Via stretta per la revisione delle aliquote Iva tra i vincoli unionali e finanziari

Via stretta per la revisione delle aliquote Iva tra i vincoli unionali e finanziari

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Di Santacroce Benedetto

La revisione delle aliquote Iva sia in termini di numero che di contenuto costituisce uno dei temi della delega fiscale più difficile da declinare, in quanto sottoposto a diversi vincoli che, in pratica, limitano l’azione del legislatore delegato. La specifica riforma deve rispettare: (i) stretti vincoli imposti da ragioni finanziarie;  (ii) limiti imposti dalla legislazione unionale; (iii) la necessità, sentita da tutti e non solo dai contribuenti, di modernizzare e razionalizzare le voci contenute nella vigente legislazione.

Entrando più in dettaglio di tali vincoli, il limite finanziario condiziona non poco le scelte del legislatore, in quanto la modifica di singole voci della tariffa Iva ovvero lo spostamento di un’aliquota comporta degli effetti o per il gettito dell’erario o per i consumatori finali del bene oggetto della modifica, con conseguenze per tutta la relativa filiera economica.

I vincoli più stringenti arrivano, però, dall’Europa e in particolare dalla direttiva 2022/542/UE, direttiva che il legislatore deve applicare a cominciare dal prossimo 7 ottobre 2023. La direttiva, come vedremo in dettaglio, non impone solo limiti sul numero, e  il livello delle aliquote ridotte, ma anche in relazione ai contenuti e agli scopi che risultano, a livello unionale, particolarmente meritevoli di agevolazione. Sotto questo profilo, la norma europea vuole, in particolare, favorire con l’introduzione di aliquote ridotte  la transizione ecologica, la digitalizzazione e la protezione della salute, perseguendo finalità di interesse generale e sociale con vantaggi specifici per il consumatore finale.

Infine, le nuove regole introdotte (e-commerce) o da introdurre negli scambi Intra UE che estendono sempre di più l’utilizzo dell’OSS (one stop shop) impongono una forte riflessione sui meccanismi applicativi delle singole voci per vincolare e rendere più stabili e certe le aliquote relative alle singole operazioni. In particolare, proprio a seguito dell’estensione dell’OSS gli operatori per effettuare transazioni negli altri Stati membri devono conoscere e applicare in modo semplice le aliquote di tutti e 27 gli Stati membri. In questo senso diventa sicuramente cogente una riscrittura della tariffa allegata al Dpr 633/72 che riporta prescrizioni ormai datate e di sempre difficile applicazione (ad esempio: voci doganali del tutto superate). 

La delega per le aliquote

I vincoli sopra individuati risultano ancora più chiari se si leggono e si analizzano i criteri che la legge delega impone al legislatore delegato. In particolare, l’art. 7, comma 1 lettera c) della L 111/2023 stabilisce espressamente che i decreti delegati in materia di  aliquote devono rispettare i seguenti principi e criteri: “razionalizzare il numero e la misura delle aliquote dell’Iva secondo i criteri posti dalla normativa dell’Unione europea, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento per beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggiore rilevanza sociale” 

È chiaro che il dettato normativo, sottolineando i predetti vincoli stimola il legislatore ad adoperarsi, in modo particolare, per la:     

  • Razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote esistenti
  • Omogeneizzazione e riclassificazione di beni e servizi

Sempre in materia di aliquote l’art. 7, comma 1 lett. e) prevede la riduzione dell’Iva all’importazione di opere d’arte e l’estensione di aliquote ridotte per le cessioni di oggetti d’arte, di antiquario e da collezione.

La relazione governativa che ha accompagnato il disegno di legge entra più in dettaglio sugli scopi che si prefigge la norma in materia di aliquote, ribadendo i vincoli unionali e strutturali dell’intervento e con specifici riferimenti raffreddando quelle che possono essere le aspettative di novità.  In particolare, sull’omogeneizzazione delle aliquote applicabili a beni e servizi similari aggiunge un avverbio “tendenzialmente” e richiama i vincoli unionali della direttiva 2022/542/UE. Sul numero e i livelli delle aliquote inserisce un “qualora sia necessario” per vincoli europei, sottintendendo che la volontà non è quella di una razionalizzazione sistematica della tariffa, ma bensì alcuni interventi chirurgici e più che altro di adeguamento alla citata direttiva del 2022.

Quindi se volessimo dire la relazione di accompagnamento va a limitare gli effetti di modifiche che sarebbero non solo utili, ma necessarie per il corretto funzionamento del mercato e per rafforzare la certezza del diritto.  

In questo intervento, lasciando ad un apposito approfondimento i profili di interesse relativi agli oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione, cerchiamo di verificare gli effetti reali e attesi dell’attuazione della delega nella specifica materia.

Razionalizzazione aliquote

In primo luogo, la razionalizzazione passa attraverso la revisione del numero e della misura delle aliquote esistenti in linea con i criteri fissati dalla norma unionale. Questa previsione comporta, oltre al mantenimento di due aliquote ridotte pari o superiori al 5% e di un’aliquota super-ridotta sotto al 5% (attualmente 4%) anche la previsione (del tutto innovativa) di un’aliquota zero con diritto a detrazione. Proprio in riferimento a questa aliquota e con lo scopo di agevolare quei beni e quei servizi che sono destinati a soddisfare le esigenze di maggior rilevanza sociale ci si attende, ad esempio, la previsione di facilitazioni per la pasta, il pane ovvero per servizi soci sanitari ovvero, un’ulteriore riduzione, per i beni destinati a lattanti, bambini e anziani.

Come anticipato però tutte le modifiche volute o solo auspicate trovano un limite nella direttiva 2022/542/Ue per la quale ci sembra necessario a questo punto fare qualche approfondimento per capire meglio i limiti del legislatore delegato.

La direttiva sulle aliquote ridotte  

Con la Direttiva 2022/542/UE, il legislatore europeo ha ridisegnato il complesso quadro normativo delle aliquote ridotte in un’ottica, come già anticipato in precedenza, di favorire i settori dell’ecosostenibilità, della digitalizzazione e delle politiche sociali.

La previsione di aliquote ridotte in materia Iva costituiva, nell’intenzione originarie del Legislatore europeo e nazionale  uno strumento per attenuare il carico Iva in riferimento all’acquisto di determinati beni e servizi (si pensi, ad oggi, al caso della prodotti alimentari) e un meccanismo per combattere le frodi e ridurre il vantaggio che aliquote elevate producono in capo agli evasori (si pensi al caso delle ristrutturazioni in edilizia).

Finora, però, gli Stati non hanno potuto gestire in piena autonomia le aliquote perché il loro utilizzo può generare sul mercato interno delle distorsioni. Con l’approvazione della Direttiva 2022/542/UE, qualcosa di sostanziale è cambiato anche perché il provvedimento unionale prova a garantire, a discapito della politica di armonizzazione finora perseguita, un’ampia flessibilità nella loro determinazione. Una liberalizzazione delle aliquote sarà concretamente possibile quando entrerà a regime il sistema definitivo degli scambi intraunionali, fondato su un principio di tassazione a destinazione per cui l’applicazione di aliquote differenziate non dovrebbe più avere un effetto distorsivo.

L’obiettivo della Direttiva, tuttavia, non è quello di determinare un’eccessiva differenziazione delle aliquote e, pertanto, per evitare tale effetto, fissa paletti stretti. Per la prima volta, attraverso questo indirizzo, le autorità di Bruxelles spingono gli Stati anche verso obiettivi specifici. L’aliquota ridotta dev’essere applicata solo per favorire il consumatore finale o per perseguire finalità specifiche: si pensi alle politiche sociali che rivoluzioneranno l’uso dell’aliquota ridotta per l’edilizia abitativa; oppure alle politiche ambientali che ridurranno le aliquote per i pannelli fotovoltaici applicati alle abitazioni o per le biciclette elettriche e che, al contrario, aumenteranno le aliquote per pesticidi e altri prodotti inquinanti.

Gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2024 per adeguare le proprie aliquote, in particolare quelle ridotte, ai nuovi parametri introdotti sul piano europeo. La riforma consente a tutti gli Stati di applicare a determinati beni e servizi - quelli dell’allegato III alla Direttiva 2006/112/CE - un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5%, un’aliquota ridotta inferiore al minimo del 5% e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte.

Entrando più nel dettaglio del novellato art. 98 della Direttiva 2006/112/CE, gli ordinamenti nazionali potranno:

  • applicare aliquote ridotte non inferiori al 5% a cessioni o prestazioni di servizi contemplate da un massimo di 24 punti dell’allegato III;
  • applicare un’aliquota inferiore al 5% e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte, ma solo a cessioni di beni/servizi previsti da un massimo di 7 punti dell’allegato III, scelti tra le cessioni di beni o prestazioni di servizi diretti a soddisfare esigenze di base (ad esempio, cessioni di prodotti alimentari, medicinali, trasporto di persone, etc.).

Definite le regole generali sul tema, il Consiglio UE prende atto che, allo stato attuale, esistono varie deroghe che consentono a determinati Stati membri di applicare aliquote inferiori giustificate da motivi geografici, sociali e così via. Al fine di garantire la parità di trattamento, è aperta la possibilità a tutti gli Stati membri di applicare aliquote inferiori agli stessi beni e servizi a cui sono applicabili aliquote inferiori in altri Stati membri e alle stesse condizioni. Questa ed altre disposizioni costituiscono una sorta di “regime temporaneo” di deroga alle regole dell’art. 98, destinato ad avere vita al massimo fino al 1° gennaio 2032 e, se anteriore, al momento dell’adozione del regime definitivo.

Come anticipato, la nuova Direttiva intende dare il proprio contributo alla cd. transizione ecologica, incentivando dal punto di vista della tassazione IVA le fonti di energia pulita e penalizzando le altre. A tal fine, in linea con gli impegni ambientali assunti dall’Unione in materia di decarbonizzazione e con il Green Deal, è prevista l’inclusione dei pannelli solari nell’elenco dei beni dell’allegato III e una graduale eliminazione del trattamento di favore per i beni più inquinanti, ritornando gradualmente alla tassazione piena (si veda scheda di dettaglio).

Sul piano della digitalizzazione, la novità prevista dalla Direttiva in commento è quella di fissare la territorialità dell’IVA per gli eventi ed altre attività trasmesse in diretta streaming nel luogo in cui il destinatario è stabilito, potendosi poi applicare ad essi lo stesso trattamento riservato agli eventi/attività che si svolgono in presenza, compresa l’applicazione di un’aliquota ridotta laddove prevista.

Un ultimo elemento rilevante è l’introduzione di un regime IVA “agevolato” da adottare in situazioni di eccezionale emergenza. La pandemia di Covid-19 ha evidenziato la carenza nel quadro giuridico europeo di norme che consentissero agli Stati membri di adottare delle misure straordinarie in tempi rapidi. Così il legislatore europeo ha previsto, per il futuro, che gli Stati membri, autorizzati dalla Commissione ad applicare un’esenzione dall’IVA ai beni importati a beneficio delle vittime di catastrofi, hanno la possibilità di applicare, alle stesse condizioni, un’esenzione con diritto a detrazione per quanto riguarda gli acquisti intraUE e le operazioni interne. Il regime IVA di favore è destinato a decadere nel momento in cui le condizioni non sono più soddisfatte ovvero quando viene meno lo stato di emergenza.

Principali finalità da perseguire con un sistema di aliquote ridotte

Svolta green

 

Digitalizzazione

Pannelli solari inclusi nell’allegato III della Direttiva 2006/112/CE.

L’obiettivo della riforma è quello di consentire a tutti gli Stati di contribuire a un’economia verde, applicando aliquote ridotte alle cessioni e prestazioni rispettose dell’ambiente, con la graduale eliminazione del trattamento preferenziale previsto per le cessioni dannose per l’ambiente:

-       combustibili fossili e altri beni aventi un impatto analogo sulle emissioni di gas a effetto serra (torba e legna da ardere), eliminazione aliquota agevolata entro il 1° gennaio 2030;

-       pesticidi chimici e sui fertilizzanti chimici, eliminazione aliquota agevolata entro il 1° gennaio 2032.

Inclusa nell’allegato III anche la fornitura di energia elettrica e l’installazione di sistemi di riscaldamento (teleriscaldamento e teleraffrescamento e biogas) a basse emissioni ad alto rendimento.

Servizi di accesso ad Internet forniti nell’ambito della politica di digitalizzazione, inclusi nell’allegato III.

Alla digitalizzazione è riconosciuto un ruolo fondamentale nel creare valore e nel promuovere competitività. L’aliquota ridotta è per i servizi di accesso, senza estenderla ai contenuti.

Previsto, inoltre, lo stesso trattamento riservato alla partecipazione in presenza per gli eventi trasmessi in diretta streaming.

Per tutte queste attività è stato modificato il luogo di tassazione, al fine di garantire l’imposizione nello Stato membro di consumo, prevedendo che detti servizi siano imponibili nel luogo in cui il destinatario è stabilito oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale.

 

 

I vincoli temporali della Riforma UE

La Riforma europea delle aliquote IVA ridotte prevede delle scadenze ben precise e un periodo transitorio importante per riscrivere la mappa delle agevolazioni.

Tenendo presente che l’intento della riforma non è di uniformare le aliquote d’imposta nei vari Stati membri quanto piuttosto garantire una parità di trattamento dei settori ivi agevolati da aliquote ridotte, si osserva come la linea di azione adottata dalla Direttiva (UE) 2022/542, in vigore dal 5 aprile 2022, sia ancora una volta progressiva.

Il punto d’arrivo è senza dubbio rappresentato dal novellato art. 98 della Direttiva 2006/112/CE a cui tutti gli Stati membri dovranno uniformarsi.

Secondo quanto disposto da tale norma, ai Paesi UE è consentito applicare ai beni e ai servizi ammissibili, entro limiti definiti, un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5 %, un’aliquota ridotta inferiore al minimo del 5 % e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte. Dunque, se pensiamo al caso dell’Italia, sembrerebbero legittime le aliquote del 10%, 5% e 4%.

Tali aliquote ridotte, però, non possono riguardare indistintamente qualsiasi tipologia di cessioni di beni o di servizi: le operazioni con aliquote ridotte non inferiori al minimo del 5% devono ascriversi tra quelle indicate da massimo 24 punti dell’allegato III; le operazioni con aliquote ridotte inferiori al 5% devono rientrare, invece, in quelle indicate in massimo 7 punti dello stesso allegato. In quest’ultimo caso, al limite quantitativo dei 7 punti, se ne aggiunge uno di tipo qualitativo dovuto al fatto che la scelta dei 7 punti è limitata ai punti da 1) a 6) e 10-quater) dell’allegato III ovvero a qualsiasi altro punto dell’allegato per il quale sia stata esercitata un’opzione.

Tuttavia, ciò non dovrà avvenire nell’immediato.

C’è un arco temporale, dal 5 aprile 2022 al 1° gennaio 2032, nel quale gli Stati UE si uniformano progressivamente al nuovo disposto normativo.

Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 98, par. 2, comma 3, Direttiva 2006/112/CE, se uno Stato membro, al 1° gennaio 2021, prevedeva un’aliquota inferiore al 5% e un’esenzione con diritto a detrazione per più di sette punti dell’allegato III, in sostanza può continuare a farlo, avendo come termine ultimo per adeguarsi al suddetto limite il 1° gennaio 2032.

Lo stesso ragionamento vale per lo Stato membro che, al 1° gennaio 2021, applicava l’aliquota super ridotta a cessioni di beni/servizi diversi dai punti da 1) a 6) e dal punto 10-quater) dell’allegato III. Tale Stato ha dato sul punto una specifica comunicazione all’UE  entro il 7 luglio 2022.

L’esigenza di comunicare le categorie di beni e servizi ad aliquota super ridotta nasce dall’obiettivo perseguito dalla riforma di assicurare una parità di trattamento in tutti gli Stati membri. In sostanza un’aliquota super dirotta prevista da uno Stato e dettata da specifici motivi geografici o sociali potrebbe essere pertinente per altri ordinamenti. Sicché, è prevista un’opzione, aperta a tutti gli Stati membri, di applicare aliquote inferiori agli stessi beni e servizi cui sono applicabili aliquote inferiori in altri Stati membri e alle stesse condizioni, nei limiti del richiamato art. 98.

La stessa possibilità è data agli Stati membri circa l’applicabilità di aliquote ridotte non inferiori al 12% a cessioni di beni/servizi non elencate nell’allegato III, purché sia rispettata la struttura delle aliquote IVA prevista all’art. 98 e le condizioni analoghe applicate dagli Stati membri al 1° gennaio 2021.

I Paesi membri UE che desiderano introdurre aliquote ridotte non inferiori al 12% ovvero un’aliquota ridotta inferiore al 5% o un’esenzione con diritto a detrazione sulla scia di un altro Stato membro e nei limiti sopra indicati, dovranno adottare, entro il 7 ottobre 2023, le modalità di esercizio di tali opzioni dandone comunicazione al Comitato IVA.

La riforma delle aliquote IVA – Direttiva (UE) 2022/542

(in vigore dal 5.4.2022)

La regola

 

-  2 aliquote ridotte non inferiori al 5% per le cessioni di beni/servizi indicati nell’allegato III (max 24 punti)

-  1 aliquota ridotta inferiore al 5% e 1 esenzione con diritto alla detrazione sull’acquisto per le cessioni di beni/servizi indicati nell’allegato III ai punti (max 7 punti):

a) da 1 a 6 e 10-quater);

b) qualsiasi altro punto che rientri nell’opzione di cui all’art. 105-bis, par. 1

 

Periodo transitorio di allineamento alla regola

 

- Entro l’1.1.2032, gli Stati devono limitare l’applicazione di aliquote ridotte inferiori 5% e di esenzioni con diritto a detrazione alle cessioni di beni/servizi indicati in max 7 punti dell’allegato III.

- Entro l’1.1.2032, gli Stati che, all’1.1.2021, applicavano aliquote ridotte inferiori al 5% (o esenzione con diritto a detrazione) a cessioni di beni/servizi di cui ai punti dell’allegato III diversi dai punti da 1) a 6) e dal punto 10-quater), possono continuare a farlo.

- Entro l’1.1.2032, gli Stati membri che all’1.1.2021 applicavano
aliquote ridotte inferiori al 12% (comprese le aliquote ridotte inferiori
al 5 % ed esenzioni con diritto a detrazione sugli acquisti) alle cessioni
di beni/servizi diversi da quelli elencati nell’allegato III possono
continuare a farlo;

- Anche dopo l’1.1.2032, gli Stati membri che all’1.1.2021 applicavano aliquote ridotte non inferiori al 12% alle cessioni di beni/servizi diversi da quelli di cui all’allegato III possono continuare a farlo.

- Entro il 7.10.2023, gli Stati UE che desiderano applicare le aliquote ridotte non inferiori al 12% a beni/servizi diversi da quelli indicati all’allegato III, o le aliquote ridotte inferiori al 5% (o l’esenzione IVA con diritto a detrazione) a beni/servizi diversi da quelli indicati ai punti da 1) a 6) e al punto 10-quater) dell’allegato III, sulla falsa riga di un altro Stato, adottano le modalità di esercizio di tali opzioni, e ne danno comunicazione al Comitato IVA.

 

Gli effetti della direttiva sulla delega

Dalla ricostruzione delle regole della direttiva è facile comprendere che l’azione del governo, in relazione al numero e al contenuto delle aliquote ridotte Iva, non è assolutamente libera, ma è fortemente condizionata. È pur vero, però, che le voci contenute nell’allegato III della direttiva e le finalità imposte dal legislatore unionale sono sicuramente un viatico per orientare delle modifiche che potrebbero avere degli effetti importanti sul piano economico e sociale.

Se uno guarda le aliquote ridotte esistenti in Italia si accorge subito di una serie di contraddizioni che vanno sanate. In particolare, sul piano ambientale, è necessario intervenire per stimolare il mercato verso soluzioni green, ad esempio, riducendo le aliquote di alcuni beni (panelli fotovoltaici e biciclette elettriche) e razionalizzandone altre (per esempio prodotti energetici fossili ovvero pesticidi).

Inoltre, la razionalizzazione passa anche attraverso l’introduzione di un’aliquota zero (esenzione con diritto a detrazione) che potrebbe favorire alcuni beni e servizi a carattere sociale quali alcuni prodotti alimentari di interesse generale ovvero beni relativi a settori di particolare interesse strategico. Sotto questo profilo, un’aliquota zero potrebbe essere importante introdurla per tutti i beni e servizi che possono favorire la natalità ovvero che tendano a risolvere le problematiche connesse alla salute degli anziani.

Razionalizzare le aliquote, al di là delle espressioni della relazione di accompagnamento che cercano di ridurre ulteriormente l’azione del governo, è un dovere sociale per non creare distorsioni che ancora oggi sono presenti nella tariffa allegata al Dpr 633/72.      

Omogeneizzazione aliquote

Il secondo obiettivo della delega è quello dell’omogeneizzazione del trattamento Iva di beni e servizi similari. Anche questo obiettivo è di particolare importanza per gli operatori e per i consumatori finali perché non solo crea distorsione nel mercato, ma non aiuta neppure il raggiungimento di quegli scopi europei sopra indicati.

L’omogeneizzazione deve avvenire secondo due prospettive specifiche. La prima è diretta a rivedere le tabelle Iva delle aliquote ridotte per allineare beni e servizi similari attraverso una semplice armonizzazione dell’aliquota applicabile (si pensi al caso del latte fresco e a lunga conservazione). La seconda prospettiva è quella di intervenire sulla tariffa riscrivendola anche facendo riferimento alla nomenclatura combinata doganale e alla codifica statistica di beni e servizi. Sotto questo profilo un effetto negativo da disinnescare è quello di introdurre un automatismo (a dire il vero già esistente nei meccanismi interpretativi e applicativi delle agenzie fiscali) tra classificazione e aliquota. Sotto questo punto di vista è chiaro che la revisione della classificazione di beni e servizi deve tenere  in debita considerazione che, in alcuni casi il legislatore Iva si è dissociato ai parametri doganali e statistici  per assolvere a specifiche politiche ovvero a specifiche finalità.  Questo per evitare che il mero richiamo, ad esempio, della classificazione doganale dei bene porti, invece che ad un allineamento dei trattamenti Iva ad un fenomeno distorsivo. Si pensi, ad esempio, a quello che è successo, per quanto riguarda gli integratori alimentari,  le lettiere dei gatti ovvero  le zucche di Halloween.  Proprio, a favore di questo approccio, si segnala il recente intervento in riferimento alle lettiere per gatti della corte di Cassazione che con l’ordinanza 24441 del 10 agosto 2023, sposando una posizione della Commissione europea, ha accolto il ricorso di Almo Nature esprimendo il seguente principio:  compito dell’interprete nell’attribuire una determinata classifica doganale alle merci importate è quello di individuare caratteristiche e proprietà oggettive delle stesse, determinate alla luce della loro destinazione funzionale e verificare che la classificazione attribuita alle merci sia coerente con il corretto assoggettamento ad IVA. 

Anche in relazione al tema della classificazione ci sembra qui necessario fare uno specifico approfondimento che dimostra in modo inconfutabile che l’intervento del legislatore delegato è sicuramente necessario, almeno per rendere più semplice e adeguata l’attribuzione di un’aliquota Iva.

La classificazione doganale e l’applicazione delle aliquote Iva 

Il collegamento tra la Nomenclatura combinata e l’individuazione dei beni e servizi da assoggettare ad aliquote IVA agevolate era già previsto nel testo della Direttiva 2006/112/CE ante riforma: «Quando applicano le aliquote ridotte previste al paragrafo 1 alle categorie relative a beni, gli Stati membri possono far ricorso alla nomenclatura combinata per delimitare con precisione la categoria in questione» (art. 98, par. 3).

In ottemperanza a quanto disposto sul piano unionale, le voci della Tabella, parte I, II, II-bis e III, nella maggior parte dei casi, rinviano al sistema doganale della Nomenclatura Combinata per la puntuale individuazione dei beni e dei servizi soggetti ad IVA con aliquota del 4%, 5% e 10%.

Per l’individuazione della corretta voce doganale è necessario procedere all’accertamento tecnico del prodotto, teso ad acclarare l’effettiva composizione e qualificazione della merce. A tal fine va presentata un’istanza diretta ad ottenere un parere tecnico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Tuttavia, non è sempre così agevole l’individuazione della corretta aliquota IVA da applicare al prodotto e non sono pochi i casi in cui il contribuente preferisce interrogare anche l’Agenzia delle Entrate.

Il risultato è che i molteplici documenti di prassi sul tema, che talvolta sembrano contraddirsi tra loro, aumentano la confusione del contribuente più che fungere da guida.

Un caso emblematico, in questi termini, è quello dei prodotti in assortimento. La Risoluzione 51/E/2019, in riferimento a prodotti ortofrutticoli misti, al fine di individuare l’aliquota IVA della relativa cessione, ritiene che vanno applicate le regole generali per l’interpretazione della Nomenclatura Combinata e, nello specifico, la Regola 3 b). In tal modo si configura un inquadramento merceologico tale per cui la cessione riguarda «un prodotto misto, composto da materiali diversi, costituito dall’assemblaggio di oggetti diversi e presentato in assortimento condizionato per la vendita al minuto», la cui classificazione dovrà avvenire «tenendo in considerazione la merce che conferisce all’insieme il carattere essenziale». Pertanto, secondo le Entrate, solo nel caso in cui, in presenza di una confezione di beni (nel caso di specie erbe) assoggettate ad aliquote differenti, non sia possibile riscontrare una predominanza che conferisca “il carattere essenziale”, l’intera confezione dovrà essere assoggettata all’aliquota più elevata. Diversamente, la Risposta ad interpello 35/E/2022 sembra essere tranchant nell’applicare l’aliquota IVA più alta tra quelle previste per i beni ceduti nell’ipotesi in cui sia ceduta una scatola contenente vari ingredienti per la preparazione di pasti, soggetti ad aliquote IVA differenti, laddove sia pattuito un corrispettivo unico. Non vi sono, in tal caso, riferimenti alla classificazione doganale del prodotto. Dunque, la questione su quale sia la corretta aliquota IVA della cessione di un bene in assortimento resta ancora aperta.

Altri prodotti “problematici” in termini di individuazione del trattamento IVA corretto sono gli integratori alimentari. Sul tema, nel biennio 2021-2022, ci sono state numerose pronunce di prassi (Risposte ad interpello nn. 332, 333, 334, 382, 383, 385 e 386/E nel 2021 e Risposte ad interpello nn. 561, 562, 563/E nel 2022) in cui l’Agenzia delle Entrate, sulla base della classificazione delle Dogane in riferimento ad un prodotto specifico, ha attribuito, o meno, l’aliquota agevolata al 10%. In particolare, con la Risoluzione del 29 luglio 2021, n. 50/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che «Ove un prodotto in forma fluida o in soluzione venga classificato come integratore alimentare, in considerazione delle sue proprietà atte a mantenere l’organismo in buona salute, o medicamento, per le sue proprietà terapeutiche, esso non potrà in nessun caso essere ricondotto alla tipologia di sciroppo» (1702). Da ciò discenderebbe, secondo le Entrate, «la diversa natura dei prodotti in forma fluida o di soluzione, i quali vengono classificati alle voci residuali 2106 9092 o 2106 9098 in funzione degli ingredienti. Si tratta di una tipologia diversa dal punto di vista merceologico, in quanto relativa a prodotti utilizzati per il mantenimento della buona salute dell’organismo, come si evince dalla nota 16 del Capitolo 21 della Nomenclatura combinata». Pertanto, l’Agenzia conclude che «gli integratori alimentari che, sulla base dell’analisi della loro composizione ed in considerazione delle specifiche proprietà finalizzate a mantenere l’organismo in buona salute, sono classificati nelle voci doganali residuali 2106 9092 o 2106 9098, seppure commercializzati in forma liquida, non hanno le caratteristiche degli sciroppi di zucchero di qualsiasi natura e, pertanto, rientrano nella previsione dell'aliquota IVA agevolata del 10 per cento di cui al punto 80 della tabella A, parte, III, allegata al Decreto IVA». Il documento di prassi richiamato, in sostanza, esclude che un prodotto, in forma fluida o in soluzione, qualificato come integratore alimentare, possa rientrare nella voce NC 1702 ma rientrerebbe nelle voci residuali 2106 9092 o 2106 9098. Pertanto, la cessione degli stessi è soggetta all’aliquota IVA del 10%.

L’Amministrazione non sembrerebbe considerare, invece, l’eventualità che un prodotto con le funzioni di integratore alimentare, in particolare in forma liquida, possa essere qualificato con il codice 2202 99 19 (“Acque, comprese le acque minerali e le acque gassate, con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti o di aromatizzanti, ed altre bevande non alcoliche, esclusi i succhi di frutta, di frutta a guscio o di ortaggi e legumi della voce 2009”).

Ancora si consideri il caso delle zucche di Halloween che, sebbene estremamente specifico, mette ben in luce le contraddizioni insite nel sistema del rinvio. Con la Risposta a interpello del 21 ottobre 2022, n. 523, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il trattamento IVA delle zucche ornamentali cambia a seconda che siano commestibili o meno. Solo nel primo caso è applicabile l’aliquota IVA del 4% prevista al n. 5), Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/1972, altrimenti l’aliquota è quella ordinaria del 22%. L’Agenzia delle Entrate giunge a tale conclusione dopo aver preso visione del parere tecnico dell’ADM che classifica alla voce doganale 070993 – “Altri ortaggi, freschi o refrigerati”, - “altri”, -- “Zucche e zucchine (Cucurbita spp.)” i due prodotti commercializzati dall’istante (zucca cucurbita maxima e zucca cucurbita lagenaria). Entrambi sono generi alimentari contemplati dalla Tabella A, parte II, sopra richiamata, insieme ad altri prodotti che beneficiano dell’IVA ridotta al 4%. Per le altre zucche, invece, che non sono commestibili o addirittura tossiche, l’aliquota da applicare è quella ordinaria. Le Entrate non ammettono la possibilità di ricondurle al capitolo 6 della Nomenclatura Combinata, richiamato dal n. 20), Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/1972, che prevede l’aliquota IVA al 10%, tra l’altro, per le «altre parti di piante … per ornamento». Secondo l’Agenzia delle Entrate, essendo le zucche il frutto della pianta e non una parte della stessa, non rientrerebbero in tale fattispecie e tale posizione, a suo dire, troverebbe conferma nelle Note Esplicative del Sistema Armonizzato, nelle Considerazioni generali al Capitolo 6, ove si legge che esso non comprende «… sementi, la frutta, …. che non possono essere differenziati da quelli utilizzati direttamente per l’alimentazione».

Conclusioni

Da quanto evidenziato risulta chiaro che il legislatore delegato, in materia di aliquote ridotte deve avere un po' di coraggio, perché se no non si riuscirà ad ottenere una razionalizzazione e un livello di omogeneizzazione accettabile. È anche chiaro che i vincoli imposti non solo a livello unionale, ma in particolare a livello finanziario limitano non poco l’azione del legislatore delegato. Sotto questo profilo, forse la legge di bilancio ora in preparazione potrebbe dare qualche speranza in più con misure specifiche che sostengano in modo diretto gli sforzi che il legislatore dovrà fare nello specifico settore delle aliquote ridotte Iva.  

 Studio Santacroce&Partners

 

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