Le novità sulle imposte di produzione e di consumo della delega fiscale e la riforma del quadro UE in materia di tassazione dei prodotti energetici

Le novità sulle imposte di produzione e di consumo della delega fiscale e la riforma del quadro UE in materia di tassazione dei prodotti energetici

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Di Santacroce Benedetto, Sbandi Ettore

La bozza di legge di delega fiscale conferisce al Governo il potere di effettuare interventi di razionalizzazione delle strutture e delle aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica, con l’obiettivo esplicito “di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili”.

Il tutto avviene nel quadro del Green Deal UE e del preesistente quadro normativo armonizzato unionale che tuttavia, ad oggi, è ancora in corso di radicale modifica secondo un processo di riforma che vedrà la luce non prima del 2023; l’Italia tuttavia si prepara al cambio epocale per il sistema delle accise e delle imposte di consumo in generale, per accompagnare le riforme UE per così dire “in tempo reale”, con l’intento di consentire a queste imposte di operare non più secondo una logica eminentemente di cassa, ma come tributi ambientali, in coerenza con i temi della transizione ecologica che vedono ora penalizzati gli elementi inquinanti rispetto alle forme di energia pulita.

La bozza di legge di delega fiscale

Nel dettaglio, la bozza di legge delega demanda al Governo un’attività di adeguamento del sistema delle imposte di fatto molto ampia, realizzando quasi una “fuga in avanti” rispetto allo stato dell’arte attuale, dove la Direttiva Energia n. 2003/96/CE del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità è ancora in corso di modifica che come cennato sarà operativa, si suppone, non prima del 1° gennaio 2023. Vero è, al contempo, che un progetto di legge, presente già oggi, consente al legislatore nazionale di accompagnare il processo di riforma unionale destinato ai prodotti energetici in forma adeguata e lungimirante, specialmente se si considera il carattere assolutamente straordinario della tematica che coinvolge un concreto stravolgimento dell’intero sistema di tassazione dei prodotti energetici.

Infatti, la norma della legge di delega fa riferimento proprio al quadro armonizzato unionale (di fatto alla Direttiva Energia n. 2003/96/CE, prima che alle singole Direttive dedicate al sistema delle accise in dettaglio, come la pure recente Dir. 2020/262/UE), oltre che alle dichiarazioni di intento dello European Green Deal, per delegare al governo un’attività di legislativa di “razionalizzazione” delle “strutture e delle aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili”.

I temi aperti sono dunque moltissimi, anche se comprensibilmente espressi dal legislatore in forma succinta ed in poche righe programmatiche, configurandosi al momento pari quasi a petizioni di principio che tuttavia mirano all’introduzione di tributi di carattere ambientale o addirittura sociale, prima che di mera imposizione su fabbricazione e consumi. Non è esattamente una delega in bianco, però, ma una forma di accompagnamento ad un processo di transizione legislativa che sembra bene seguire fin da subito, senza attendere le riforme UE, prima, e per l’effetto muoversi sul piano interno.

Il primo tema è quello avente maggiore carattere sostanziale, relativo alla modifica della “struttura dell’imposta”, non meglio precisata; si tratta di un indirizzo difficile da inquadrare in un sistema che, per la verità, è molto tradizionale ed ancorato a logiche di riscossione e di verifica che tutto sommato sono piuttosto semplici, attesa la ridottissima platea di soggetti obbligati interessati direttamente dal tributo, anche se non incisi dallo stesso. Il punto resta al momento poco chiaro perché la struttura dell’imposta (principio dell’immissione in consumo, regole di circolazione, soggetti obbligati) è governata dalle norme UE e dunque sarà interessante comprendere gli spazi di manovra individuati dai tecnici. Come si dirà a breve, però, è altrettanto vero che se per “struttura” dell’imposta si intende il suo “principio di applicazione”, allora in effetti può sostenersi che questa stia ora cambiando, perché quello in prossima introduzione è un sistema di applicazione del tributo ad intensità variabile ed in costante aggiornamento (sono previsti piani quinquennali di monitoraggio d parte dell’esecutivo UE), votato non al controllo ed alla tassazione per cassa e per prodotto, ma all’incentivo ed alla tassazione premiale sulla base del classico principio “chi inquina paga” (di più).

Stesso discorso – o, meglio, in continuità con quanto sopra – vale, fondamentalmente, anche per le aliquote, che senz’altro possono già oggi essere indirizzate nel senso della protezione ambientale, ma che in futuro potrebbero essere stravolte con un cambio di criterio di tassazione, addirittura connesso all’efficienza energetica del prodotto destinato a riscaldamento o combustione. Già oggi, però, il legislatore molto può disporre, spingendo ancora di più sui benefici fiscali anche di tassazione indiretta previsti per le energie rinnovabili, ovvero distinguendo l’applicazione delle imposte sul medesimo prodotto realizzato con tecniche diverse (è il caso dei biocarburanti, per esempio, o del biogas) o, ancora, premiando processi di riciclo come avviene per la cogenerazione, ancora oggi troppo penalizzata in quanto resta tassato un processi di efficientamento energetico che in realtà è virtuoso, oppure dettagliando i prodotti ad imposta senza applicare principi di equivalenza in realtà non sempre equi.

L’intento, comunque, è chiaro: premiare la transizione e far diventare l’accisa un tributo sempre più ambientale, in grado di premiare, sulla scorta del sempreverde sopra richiamato principio del chi inquina paga, chi riduce le emissioni di gas climalteranti ed utilizza di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili.

Il quadro delle proposte di riforma UE: l’approccio programmatico sulla struttura dell’imposta

Nell’ambito del programma Fit for 55, la Commissione UE ha presentato un pacchetto di proposte normative con cui poter realizzare gli obiettivi espressi dal Green deal europeo: taglio del 55% delle emissioni nette di anidride carbonica entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e neutralità energetica entro il 2050.

L’obiettivo è estremamente ambizioso e passa per una serie di interventi normativi, i più importanti dei quali comportano la modifica o la revisione delle Direttive sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili, sul sistema di scambio delle emissioni, sui trasporti, nonché nella creazione di Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), di cui si dirà in seguito; ma l’obiettivo passa anche – e soprattutto, per quanto qui di interesse – dalla revisione del quadro europeo della tassazione dei prodotti energetici, oggi regolato dalla Direttiva n. 2003/96/CE, entrata in vigore dal 1° gennaio 2004 ed il cui superamento è probabilmente previsto a far data dal 1° gennaio 2023.

La modifica in vigore muove infatti da un assunto che si può definire rivoluzionario: per l’esecutivo UE, infatti, non è più sostenibile che il livello di tassazione dei carburanti non sia correlato al loro effettivo contenuto energetico e quindi al loro impatto ambientale; da questo assunto, deriva la volontà di correlare l’imposizione, anziché sul volume dei prodotti, o sul loro peso, al loro concreto contenuto energetico e alla “prestazione ambientale” dei combustibili e dell’elettricità, penalizzando i prodotti energetici da cui derivano più emissioni di Co2 nell’atmosfera. Tutte le aliquote minime saranno dunque espresse in Eur/GJ (gigajoule) per consentire agli operatori e ai consumatori il confronto diretto fra fonti energetiche più e meno inquinanti, anche se dovranno essere applicati, si immagina, criteri di calcolo convenzionali quanto realistici, per consentire agli operatori la conoscenza delle specifiche tecniche di prodotti che a tal fine dovranno altresì essere tracciati e verificati dall’amministrazione finanziaria.

In questo quadro, è di tutta evidenza, saranno massimamente tassati i combustibili fossili, mentre – tema questo molto dibattuto – sarà favorita l’elettricità, oltre ai c.d. biocarburanti e i combustibili rinnovabili di origine non biologica.

Più in dettaglio, l’allegato I dell’ETD stabilisce i livelli minimi di tassazione per: 1. Carburanti, distinguendo tra uso generale di carburante (tabella A) e uso di carburante per scopi specifici (es. agricoltura, come indicato nella tabella B); o 2. combustibili per riscaldamento (Tabella C); o 3. elettricità (tabella D).

Il quadro delle proposte di riforma UE: focus sulle agevolazioni

Oltre al radicale sistema di ristrutturazione dell’imposta, l’obiettivo della sostenibilità è incrementato dalla profonda revisione del sistema delle agevolazioni di cui all’art. 14 della Direttiva, tema questo che interessa, subito, un’ampia serie di operatori commerciali operanti nei settori del trasporto o in genere aventi carattere imprenditoriale.

Anzitutto, si deve rilevare come grande impatto è riservato alla navigazione via mare ed aerea intra UE, oggi a certe condizioni non imponibile tout court. Invece, questi movimenti saranno, in linea di principio, tassati, sebbene con alcune riduzioni e con approccio a scalare con attivazione completa nell’arco di un periodo di 10 anni. Inoltre, esenzioni specifiche rimarranno per le navigazioni in questione, ma saranno previste solo per carburanti alternativi ai fossili e per l’energia elettrica.

Per quanto riguarda l’aviazione, in particolare, si applicheranno tariffe minime ai fini dell’aviazione intra-UE non di affari e dei voli non di piacere, mentre le tariffe minime per i carburanti sarebbero raggiunte in un periodo transitorio di dieci anni, durante il quale i combustibili alternativi sostenibili e l'elettricità beneficerebbero di un’aliquota minima pari a zero.

Per quanto riguarda il trasporto marittimo, invece, le aliquote minime dovrebbero essere quelle applicabili all’uso di carburanti per scopi specifici (Tabella B di cui sopra), quindi inferiori a quelle applicabili all'uso generale di carburanti (Tabella A di cui sopra); analogamente all'aviazione, i combustibili alternativi sostenibili e l'elettricità beneficerebbero di un'aliquota zero transitoria per dieci anni, mentre l’energia elettrica prodotta a bordo di una nave è esentata da tassazione, così come è concessa facoltà agli Stati membri di esentare in tutto o in parte l'elettricità fornita a terra alle navi mentre sono ormeggiate nei porti. 

Per entrambi i settori, la proposta prevede la possibilità di esentare o applicare gli stessi livelli della tassazione intra UE alla navigazione aerea/nautica extra-UE, a seconda del tipo di volo/attività. 

Le ulteriori agevolazioni saranno invece riservate a prodotti green o a casi speciali di categorie private più vulnerabili o di imprese c.d. energivore, oltre alla fissazione di sistemi premiali che i singoli Stati vorranno introdurre, previo via libera del Consiglio.

In dettaglio, la proposta prevede la possibilità di applicare esenzioni fiscali per determinati prodotti/elettricità provenienti da determinate fonti, in particolare: (i) elettricità da fonti rinnovabili e dalla produzione combinata di calore ed elettricità (a condizione che i generatori combinati siano rispettosi dell'ambiente secondo la definizione UE); (ii) combustibili rinnovabili di origine non biologica, biocarburanti avanzati sostenibili, bioliquidi, biogas e prodotti avanzati sostenibili rientranti nei codici NC (Nomenclatura combinata) 4401 e 4402. 

Si prevede inoltre la possibilità di applicare alcune riduzioni fiscali mirate (non al di sotto delle relative aliquote minime) per determinati usi, come nel caso dei combustibili per riscaldamento e dell'energia elettrica utilizzati da famiglie e 'famiglie vulnerabili' (cfr. Art. 17), o a favore di imprese ad alta intensità energetica (cfr. art. 18).

L’introduzione di ulteriori esenzioni o riduzioni “per considerazioni politiche specifiche” richiederebbe come cennato l’autorizzazione o, meglio, l’approvazione unanime degli Stati membri in seno al Consiglio dell’UE.

Il meccanismo della nuova risorsa propria del carbon border adjustement mechanism (CBAM)

In questo si innesta il carbon border adjustement mechanism (CBAM), del quale qui si procede solo ad un accenno, ma che si presenta come un’ulteriore grande sfida per l’imposizione indiretta, questa volta gravante solo per le imprese impegnate negli scambi internazionali.

Si tratta di una misura di politica commerciale che tuttavia è anche risorsa propria dell’UE e, come tale, destinata direttamente al bilancio della stessa, ancorché riscossa dagli Stati membri, puntando a pareggiare il prezzo del carbonio dei prodotti fabbricati all’interno dell’UE e quelli importati, come ad evitare distorsioni o dumping competitivi che sistemi economici meno attenti dell’UE sui temi ambientali potrebbero porre in essere. 

Con complessi, quanto tutti da verificare, sistemi di calcolo (che si suppone dovranno resistere anche a censure che potranno essere mosse da altri sistemi doganali in sede WTO), il meccanismo applicherà lo stesso costo del carbonio a cui sono soggette le produzioni europee per la loro quota di gas serra emessi alle importazioni di determinati prodotti – al momento acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio ed energia elettrica, ma con la prospettiva di un futuro allargamento ad altri beni o alla totalità degli stessi – provenienti da Paesi extra Ue che non impongono costi ambientali sulle emissioni analoghi a quelli europei. 

Lo scopo è ristabilire una parità di costi diretti (come tipico del meccanismo del dazio, del duty) tra le produzioni extra Ue e quelle interne e neutralizzare la convenienza a delocalizzare le produzioni inquinanti verso Paesi con normative ambientali meno rigorose o attente. 

Una volta che il CBAM sarà pienamente operativo la Commissione stima che porterà € 9 miliardi all’anno nelle casse di Bruxelles, con un conto crescente nella considerazione che l’introduzione di questo meccanismo sarà graduale, con attivazione a partire dal 2023 per permettere alle compagnie di adeguarsi e minimizzare l’impatto sul commercio, fino al pieno regime nel 2030.

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