Riforma Fiscale: attese novità per gli ETS e gli ENC
Fra le novità della riforma fiscale vi è spazio anche in riferimento all’Iva degli Enti del terzo settore. L’articolo 7, comma 1, lettera g), della Legge 111/2023 (legge di delega al Governo), pubblicata in GU il 14 agosto scorso, nei principi direttivi per la revisione della disciplina relativa all’imposta sul valore aggiunto, afferma che occorre razionalizzare la disciplina dell’IVA per gli enti del Terzo settore, anche al fine di semplificare gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale, quindi si deve ritenere in riferimento a quelle attività che, seppure afferenti la sfera istituzionale sono caratterizzate soggettivamente e oggettivamente dalla rilevanza IVA. Pertanto entro 24 mesi dal 29 agosto 2023, data di entrata in vigore della suddetta Legge di delega, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario nel cui ambito dovrà occuparsi anche della specifica disciplina riservata a tali soggetti.
Allo stato attuale la relazione illustrativa al provvedimento, in generale, in riferimento all’articolo 2 (Principi generali del diritto tributario nazionale) prevede che alla normativa fiscale degli enti del Terzo settore e di quelli non commerciali vengano apportate modifiche assicurando il coordinamento con le altre disposizioni dell’ordinamento tributario nel rispetto dei principi di mutualità, sussidiarietà e solidarietà.
Nello specifico, in materia di imposta sul valore aggiunto, la stessa relazione illustrativa, afferma che la razionalizzazione della disciplina degli enti del Terzo settore, indicata nella lettera g), si rende necessaria, in primo luogo, in ragione delle modifiche introdotte dalla riforma del Terzo settore che hanno previsto l’applicazione, agli enti di natura non commerciale di cui all’articolo 79 e 82, comma 1 del D.lgs. 117/2017 (CTS), di talune ipotesi di esclusione ed esenzione ai fini IVA, finora previste nei confronti delle ONLUS. Infatti l’articolo 89, comma 7, lettere a) e b) del D.lgs. 117/2017), a suo tempo, ha apportato al Dpr. 633/1972, le seguenti modificazioni:
- all’articolo 3, comma 3, primo periodo, le parole «di enti e associazioni che senza scopo di lucro perseguono finalità educative, culturali, sportive, religiose e di assistenza e solidarietà sociale, nonché delle ONLUS» sono state sostituite dalle seguenti: «di enti del Terzo settore di natura non commerciale»;
- all’articolo 10, comma 1, ai numeri 15), 19), 20) e 27-ter), la parola «ONLUS» è stata sostituita dalle seguenti: «enti del Terzo settore di natura non commerciale».
Si rammenta che le richiamate prestazioni di cui all’articolo 10, comma 1 del Dpr. 633/1972, in riferimento a quelle rese dalle ONLUS e dagli ETS di natura non commerciale, sono relative a:
15) prestazioni di trasporto di malati o feriti con veicoli allo scopo equipaggiati;
19) prestazioni di ricovero e cura compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali;
20) prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale. Sono però escluse dall’esenzione le prestazioni di insegnamento della guida automobilistica ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1;
27-ter) prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo.
L’efficacia temporale di queste modifiche a favore degli ETS non commerciali, sia quelle relative all’articolo 3, sia quelle all’articolo 10 del Decreto IVA, seppure decorra dal 3 agosto 2017, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 104, comma 3, del D.lgs. 117/2017, trova applicazione in base alle previsioni dell’articolo 104, comma 2, dello stesso CTS. Infatti le disposizioni del titolo X del CTS (Regime fiscale degli ETS), senza deroghe per quanto riguarda le previsioni dell’articolo 89, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, dello stesso D.lgs. 117/2017 e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del RUNTS.
E’ il caso di rammentare che il CTS non ha invece operato alcuna modifica in riferimento ai principi inerenti la soggettività passiva degli enti contenuta nell’articolo 4 del Dpr. 633/1972. Non è detto che sulla base del percorso avviato ciò non avvenga nelle fasi che si apprestano ad essere gestite dal legislatore delegato.
Pertanto, allo stato attuale, posto la regolare entrata in vigore del RUNTS e la sua piena operatività, si è in attesa dell’autorizzazione della Commissione europea e ciò comporta che le novità IVA in precedenza descritte non sono immediatamente applicabili agli ETS non commerciali, ma sono, o per meglio dire, restano pienamente applicabili alle prestazioni rese dalle ONLUS. Si ritiene che ciò sussista anche se tali soggetti, nel frattempo, abbiano assunto la qualifica di ETS iscrivendosi al RUNTS. Infatti la disciplina fiscale coerente al sistema delle norme proprie delle ONLUS non cessa fino al momento in entreranno effettivamente in vigore le disposizioni previste per gli ETS attualmente nel limbo dell’attesa autorizzazione europea.
A tendere, appare problematica la posizione delle imprese sociali che sono imprese commerciali dal punto di vista fiscale e non possono essere annoverate fra gli ETS non commerciali, seppure svolgano attività di “interesse generale” con la conseguenza dell’impossibilità, per le prestazioni in argomento, di raggiungere il regime di esenzione da IVA. E’ emblematica la risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate n. 475 pubblicata il 15 luglio 2021 dove si afferma che nel caso di assunzione della qualifica di impresa sociale, ai sensi del D.lgs. 112/2017 da parte di una Fondazione ONLUS, la possibilità di ricondursi tra gli “enti aventi finalità di assistenza sociali” di cui all’articolo 10, comma 1, n. 27-ter DPR 633/1972 e beneficiare della relativa esenzione IVA viene negata. Secondo la risposta la fondazione non può usufruire dell’esenzione IVA di cui all’articolo 10, comma 1, numero 27-ter del Dpr. 633/1972, nell’ipotesi in cui dovesse assumere la qualifica di impresa sociale. L’espressa previsione normativa, articolo 79, commi 1 e 5 del CTS, non ricomprende nell’ambito degli “enti del Terzo Settore di natura non commerciale” l’impresa sociale, per cui la fondazione, una volta acquisita tale qualifica, non potrà rientrare neppure tra gli enti aventi finalità di assistenza sociale che effettuano prestazioni di cui articolo 10, comma 1, n. 27 del Decreto IVA. L’articolo 89, comma 7, lettera b) del CTS, sostituendo la parola “ONLUS” con “enti del Terzo settore di natura non commerciale”, secondo la tesi dell’Agenzia delle entrate, ha evidenziato la volontà del legislatore di escludere dal novero dei soggetti che possono applicare la disposizione contenuta nell’articolo 10, comma 1, n. 27-ter) del Dpr. 633/1972, tutti gli enti che hanno natura commerciale e di conseguenza anche le imprese sociali che per definizione sono enti di carattere commerciale. Sotto questo profilo la riforma dovrà considerare questo fenomeno che appare senz’altro distorsivo in ordine all’accesso al regime di favore a danno dell’utenza destinataria delle suddette prestazioni.
Modifica del regime fiscale attività delle associazioni da escluse a esenti Iva
Nella complessità del quadro che ne deriva e nella transitorietà delle disposizioni richiamate, la relazione al provvedimento rammenta che occorre, altresì, tenere conto delle disposizioni introdotte dall’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 che – prima con decorrenza dal 1° gennaio 2022, poi con decorrenza dal 1° gennaio 2024 ed infine con decorrenza, allo stato attuale, dal 1° luglio 2024, hanno modificato gli articoli 4 e 10 del Dpr. 633 del 1972, riconducendo nel campo di applicazione dell’IVA, in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti non profit di tipo associativo nei confronti dei propri associati e partecipanti. In questo caso la norma non richiama espressamente gli ETS, ma appare improbabile che nel quadro dell’intervento di riforma stante l’orizzontalità del funzionamento del sistema IVA si possano escludere effetti anche sul punto in riferimento agli ETS che al loro interno comprendono anche enti di tipo associativo operanti in tanti settori visto l’ampia gamma di quelli contemplati e classificati come attività d’interesse generale dall’articolo 4 del D.lgs. 117/2017, a cui si deve altresì aggiungere l’ulteriore comparto degli enti e associazioni operanti nell’ambito dello sport.
Tutto deriva dalla procedura di infrazione 2008/2010, attualmente allo stato di messa in mora complementare (C (2019) 4849 final 2019 del 25 luglio 2019, con cui è stato contestato il corretto recepimento nell’ordinamento italiano delle esenzioni di pubblico interesse, di cui all’articolo 132 della Direttiva 2006/112/CE. Con la procedura, la Commissione europea ha eccepito allo Stato italiano l’impossibilità di considerare escluse dal campo di applicazione dell’IVA le operazioni degli enti non commerciali a favore dei loro associati a fronte dell’aumento della quota associativa o dietro corrispettivo specifico.
Il legislatore nazionale, al fine di ottenere l’archiviazione della suddetta procedura d’infrazione, ha proceduto all’adeguamento della normativa nazionale mediante l’articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies, del decreto-legge n. 146 del 2021, convertito dalla legge n. 215 del 2021, con l’obiettivo di rendere la disciplina IVA nazionale delle operazioni effettuate da enti non commerciali a carattere associativo, conforme alle indicazioni dell’articolo 132 della Direttiva IVA prevedendo che tali operazioni siano rilevanti ai fini dell’IVA sebbene venga riconosciuta l’applicazione del regime di esenzione.
La modifica dell'articolo 5, comma 15-quater, del Dl. 146/2021, viene corredata da ulteriori disposizioni integrative contenute nei commi 15-quinquies e 15-sexies che hanno decorrenza di applicabilità inizialmente convergente ed oggi, dopo l'ultima proroga, distinta.
Le novità della norma di modifica |
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Articolo 5 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215 |
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La nuova norma di modifica |
Le norme modificate e le regole relative |
Decorrenza Applicabilità iniziale |
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comma 15-quater |
Articoli 4 e 10 del Dpr. 633/1972 |
Dal 1° gennaio 2022
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comma 15-quinquies |
le ODV e le APS che hanno conseguito ricavi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 applicano, ai soli fini dell’IVA, il regime speciale forfettario (articolo 1, commi da 58 a 63, Legge 190/2014) |
Dal 1° gennaio 2022
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comma 15- sexies |
Le disposizioni di cui ai commi 15-quater e 15-quinquies rilevano ai soli fini dell’IVA |
Dal 1° gennaio 2022
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Si deve ritenere che la proroga sia stata motivata dall'esigenza di attendere che compia il suo percorso di revisione e adeguamento il sistema tributario attraverso l'applicazione dei prinicipi della delega all'interno dei provvedimenti governativi che caratterizzeranno e daranno concretezza e applicabilità alla riforma. Il legislatore delegato, dovrà coordinare l'entrata in vigore della nuova disciplina IVA per gli enti non commerciali, per la specificità degli ETS in considerazione delle variazioni introdotte dal CTS e più in generale dalla riforma anche delle altre norme IVA, secondo lo schema di indirizzo contenuto nell'articolo 7, comma 1, lettera g) della Legge 111/2023, ma anche, si può pensare, per la necessità di rendere coerente l'ordinamento speciale degli ETS anche intervenendo nella modifica del CTS.
Le proroghe per l’applicabilità della norma |
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Articolo 5 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215 |
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Le norme modificate |
La norma di proroga |
Si applicano a decorrere dal |
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commi 15-quinquies e 15-sexies prevedono, rispettivamente, che le ODV e le APS che hanno conseguito ricavi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 applicano, ai soli fini dell’IVA, il regime speciale forfettario (articolo 1, commi da 58 a 63, Legge 190/2014) e che le disposizioni dei commi 15-quater e 15-quinquies rilevano ai soli fini dell’IVA |
articolo 1, comma 683, primo periodo, legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio 2022) |
1° gennaio 2024
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comma 15-quater di modifica degli articoli 4 e 10 del Dpr. 633/1972, soggettività passiva e esenzione delle operazioni invece che esclusione dall’IVA |
articolo 4, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 luglio 2023, n. 87 |
1° luglio 2024
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Il fatto che le modifiche agli articoli 4 e 10 del Dpr. 633/1972 intervengano ed abbiano efficacia in corso di anno (almeno come attualmente previsto), non renderà semplica la transizione all'interno del periodo d'imposta. E' però probabile che entro il 1° luglio 2024 possa non avere avuto conclusione l'iter di riordino normativo e che ciò consenta di spostare in avanti, ad esempio all'inizio di un ulteriore diverso periodo d'imposta, l'applicazione delle nuove regole in modo tale da consentire il coordinamento dell'entrata in vigore dei provvedimenti e una più agevole attività da parte di coloro che dovranno dare seguito effettivo a procedure e gestione contabile relativa.
Non appare affatto improbabile che in quest'incrocio di tempi e di norme, vi possano essere anche modifiche che permettano di ottenere l'agognata autorizzazione della UE al regime fiscale degli ETS che è tuttora bloccato in gran parte.
Prestazioni degli ENC da escluse a esenti IVA e soggettività passiva
Allo stato attuale e salvo nuove modifiche ed interventi relativi, con la decorrenza dell'applicabilità delle rilevanti modifiche sulla gestione IVA degli Enti non commerciali di tipo associativo, si assisterà a notevoli cambiamenti. I corrispettivi di queste prestazioni (attualmente qualificate in regime di non assoggettamento ad Iva in quanto fuori dal campo di applicazione dell'imposta), rientreranno nel novero delle operazioni in campo Iva, con trattamento di esenzione in base all'articolo 10 del Decreto IVA.
Le novità in argomento, con applicazione differita al 1° luglio 2024 ad opera della legge di bilancio 2022 e del DL 51/2023 (contenente quest'ultimo le disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale), modificano quindi le disposizioni concernenti il requisito soggettivo degli enti, previsto nell'articolo 4 del Decreto IVa, ed il trattamento oggettivo di alcune operazioni poste in essere qualificandole esenti IVA e tenuto conto di specifici requisiti soggettivi che sottintendono l'assenza della finalità lucrativa dell'ente (nonché la democraticità e la trasparenza della vita associativa dello stesso, in base all'articolo 10, rispettivamente ai commi 4 e 5 del Dpr. 633/1972).
Quindi, con la suddetta decorrenza e secondo l'attuale quadro normativo, vengono attratte alla rilevanza IVA e perdono il carattere di operazioni escluse:
- le cessioni di beni, comprese le pubblicazioni, e le prestazioni di servizi effettuate da alcuni enti (associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica) nei confronti dei loro soci verso pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari;
- le cessioni e le prestazioni effettuate dai partiti politici in occasione di manifestazioni propagandistiche;
- le somministrazioni di alimenti e bevande rese da associazioni di promozione sociale nei confronti dei propri soci.
Vengono invece ricomprese fra le operazioni esenti IVA di cui all'articolo 10 del Dpr. 633/1972, sempre che non provochino distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali:
- le prestazioni e le cessioni ad esse strettamente connesse effettuate verso corrispettivi specifici da taluni enti associativi nei confronti dei soci;
- le prestazioni strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese dalle associazioni sportive dilettantistiche;
- le cessioni e prestazioni effettuare in occasione di manifestazioni propagandistiche;
- le somministrazioni di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale.
Va evidenziato che il trattamento di esenzione non è automatico e resta subordinato alla condizione per cui le operazioni non provochino distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali e alle ulteriori condizioni stabilite dal nuovo comma 5 del medesimo articolo 10. Questo approccio suscita più di una perplessità dal momento che la previsione che prevede l'applicabiltià dell'esenzione subordinatamente all'assenza di distorsione della concorrenza opera una limitazione senza offrire un parametro oggettivo di riferimento che consenta ai soggetti che pongono in essere le operazioni di stabilirne con certezza l'esenzione o l'imponibilità. Si tratta di vedere se questo aspetto verrà chiarito nell'evoluzione normativa che si dovrebbe realizzare in attesa dell'entrata in vigore o resti il contesto d'incertezza segnalato.
Dal punto di vista soggettivo sono interessati alla variazione gli enti non commerciali rientranti nelle categorie degli enti di tipo associativo: le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose (anche riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese), assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, nonché i partiti politici. certamente un ambito soggettivo molto più ampio di quello costituito dalla categoria degli ETS.
L'eliminazione della deroga normativa circa la commercialità IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate in conformità alle finalità istituzionali da parte dei soggetti indicati provoca l'effetto di configurare la sussistenza del presupposto soggettivo in capo a questa categoria di enti non commerciali con tutte le conseguenze del caso in relazione agli obblighi stabiliti dal Decreto IVA.
L'acquisizione della soggettività passiva IVA deriva dalla modifica normativa seppure rimanga costante il comportamento delle associazioni ed enti interessati nel porre in essere determinate operazioni e cessioni rientranti nella loro attività d'ispirazione e derivazione istituzionale.
Ciò determinerà la necessità di richiedere l'attribuzione di un numero di partita IVA anche per quegli enti che prima non l'avevano perché non rientravano nel primetro dei soggettivi passivi IVA e quindi entrare nella prospettiva degli adempimenti IVA ricorrenti a partire dalla fatturazione e registrazioni delle operazioni, nonché delle LIPE e dichiarazioni annuali.
Va tenuto presente che l'ente interessato divenuto titolare di partita IVA, contando sul fatto di poter porre in essere solo operazioni esenti da IVA, potrebbe optare per il regime della dispensa degli adempimenti di cui all'articolo 36-bis del Dpr. 633/1972. Questo comporterebbe la possibilità di godere dell'esonero della fatturazione e registrazione, nonché dalla presentazione della dichiarazione IVA annuale. Tuttavia, la presenza di acquisti sottoposti al regime del reverse charge, quando posti in essere da nuovi soggetti passivi IVA, come nel caso degli enti non commerciali soggetti a queste nuove disposizioni, non consentirebbe di sfuggire all'obbligo di svolgere la funzione del debitore d'imposta e quindi l'assolvimento dell'IVA con gli adempimenti prevesti dall'articolo 17 del Dpr. 633/1972 (ma unicamente per acquisti inerenti l'attività commerciale ai fini IVA), così come le altre eventuali operazioni di acquisto intraUE o di servizi esteri, ma in questo caso sia per la parte commerciale sia per la parte istituzionale (in applicazione delle regole contenute nel Dl 331/1993).
Dovrebbe resistere, rispetto agli obblighi di soggettività passiva IVA, la posizione delle organizzazioni di volontariato (OdV) che, fino all'efficacia dell'abrogazione stabilita dal D.lgs. 117/2017 connessa all'entrara in vigore del regime fiscale degli ETS, potrebbero continuare ad applicare l'articolo 8 comma 2 della Legge 266/1991 dove si prevede che le operazioni effettuate dalle OdV, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni né prestazioni di servizi ai fini dell'IVA.
Il legislatore, fra i destinatari delle nuove regole, non avrebbe considerato di indicare espressamente, come già accennato, gli Enti del Terzo Settore costituiti sulla base delle regole introdotte dalla relativa disciplina (CTS). In sostanza non si richiama in modo specifico il comparto del D.lgs. 117/2017 ed in particolare si nota come per le associazioni di promozine sociale (APS), il richiamo è per quelle ricomprese tra gli enti di cui alla legge 287/1991 e non all'articolo 35 del CTS. In base alle norme oggi vigenti se non vi saranno ulteriori interventi di modifica (molto probabili per garantire il coordinamento), allo stato attuale, ma anche successivamente, l'ambito di applicabilità potrà riguardare soggetti non profit che rientrano fra gli enti del terzo settore, ma anche gli altri che non iscrivendosi al RUNTS potranno restare enti non commerciali applicando le regole fiscali ordinariamente previste ai fini IVA e imposte sui redditi senza applicare le speciali regole fiscali degli ETS.
Norma d'interpretazione sul regime IVA dei servizi connessi con la pratica sportiva e didattici
La circostanza dell'intervento previsto per tamponare il procedimento di infrazione dell'Unione a carico dello Stato italiano, a causa del non corretto recepimento della Direttiva Iva, è stata oggetto di richiamo e conferma da parte dell'Agenzia delle Entrate in occasione della consulenza giuridica n.7 pubblicata il 23 dicembre 2022 dove ha affrontato la problematica relativa al trattamento IVA applicabile ai corrispettivi percepiti dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche per lo svolgimento dell'attività di formazione sportiva calcistica impartita ai bambini e ragazzi fino ai 12 anni di età.
Fino al 31 dicembre 2023 ed ora fino al 30 giugno 2024, in base all'articolo 4, comma 4 del Dpr. 633/1972, l'attività posta in essere dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche nei confronti degli associati ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali resta esclusa dal campo di applicazione dell'IVA.
Questa affermazione deve tuttavia coordinarsi e tenere conto delle novità che derivano dall'articolo 36-bis del Decreto legge 75/2023, inserito in conversione dalla legge 112/2023, che si esaminano nel seguito, la cui portata può introdurre più di una problematica, alcuni ritengono da subito.
Pertanto, come detto, per tutto l'anno 2023 ed i primi sei mesi del 2024, anche l'attività di formazione sportiva effettuata dalle ASD potrebbe restare ancora esclusa dall'IVA, se resa a fronte di corrispettivi specifici:
- nei confronti degli associati ovvero di altre associazioni che svolgono la medesica attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
- nei confronti di soggetti che, pur non rivestendo la qualifica di associati, ma unicamente quella di frequentatori e/o praticanti, risultino "tesserati dalla rispettive organizzazioni nazionali", cioè che risultino tesserati della Federazione Sportiva Nazionale, dell'Ente di Promozione Sportiva o della Disciplina Sportiva Associata cui è affiliato l'ente sportivo dilettantistico non lucrativo, in conformità alle indicazioni dell'articolo 148, comma 3 del Dpr. 917/1986 (circolare n.18/E/2018)
Invece l’attività di formazione sportiva assume il profilo di rilevanza IVA, ove venga effettuata nei confronti di soggetti che non hanno né la qualifica di associati, né risultano “tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”, in linea con le indicazioni della circolare 18/E/2018, non risultando sufficiente il semplice status di frequentatori e/o praticanti per applicare il presupposto dell’irrilevanza IVA. Sul punto l’Agenzia delle entrate ha confermato che i corrispettivi derivanti dall’attività di formazione sportiva sono da assoggettare ad IVA nella misura ordinaria dal momento che mancano i presupposti per ricondurre questa attività di formazione al regime di esenzione di cui all’articolo 10, numero 20), del Dpr. 633/1972 (cfr. risposta ad interpello n. 393 pubblicata il 27 luglio 2022).
RISPOSTA A INTERPELLO N. 393 pubblicata il 27 luglio 2023 |
L'agenzia delle Entrate conferma che i corrispettivi derivanti dall’attività di formazione sportiva sono da assoggettare a Iva nella misura ordinaria, dal momento che mancano i presupposti per ricondurre questa attività di formazione al regime di esenzione di cui all’articolo 10, numero 20), del Dpr 633/1972, sulle prestazioni di servizi didattici e formativi strettamente connessi con la pratica dello sport, rese dagli organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici, nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica. |
L'emanazione dell'articolo 36-bis del DL. 75/2023, rubricato "Regime dell'IVA per le prestazioni di servizi connessi con la pratica sportiva e norma di interpretazione autentica", in vigore dal 17 agosto 2023, opera sul punto un cambiamento significativo. Vi si prevede, al comma 1, che le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l'educaizone fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n.36, relativo alla riforma dello sport, sono esenti dall'IVA.
Inoltre, le prestazioni di servizi didattici e formativi di cui al comma 1 dell'articolo 36-bis, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversine del Decreto legge 75/2023, si intendono comprese nell'ambito di applicaizone dell'articolo 10, comma 1, numero 20), del Dpr. 633/1972.
La portata della norma si deve ritenere essenzialmente transitoria per le evidenti criticità di coordinamento con le regole della direttiva comunitaria in materia di IVA e l'approccio restrittivo dell'interpretazione della Corte di Giustizia UE, in particolare dove applica il regime di esenzine con effetto retroattivo con l'interpretazione autentica (tentando così di superare la prassi contraria cfr. interpello n.393 del 27 luglio 2022).
E' ragionevole che anche questa disposizione entrerà nel focus di attenzione per le attività di riordino della disciplina IVA, non solo per il contrasto con le regole europee, ma anche in relazione al fatto che all'entrata in vigore dell'articolo 5, comma 15-quater, del DL 146/2021, verrà a determinarsi una sovrapposizione normativa in riferimento all'esenzione IVA per le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport e dell'educazione fisica a cui dovrà essere riservato un intervento di coordinamento non potendo rilevare il fatto che le due norme abbiano profili applicativi soggettivi e oggettivi diversi, per quanto in particolare riguarda i destinatari dell'agevolazione e l'insieme di prestazioni esenti.
A parte le suddette problematiche, alcuni hanno visto nell'emanazione di tale disposizione un sostanziale anticipo delle regole portate proprio dal comma 15-quater illustrato in precedenza, dal momento che porterebbe alla classificazione in regime IVA, anche se esente (ai sensi dell'articolo 10), le operazioni e prestazioni rese da parte degli organismi senza fine di lucro (comprese le società sportive dilettantistiche i cui statuti non prevedono il riparto degli utili), creando le condizioni anche per l'immediata necessità di acquisizione della soggettività passiva IVA.
Stante il silenzio della relazione illustrativa al provvedimento e l'esistenza delle regole del comma 15-quater del DL. 146/2021 con efficacia differita a luglio 2024, si può invece anche ritenere che per il periodo almeno fino al 30 giugno 2024, non cambino i principi, anche interpretativi, che portano a classificare talune operazioni, come in precedenza indicato, in regime fuori campo applicazione IVA e che non comportano la variazione in tema di soggettività passiva. Tanto che la variazione del regime e la portata dell'interpretazione autentica che lega le attività dei soggetti indicati dall'articolo 36-bis alle ipotesi di esenzione in base all'articolo 10 per tutte le fattispecie di operazioni contemplate, trovi concretezza unicamente in riferimento alle prestazioni rese già in regime di soggettività passiva IVA e quindi già nel campo IVA, con la conseguente applicazione del regime di esenzione in luogo dell'imponibilità senza altri sconvolgimenti d'inquadramento all'interno del lasso temporale.