Il flusso dei beni e i resi

Il flusso dei beni e i resi

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Di Sbandi Ettore, Trivigno Marianna

Il tema dei resi della merce nell’ambito delle compravendite internazionali assume impatti decisivi anche per quanto attiene ai profili strettamente doganali ed IVA, presentando costi fiscali potenzialmente elevatissimi in particolare per le imprese operanti nel quadro e-commerce.

Nelle vendite a distanza, infatti, le regole civilistiche e contrattuali impongono ai cedenti di garantire ai propri clienti la possibilità di effettuare il reso della acquistata, anche semplicemente perché non gradita o non idonea all’uso atteso. In questo scenario, dove peraltro i venditori sono commercialmente “costretti”, per parificarsi ai competitor, a garantire tempi per la resa lunghissimi, si calcola che addirittura la metà delle merci spedite da una piattaforma vengano ad essa rese.

Questo genera un costo logistico, operativo, finanziario, di budget enorme che deve essere gestito dagli operatori, ma che trova in dogana uno dei momenti di impatto più elevati in assoluto. Infatti, applicando questo modello alle compravendite internazionali, è evidente che sul piano dichiarativo si generano tre movimenti:

  1. (i) un’esportazione verso il cliente finale,
  2. (ii) un’importazione nel Paese di destino ed
  3. (iii) una (re)importazione nel Paese di partenza della merce.

Dunque si realizzano ben due momenti impositivi con applicazione del dazio e dell’IVA:

  1. (i) il primo nel paese di destino, all’importazione, ed
  2. (ii) il secondo nel paese di (re)importazione.

In questo quadro fattuale si possono tuttavia individuare delle risposte legislative che, non senza difficoltà, permettono almeno di evitare dazi ed IVA alla reimportazione: si tratta delle previsioni delle reintroduzioni in esenzione dai dazi, di cui all’art. 203 del Codice doganale UE, e dell’ipotesi di non imponibilità ex art. 68 del DPR IVA.

La prima norma, quella fondamentale, consente alle merci non unionali che, dopo essere state inizialmente esportate come merci unionali dal territorio doganale dell'Unione, vi sono reintrodotte entro tre anni e sono dichiarate per l'immissione in libera pratica, di essere esentate dai dazi all'importazione, su richiesta della persona interessata. Questa norma, che peraltro si applica anche quando le merci in reintroduzione costituiscono soltanto una frazione delle merci precedentemente esportate fuori del territorio doganale dell’UE, è concessa unicamente se le merci vengono reintrodotte nello stato in cui sono state esportate ed atteso che, per ogni import, l’operazione sia accompagnata da informazioni attestanti che le condizioni per l’esenzione sono soddisfatte.

Il sistema si fonda sul principio per cui le merci con posizione unionale, una volta che sono esportate, perdono definitivamente tale posizione e, pertanto, in caso di rientro devono essere oggetto di una nuova immissione in libera pratica, con pagamento di dazi ed IVA. L’art. 203 CDU deroga a tale principio, consentendo all’operatore di procedere alla reintroduzione delle merci “in franchigia”, senza subire un pregiudizio di natura fiscale in aggiunta all’inconveniente di natura commerciale. 

La procedura ordinaria di reintroduzione prevede però un iter complesso e farraginoso basato su un approccio case by case da parte delle dogane, con analisi di ogni singolo item, visita puntuale delle merci, e necessità di ottenere preventiva autorizzazione per ogni operazione di reintroduzione, con tempi di esito delle bolle che, almeno per come si registrano sul mercato, sono troppo lenti per le esigenze dell’e-commerce. 

È per tale ragione che l’Agenzia delle dogane, sollecitata da più parti, ha introdotto il progetto c.d. “easy free back” che consente agli operatori del mercato elettronico di avere una autorizzazione cumulativa ai rientri in esenzione, insieme ad un numero di controlli drasticamente ridotto, effettuati presso un luogo prescelto dall’operatore e preventivamente autorizzato dall’Autorità.

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