Codice doganale, eliminata la temporanea importazione

Codice doganale, eliminata la temporanea importazione

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Di Santacroce Benedetto

Le norme nazionali complementari al Codice doganale, contenute nello schema di decreto delegato approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri, eliminano il regime della temporanea importazione e limitano notevolmente quello relativo alla temporanea esportazione, escludendo, tra l'altro la possibilità, per gli operatori, di utilizzare questo ultimo regime per l'invio all'estero di attrezzi e macchine destinati all'esecuzione di lavori, ovvero per la produzione di beni.

L'esclusione, che metterebbe fuori gioco tutte le imprese che hanno all'estero, su autorizzazione della dogana italiana, attrezzi e macchine presso cantieri o presso clienti per l'esecuzione di servizi, dovrebbe essere ammessa in via generale dal Codice doganale unionale nel regime dell'esportazione, con possibilità di reintroduzione in franchigia.

Più in dettaglio, nell'ancor vigente Tuld (testo unico della legge doganale Dpr 43/73), l'articolo 214, per favorire il traffico internazionale, consente agli uffici doganali di autorizzare, in regime di temporanea importazione o temporanea esportazione, l'uscita nel territorio nazionale di una serie di beni, tra cui quelli sopra evidenziati, anche allo scopo proprio di essere utilizzati per l'esecuzione di lavori o per la produzione di beni. Sulla base di tale disposizione molte imprese hanno all'estero beni che non sono definitivamente esportati.

L'articolo 72 delle norme complementari al Cdu (Codice doganale dell'Unione), contenuto nella riforma, semplifica notevolmente la citata disposizione dell'articolo 214 Tuld, consentendo espressamente agli uffici doganali di autorizzare il solo regime della temporanea esportazione di merce unionale destinata a essere reimportata tale quale, allo scopo di utilizzarla come campioni, per studio, per visionatura, per collaudo, per tentat vendita, per manifestazioni culturali, fieristiche, artistiche, sportive, tecniche, scientifiche, per turismo, per spettacoli, esclusi quelli cinematografici, per pascolo, per riproduzione, nonché per altre similari esigenze.

Il regime può rimanere vincolato alla temporanea esportazione per il tempo necessario a raggiungere la finalità per cui sono state esportate e comunque per un periodo massimo di 36 mesi, eventualmente prorogabile su richiesta motivata dall'interessato.

Come si comprende dal testo della norma, il legislatore delegato ha volontariamente escluso alcune finalità per le quali il bene viene temporaneamente esportato e ivi utilizzato. Questa esclusione, però, va letta in accordo con le regole previste dal Cdu e delle relative disposizioni di attuazione. In particolare, l'articolo 269 del Cdu prevede che le merci che devono uscire dal territorio doganale Ue sono vincolate al regime dell'esportazione. Dunque, nelle regole unionali non è previsto un vero regime di temporanea esportazione se non nel caso in cui i beni debbano essere all'estero sottoposti a specifici trattamenti (ad esempio nel caso di perfezionamento passivo), ovvero abbiano un regime di circolazione temporanea.

Inoltre, l'articolo 203 del Cdu, ammette che merci unionali che sono state precedentemente esportate fuori dall'Unione, possono essere reintrodotte nel territorio doganale dell'Ue entro 3 anni dall'esportazione, senza pagamento di dazi all'importazione, a condizione che le stesse vengano reintrodotte nello stato in cui sono state esportate senza aver subito lavorazioni o trasformazioni. 

Questo complesso di disposizioni dovrebbero portare a ammettere che un'impresa possa esportare i beni nel Paese terzo, ivi utilizzarli per l'esecuzione di lavori, per poi reintrodurli in franchigia in Italia senza pagamento del dazio. 

Questa interpretazione, che sembra a chi scrive l'unica possibile, necessiterebbe, come d'altronde molte delle modifiche adottate dal legislatore delegato, di essere confortata da una prassi amministrativa per evitare che gli uffici e gli operatori si trovino (quando la norma sarà definitivamente approvata) nell'impossibilità di gestire le specifiche esigenze, che sicuramente non risultano similari a quelle indicate espressamente dal citato articolo 72. 

Studio Santacroce & Partners

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