La dichiarazione doganale
Come anticipato, per favorire un’introduzione graduale degli adempimenti di importazione il governo inglese ha previsto tre diverse fasi temporali: dal 1° gennaio al 1° luglio 2021. Le agevolazioni riguardano esclusivamente i cd “standard goods” che sono comunque la maggior parte dei beni (quali ad esempio i prodotti di abbigliamento ovvero i prodotti alimentari) e non anche i controlled goods che comprendono, ad esempio, merci con requisiti doganali aggiuntivi quali i prodotti soggetti ad accise ovvero i medicinali ovvero merci soggette a controlli sanitari e fitosanitari ovvero alcuni prodotti strategici come l’acqua in bottiglia.
Per questi beni dal 1° gennaio è obbligatorio la presentazione della dichiarazione doganale standard e sarà possibile, a seguito di ottenimento di apposita autorizzazione, la presentazione di una dichiarazione semplificata.
Per gli standard goods è invece prevista la seguente scalettatura temporale:
- Dal 1° gennaio 2021 – si può presentare una dichiarazione doganale con un differimento di 6 mesi con possibilità di effettuare gli eventuali pagamenti contestualmente alla presentazione della relativa dichiarazione;
- Da aprile 2021 per tutte le importazioni di prodotti di origine animale (ad esempio carne, miele, latte o prodotti a base di uova) di animali vivi, di prodotti vegetali sarà obbligatorio ottenere anche una pre-notifica e la relativa documentazione sanitaria e fitosanitaria;
- Da luglio 2021 per la movimentazione di beni di qualsiasi tipo sarà obbligatorio presentare in dogana al momento dell’accesso delle merci dichiarazioni complete e pagare i relativi diritti di confine. Presentare, anche, le dichiarazioni di sicurezza e prepararsi ai controlli fisici delle merci direttamente in dogana.
Per la presentazione della dichiarazione d’importazione l’operatore deve essere dotato di codice Eori GB. Il codice che non necessariamente coincide con la partita Iva UK si ottiene anche on line con richiesta diretta all’amministrazione finanziaria (HMRC). Per il rilascio del codice le istruzioni inglesi prevedono un tempo di 5 giorni dalla presentazione dell’istanza. Per quanto riguarda l’Irlanda del nord si prevede un codice di identificazione speciale (XI in luogo a GB) in modo che dopo il 31 dicembre 2020 le merci vendute e trasportate fra i due territori dell’UE e dell’Irlanda del nord siano trattate come se fossero forniture transfrontaliere di merci all'interno dell'UE.
Dilazione di pagamento di dazi ed Iva
Al fine di permettere agli operatori di ottimizzare i flussi di cassa, L'HMRC ha annunciato che dal 1° gennaio 2021, ad ogni operatore registrato ai fini IVA in UK verrà concesso di contabilizzare e saldare l’IVA all’importazione (aliquota standard corrente del 20%) direttamente in dichiarazione trimestrale (Postponed VAT Accounting) qualora:
- Le merci importate siano impiegate nell'attività dell'importatore;
- Il codice EORI dell'importatore sia presente in dichiarazione doganale;
- La partita IVA dell'importatore sia indicata sulla dichiarazione doganale.
Per quanto riguarda i dazi dal 1° gennaio 2021 è concesso agli operatori di differirne il pagamento qualora si qualificassero per l’utilizzo del Duty Deferment Account (DDA) che consente di pagare mensilmente anziché per singole importazioni o al rilascio delle merci da un deposito doganale. L’opzione permette il differimento (anche dell’IVA a chi non avesse partita IVA UK) fino ad un importo di £10.000 mensili. Per importi superiori, è richiesto il rilascio di una garanzia bancaria.
Ai non residenti non è concesso il beneficio di cui sopra a meno che non abbiano una filiale o una stabile organizzazione sul territorio.
Una volta presentata ed approvata la domanda di autorizzazione, è generato un codice identificativo e un importo massimo per il differimento per uso diretto o tramite un intermediario (agente o impresa di logistica) incaricato dall’importatore. Tra le raccomandazioni fornite dal HRMC c’è quella di affidarsi ad un intermediario che sia abilitato all’utilizzo del sistema di gestione doganale e che sia dotato di un badge elettronico CHIEF rilasciato dall’autorità doganale.
Utilizzo regime sospensivi
Dal 1° gennaio 2021 anche con UK è possibile utilizzare i regimi speciali doganali. In particolare, si ritiene particolarmente strategico il ricorso ai depositi doganali che consentono alle merci di sospendere dazi e Iva fino a che non vengono immessi in libera pratica. In altre parole, con il regime del deposito doganale l’operatore può procedere all’importazione solo quando ha già venduto i beni imponendo contrattualmente che l’importazione e i relativi oneri siano assolti direttamente dal cliente locale al momento dell’acquisto.
A seguito dell’importazione in UK, per le successive operazioni interne verso acquirente locale l’operatore Ue deve assumere una posizione fiscale per fatturare le singole transazioni con Iva inglese. Nella maggior parte dei casi è sufficiente l’assunzione di una partita Iva e non anche la costituzione di una stabile organizzazione.
Sul piano operativo potrebbero verificarsi una delle seguenti situazioni:
- L’azienda UE agisce come importatore delle merci spedite in UK identificandosi ai fini IVA in UK e accollandosi le imposte e i dazi all’importazione da recuperare o differire in base alle nuove regole. Il luogo di fornitura dei beni diventerebbe UK il che determinerebbe anche l’aliquota IVA applicabile per la rivendita, stoccaggio o lavorazione prima della consegna al cliente finale.
- L’azienda UE sceglie di tenere scorte in UK (in deposito doganale o meno) ed evadere ordini sul territorio UK. Ciò richiederebbe nuovamente all’azienda UE di registrarsi in UK con le stesse modalità di cui all’alinea precedente.
Per entrambe le alternative, e necessario che l’operatore UE nomini un rappresentante fiscale o si identifichi direttamente in UK (opzione quest’ultima più utilizzata) ottenendo così una partita IVA interna.
È particolarmente interessante sottolineare che dal 1° gennaio 2021 nulla cambia per l’identificazione ai fini Iva in UK. Pertanto se un operatore possiede già un’identificazione o un rappresentante fiscale in UK potrà continuare ad operare con la posizione aperta prima della predetta data.
Sul piano operativo, dunque, guardando l’intera operazione dall’importazione alla vendita al cliente finale l’impresa unionale dovrà per l’importazione acquisire un codice Eori GB, successivamente per l’operazione interna dovrà, ai fini Iva, identificarsi o nominarsi un rappresentante fiscale in UK. Con il codice eori potrà effettuare l’importazione e successivamente con l’identificativo provvederà a fatturare con Iva inglese la cessione interna.
Da questo punto di vista sarà particolarmente importante che il cedente analizzi prima il prodotto da commercializzare per verificare in anticipo l’aliquota Iva da applicare, in quanto in UK esistono diverse aliquote ridotte e addirittura delle aliquote zero che derivano da misure adottate prima dell’adesione di GB all’UE. Ovviamente tale situazione di divaricazione rispetto all’Unione Europea in futuro potranno aumentare in relazione alla piena autonomia che scaturisce per UK dalla Brexit.
Infine, per la liquidazione e versamento dell’imposta dovrà, predisporre un’apposita contabilità e dovrà presentare delle dichiarazioni periodiche trimestrali.
Vendite on line
Per il commercio elettronico verso consumatori finali dal 1° gennaio 2021, all’importazione rimane in vigore la franchigia doganale di 135£ e sarà eliminata la franchigia Iva per i beni di modesta entità che attualmente è pari a 15£. Entrambe saranno portate in dogana a 135£. Al contrario, per le operazioni interne le regole prevedono la tassazione per ogni tipo di transazione. Pertanto l’operatore UE che vuole effettuare vendite on line verso consumatori finali, anche per operazioni di importi modesti, potrà importare i beni senza pagamento dell’imposta in dogana, ma dovrà assoggettare ad Iva la cessione domestica.
Importazione - origine preferenziale
La conclusione dell’accordo commerciale tra UK e UE, come già evidenziato, apre la strada a scambi di merci più semplici, senza limiti di quota e cosa più importante senza dazi, ma a condizione che i beni scambiati siano doganalmente originari di una delle due parti. In effetti, per ottenere l’azzeramento dei dazi negli scambi tra UE e UK, il problema da risolvere per l’esportatore cedente e l’importatore acquirente è quello di dimostrare che la merce oggetto dell’operazione doganale abbia origine preferenziale di uno dei due territori oggetto dell’accordo stesso.
Purtroppo, ad oggi (speriamo che la cosa si risolva velocemente) non risulta ancora implementato il sistema REX che attraverso una procedura di registrazione dell’esportatore condivisa dagli Stati interessati consente di assicurare le dogane sull’origine dei beni.
Affinché un bene possa dirsi di origine preferenziale, sono necessari due requisiti, uno sostanziale ed uno, al momento molto delicato, formale, di impatto in maniera particolare sul lato delle verifiche e dei controlli, che sono un’ulteriore rilevante incognita legata a Brexit.
Sul piano sostanziale, le regole si registrano particolarmente favorevoli, addirittura migliorative di quelle già in essere negli scambi tra UE ed altri Paesi accordisti. Se i beni interamente ottenuti o sufficientemente lavorati nell’UE beneficiano del dazio zero in UK, e viceversa, le aperture di rilievo non sono poche, visto che le regole di lavorazione sono di particolare favore, come si registra nel settore automotive. Sul piano formale, invece, esiste ancora oggi un vuoto normativo ed uno applicativo, per i quali sono necessari chiarimenti da parte (almeno) dell’autorità doganale. In concreto, infatti, è ora noto che l’origine preferenziale delle merci è affidata ad una specifica dichiarazione da parte dell’esportatore o ad una dichiarazione di conoscenza rilasciata direttamente dall’importatore, il tutto secondo le regole fissate nell’accordo (art. 5 Parte II del Trade and Cooperation Agreement).
Dunque, la prova delle preferenze è duale, rilasciata dall’esportatore, come è e sarà di prassi, ovvero dall’importatore, con una pratica di particolare delicatezza.
Per quanto riguarda l’esportazione, il fornitore dovrà dichiarare l’origine preferenziale delle merci inserendo sulla fattura ovvero su qualunque altro documento commerciale che accompagna la merce, come la packing list o un documento di trasporto, una apposita attestazione che recherà, a regime, il numero di registrazione dell’esportatore che per l’UE è il sistema REX. Questo sistema, come evidenziato, non è ancora implementato e, al momento, questo vulnus è tamponato dalla dichiarazione alternativa messa a disposizione dalle Dogane a tutti gli esportatori con la circolare 49/D/2020. Ovviamente, qualunque sia la forma della dichiarazione, questa sarà possibile a condizione che l’operatore disponga di documenti che dimostrino l’effettiva origine delle merci oggetto di esportazione, dipendenti da diversi fattori collegati alle modalità di produzione o di acquisto delle merci, dandone perfetta evidenza (sulla tracciabilità, ad esempio, si richiama l’ultimo Reg. Ue n. 2254.20 sulle dichiarazioni dei fornitori).
Questo sistema è dunque ancora ibrido ed in transizione, ragione per cui sarà spesso necessario optare per la seconda modalità di attestazione di origine, quella autocertificata dagli importatori, utile per esempio per le transazioni standard e ripetitive, oppure per quelle infragruppo. Tuttavia, anche su questo punto, mutuato dall’accordo UE/Giappone, le incertezze non sono poche, non avendo l’Italia sviluppato una prassi amministrativa o un’operatività concreta sul punto. Ad esempio, sul lato import, se l’acquirente deve avere conoscenza che le merci sono originarie UK, è opportuno che disponga di elementi di prova necessari per dimostrare alla dogana che la merce è realmente originaria UK. È chiaro dunque che il tema che si pone è quale siano, per la Dogana, gli elementi che consentano in modo standardizzato la dimostrazione dell’origine preferenziale. Per le prove, anche se sul punto sarebbe utile una presa di posizione dell’autorità doganale, potrebbe farsi riferimento a dichiarazioni di impegno dei fornitori o a schede tecniche di produzione, piuttosto che acquisire tutti i processi di approvvigionamento e di produzione dei singoli beni, spesso impossibili da reperire.