Riduzione dell'aliquota Iva per le opere d'arte

Riduzione dell'aliquota Iva per le opere d'arte

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Di Santacroce Benedetto

Riforma Fiscale - Legge 111/2023

Tra gli obiettivi dedicati all’IVA della riforma fiscale vi è quello di ridurre l’imposta sulle importazioni delle opere d’arte, recependo la Direttiva 2022/542/UE ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione. A prevederlo è l’art. 7, comma 1, lett. e), della Legge Delega il quale, molto probabilmente, andrà ad impattare sulla Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/1972.

L’esigenza di attenuare la tassazione IVA del settore dei beni di valore artistico nasce, come anticipato, sul piano unionale. Come noto, con la Direttiva del 5 aprile dello scorso anno, la Commissione europea ha inteso dare attuazione ad una riforma complessiva delle aliquote d’imposta, scandendo fasi e tempistiche entro cui gli Stati Membri dovranno adeguarsi.

In previsione della realizzazione del sistema dell’IVA definitivo per gli scambi transfrontalieri di beni tra imprese effettuati tra gli Stati membri fondato sull’imposizione nello Stato membro di destinazione, i fornitori o i prestatori non trarranno alcun beneficio significativo dall’essere stabiliti in uno Stato membro che applica aliquote inferiori. Per questo motivo, secondo la Commissione UE, una maggiore diversità delle aliquote IVA non va a perturbare il funzionamento del mercato interno né a causare distorsioni della concorrenza. In tali circostanze è consentito agli Stati membri una maggiore flessibilità nella fissazione delle aliquote, cercando di favorire il consumatore finale e di realizzare gli obiettivi di interesse generale.

In questo quadro si inserisce il suggerimento della Direttiva 2022/542 di considerare tra i beni e servizi ad aliquota ridotta anche gli oggetti d’arte o di antiquariato. I riferimenti normativi della Direttiva da tener presente sono i seguenti:

  • l’art. 1, punto 5, che modifica l’art. 94 della Direttiva 2006/112/CE, aggiungendo, tra l’altro, il seguente par. 3: «In deroga al paragrafo 2 del presente articolo, gli Stati membri che applicano un’aliquota normale alle cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C, possono applicare un’aliquota ridotta come previsto dall’articolo 98, paragrafo 1, primo comma, all’importazione di tali beni nel territorio dello Stato membro.»;
  • l’allegato alla Direttiva 2022/542/UE, n. 11), che introduce, tra gli altri, il punto 26) all’allegato III della Direttiva 2006/112/CE – “Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte di cui all’articolo 98”: «26) cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C»;
  • l’art. 1, punto 7, che introduce l’art. 98-bis nella Direttiva 2006/112/CE: «Le aliquote ridotte e le esenzioni di cui all’articolo 98, paragrafi 1 e 2, non si applicano alle cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato cui si applica il regime speciale di cui al titolo XII, capo 4»;
  • l’art. 1, punto 20, che modifica l’art. 316 della Direttiva 2006/112/CE nei termini seguenti:«1. A condizione che non sia stata applicata un’aliquota ridotta agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato in questione ceduti al soggetto passivo-rivenditore o importati da quest’ultimo, gli Stati membri accordano ai soggetti passivi-rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle operazioni seguenti: a) la cessione di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato che hanno essi stessi importato; b) la cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto; c) la cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti da un soggetto passivo diverso da un soggetto passivo rivenditore».

Se questo è il quadro delle norme in divenire sulla modifica dell’aliquota per gli oggetti d’arte, ad oggi, la situazione italiana è differente. L’opportunità di aliquote IVA ridotte è stata accolta dal Legislatore nazionale all’art. 39 del D.L. n. 41/1995, convertito in Legge del 22 marzo 1995, n. 22.

La disposizione citata prevede che le aliquote IVA relative alle operazioni che hanno ad oggetto i beni d’arte, effettuate nel territorio dello Stato, sono:

  • del 10%, se le cessioni sono effettuate direttamente dagli autori o dai loro eredi e legatari;
  • del 10%, nel caso di importazioni di oggetti d’arte, ovvero oggetti di antiquariato o da collezione;
  • del 22%, negli altri casi (si pensi, ad esempio, alla cessione di un bene d’arte da una galleria italiana ad un terzo acquirente).

Sul piano oggettivo, resta problematico dare una definizione, rilevante dal punto di vista fiscale, di opera d’arte, da cui dipende, come evidenziato, il trattamento IVA agevolato. Ad esempio, con la sentenza causa C-145/18, Regards Photographiques, la Corte di Giustizia stabilisce che per essere considerate “oggetti d’arte” che possono beneficiare dell’aliquota ridotta del 10%, le fotografie realizzate durante un matrimonio devono essere eseguite dal loro autore, tirate da lui o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari. Restano esclusi criteri di valutazione soggettivi.

Tali principi sono fatti propri dall’Amministrazione finanziaria, nella Risposta ad interpello n. 188 del 12 aprile 2022. In tale sede, viene rilevato come, secondo quanto disposto al n. 127-septiesdecies della tabella A, parte III, allegata al DPR 633/1972, sono «oggetti d’arte», la cui cessione è soggetta ad IVA al 10%, «le fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto». Il richiamo della norma all’“artista” non implica che la fotografia, per beneficiare dell’aliquota ridotta, deve avere necessariamente un carattere artistico. Al contrario, affinché possa applicarsi l’aliquota ridotta, devono sussistere le condizioni di carattere oggettivo previste dalla norma. Solo in tal caso si applicherà l’aliquota IVA del 10% ai servizi fotografici per eventi quali matrimoni ed altre ricorrenze. Laddove il servizio prestato comprenda, oltre a foto, anche video coinvolgendo la presenza di ulteriori operatori, l’intera prestazione è assoggettata all’aliquota piena.

Ancora in tal senso, si ricordi la Risposta ad interpello del 2 settembre 2020, n. 303, secondo cui sono oggetti d'arte quelli per i quali ricorrono determinate condizioni, tra cui che gli stessi siano eseguiti interamente dall'artista. Ciò posto, nel caso in cui le opere non sono eseguite interamente dall’artista, ma sono realizzate in tutto o in parte attraverso l'utilizzo di procedimenti meccanici, quali stampanti 3D, FDM software di modellazione 3D, nonché con l'intervento, in alcuni casi, di altri soggetti che fanno ricorso alla medesima tecnologia non sembrano ricorrere le condizioni richieste per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata. Di conseguenza, le cessioni degli oggetti prodotti sono soggette all'aliquota IVA ordinaria.

Una questione molto affine a quella fino a qui esaminata, attinente alla difficoltà di qualificare sul piano fiscale un’oggetto d’arte, riguarda l’esposizione delle stesse, attività non soggetta a tassazione sul piano IVA. Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’esposizione delle opere artistiche continua a beneficiare dell’esenzione da IVA, anche se la divulgazione delle stesse tramite social determina un incremento del numero di visitatori. L’agevolazione, però, viene meno se le opere non sono d’autore (Risposta ad interpello del 4 agosto 2023, n. 417).

Nel dettaglio in questo caso, la norma in discussione è l’art. 10, comma 1, n. 22), DPR 633/72, secondo cui sono esenti da IVA «le prestazioni inerenti alla visita a musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, (…) e simili», comprese quindi manifestazioni della cultura considerate equipollenti. Tale norma è interpretata, nel dettaglio, dalla Risoluzione 85/E/2004, la quale individua nei seguenti gli elementi necessari per applicare l’esenzione:

  • l’esposizione deve riguardare quadri, fotografie o altri di rilevante utilità sociale e culturale;
  • lo scopo deve essere divulgativo e di promozione della conoscenza;
  • non devono esserci scopi speculativi o commerciali anche indiretti.

Considerato tale quadro interpretativo e di prassi, una Società si interroga se la sua attività di esposizione al pubblico di opere artistiche di propria realizzazione può rientrare (o meno) nel regime di esenzione dall’IVA. Il dubbio nasce dal fatto che i visitatori che accedono ai locali museali sono liberi di scattare foto delle opere esposte e di “postarle” sulle piattaforme social, il tutto a beneficio della Società, la quale dalla diffusione virale delle immagini delle proprie opere otterrebbe un ritorno in termini di aumento del numero di visitatori che accedono all’esposizione. Poiché l’obiettivo della Società, tuttavia, non è quello di promozione delle opere e delle realizzazioni esposte ai fini di una potenziale vendita, secondo le Entrate non ci sono ostacoli in tal senso ad applicare il regime di esenzione IVA. La divulgazione spontanea tramite social delle opere artistiche della società da parte dei visitatori non altera l’“assenza di scopi speculativi o commerciali anche indiretti”, richiesta dalla Risoluzione citata quale requisito dell’agevolazione fiscale.

Se un problema c’è, riguarda piuttosto il fatto che tali opere non sono realizzate da autori di nota fama. Come ricordato, affinché si possa applicare il regime di esenzione, occorre anche che il servizio di esposizione abbia una “certa rilevanza culturale e sociale”. Orbene, le Entrate considerano assente tale componente quando trattasi di opere artistiche nuove, realizzate dai soci della società istante e non da “autori di chiara fama” (cfr. Risoluzione 30/E/1998). In definitiva, per questo motivo, ritengono non applicabile il regime IVA di esenzione. Ma se tra i dipendenti della società in questione si nascondesse un nuovo Picasso?

Dunque, il concetto di opera od oggetto d’arte resta un terreno scivoloso e che presta il fianco a qualche arbitrarietà sia lato contribuente sia Amministrazione fiscale.

Ritornando alle operazioni di compravendita delle opere d’arte, non si trascuri che, oltre alla peculiarità dell’aliquota ridotta, tali beni sono interessati da un regime IVA ad hoc. Trattasi del regime del margine introdotto con il D.L. 41/1995 che può sostituirsi a quello ordinario. Ad applicare tale regime sono soprattutto i rivenditori di opere d’arte, d’antiquariato o da collezione, tra i quali emergono in primis le gallerie d’arte.

Queste acquistano, di solito, tali beni da rivenditori privati, ovvero da persone fisiche che non esercitano attività d’impresa, arte o professione (ad esempio, collezionisti privati), ovvero da soggetti per il quali il cedente non ha potuto detrarre l’imposta afferente all’acquisto o l’importazione, nonché da soggetti che, a loro volta, hanno applicato il regime del margine. Ebbene, in tali casi, la galleria d’arte applicherà l’imposta non sull’intero corrispettivo di vendita, ma sul “margine” determinato dalla differenza tra il prezzo di vendita del cessionario del bene (comprensivo dell’IVA) e quello relativo all’acquisto, a cui vengono aggiunte le spese di riparazioni e le spese accessorie (anche questo comprensivo di IVA). Al fine di determinare il margine, ovvero la base imponibile su cui applicare l’IVA, è possibile ricorrere a tre differenti metodi: il metodo forfettario, quello globale e infine quello analitico o ordinario. Il primo (metodo forfettario) si applica quando il prezzo d’acquisto non è rilevabile o determinabile, sicché l’ammontare del margine lordo è calcolato in misura percentuale rispetto al prezzo di vendita (in riferimento alle opere d’arte, l’ammontare del margine è pari al 60%). Il secondo metodo (globale) è previsto esclusivamente per gli operatori che svolgono, in forma non ambulante, il commercio di veicoli usati, monete e altri oggetti da collezione (oltre che per le cessioni di confezioni di materie tessili e comunque di prodotti di abbigliamento, compresi quelli accessori, di beni, anche di generi diversi, acquistati per masse come compendio unitario e con prezzo indistinto, nonché di qualsiasi altro bene, se di costo inferiore ad euro 516,44). Infine, il regime del margine analitico è quello specifico per le cessioni di opere d’arte effettuate dagli esercenti agenzie di vendita all’asta che agiscono in nome proprio per conto dei privati, in base ad un contratto di commissione per la vendita all’asta delle opere d’arte. Una volta determinato il margine lordo (i.e. al lordo dell’imposta), occorre procedere allo scorporo dell’IVA che sarà dovuta secondo l’aliquota ordinaria. Il regime del margine su beni d’arte o da collezione non è però obbligatorio. In alternativa, la galleria potrebbe decidere di far riferimento al regime ordinario IVA, applicando l’imposta ordinaria del 22% sul prezzo di cessione e detraendo l’imposta sugli acquisti inerenti alla sua attività. Tuttavia, non si può fare a meno di osservare che, senza dubbio, l’applicazione del regime ordinario risulta penalizzante per l’acquirente, collezionista privato, il quale vedrà addebitarsi sul prezzo dell’opera acquistato l’importo dell’IVA ordinaria. Ma il ricorso al regime IVA ordinario risulta penalizzante, per certi versi, anche per il cedente gallerista, che dovrà tener conto dell’onere dell’IVA nella formulazione del prezzo totale dell’operazione di vendita e del fatto che quella stessa imposta sarà versata all’Erario in base al principio IVA su IVA, e non base da base.

 

Disciplina attuale delle cessioni degli oggetti d'arte Disciplina delle cessioni degli oggetti d'arte post riforma
  • Aliquota IVA al 10% per le cessioni effettuate dagli autori, dai loro eredi e legatari
  • Aliquota IVA al 10% per le importazioni di oggetti d'arte, oggetti di antiquariato o da collezione
  • Aliquota IVA del 22% negli altri casi di cessioni nazionali

Riduzione dell'imposta sulle importazioni delle opere d'arte ed estensione dell'aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d'arte, di antiquariato e da collezione

Applicazione del regime del margine con scorporo dell’IVA al 22 %

Applicazione del regime del margine con scorporo dell'IVA al 22%

 

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