FR, che era il debitore d’imposta ai sensi dell’art. 197 Direttiva Iva. Dunque, al 2020 UK non doveva registrarsi e non doveva versare l’imposta né in Italia né in Francia. 

Dal 1° gennaio 2021, il promotore di questa triangolare non sarà più un soggetto unionale, ma sarà un soggetto extraUE. Diverse, quindi, saranno le regole Iva che disciplinano l’operazione sopra illustrata, in cui il soggetto UK (extraUE) acquista beni da un fornitore italiano e li rivende ad un cessionario francese, incaricando il soggetto italiano di inviare le merci direttamente in Francia. A differenza della situazione attuale, la prima operazione, fra IT e UK (extraUE) non sarà più un’operazione intraunionale, in quanto carente del presupposto soggettivo richiesto dalla norma che, per qualificare come intraunionali dette operazioni, prevede che entrambi gli operatori siano soggetti passivi identificati nel territorio dell’Unione. Pertanto, per evitare che la prima operazione sia imponibile in Italia e per evitare che il cessionario UK debba assolvere l’Iva italiana, sarebbe preferibile che lo stesso assuma una posizione Iva nel territorio della UE, per poter continuare a qualificare l’operazione descritta come una triangolare unionale, così come disciplinata sino al 31.12.2020.

Un’altra ipotesi di operazione triangolare realizzata con un soggetto UK potrebbe essere quella in cui il soggetto UK è il destinatario dei beni. In questo caso, il primo cedente IT cede la merce al promotore FR che a sua volta cede i beni ad un soggetto UK e incarica il primo cedente IT ad inviare le merci direttamente in UK. Ad oggi, questo tipo di operazione si qualifica come triangolare unionale in cui, come nel primo esempio, il soggetto IT realizza una cessione intraUE, non imponibile in Italia ai sensi dell’art. 138 Direttiva 2006/112/CE, mentre FR effettua un acquisto intraUE rilevante in UK e l’Iva non è dovuta in riferimento a tale acquisto, secondo quanto disposto dall’art. 141 della Direttiva Iva. FR, infatti, effettua una cessione rilevante ai fin i Iva in UK nei confronti di UK che è il debitore d’imposta ai sensi dell’art. 197 Direttiva Iva. Dunque, ad oggi UK deve assolvere l’Iva per l’acquisto intracomunitario realizzato con il soggetto FR. 

Riguardo a questo secondo scenario, dal il 1° gennaio 2021, i beni che giungono in UK devono essere importati dal cessionario. In particolare, anche in questo caso ci sono due cessioni di beni consecutive, dal primo cedente IT al promotore della triangolare, soggetto FR e la seconda da FR al soggetto UK extraUE e i beni sono spediti/trasportati direttamente dall’Italia al Regno Unito. Ipotizzando che, anche in questo caso, il trasporto resti a cura dell’operatore francese FR, se le merci vengono consegnate in Italia a FR il quale ne cura l’esportazione, il primo cedente IT effettuerà una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), DPR 633/1972. La cessione da FR a UK sarà anch’essa un’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 146, par. 1, Direttiva Iva.

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