Nota di credito secondo le vecchie regole se il fallimento segue il concordato avviato ante maggio 2021. È recuperabile anche la quota di Iva falcidiata sulla base della transazione post decreto di omologa.
L'argomento delle note di credito Iva emesse sulla base di procedure concorsuali non si esaurisce. A dare maggiori problemi restano le note collegate alle vecchie procedure, ovvero quelle avviate prima del 26 maggio 2021, data di entrata in vigore della riforma che ha interessato l'articolo 26 del decreto Iva.
Con la risposta a interpello 126/2024, le Entrate rispondono a due quesiti non ancora affrontati:
1) se la variazione in diminuzione può essere effettuata sua per la parte di credito falcidiata in base al decreto di omologa del piano concordatario sia per la parte ulteriore oggetto dell'accordo successivo sottoscritto nella fase esecutiva del concordato;
2) se il fallimento del debitore (post 26 maggio 2024), il quale ha fatto ricorso precedentemente (in data anteriore al 26 maggio 2021) e senza successo alla procedura di concordato, possa considerarsi una nuova procedura.
La società istante ha un credito nei confronti della controparte soggetta a concordato preventivo, avviato nel 2017. Il decreto di omologa preveda il pagamento parziale dei creditori chirografari, tra cui l'istante, nella misura del 33,7% (credito falcidiato 66,3%). Alla luce delle difficoltà di realizzo anche del credito falcidiato, le parti sottoscrivono un ulteriore accordo transattivo con il quale il debitore si impegna a riconoscere alla società non più il 33,7% del credito ammesso al concordato, bensì il 10% (rectius: un ulteriore 5% del credito a netto del pagamento del 5% già effettuato). Tale accordo, tuttavia, non sembrerebbe avere natura privatistica, in quanto va sottoposto al preventivo parere favorevole dei commissari giudiziali e all'autorizzazione del comitato dei creditori, e altresì vidimato dal giudice delegato. Ciò implica, secondo l'Agenzia, che l'atto in questione non costituisca "sopravvenuto accordo tra le parti" ex articolo 26, comma 3, decreto Iva, ma è riconducibile agli atti della procedura del concordato. Pertanto, la nota di credito potrà essere emessa complessivamente per il 90% del credito e solo con l'infruttuosità della procedura.
Quanto alle norme applicabili in caso di fallimento, tenuto conto che, per giurisprudenza costante, la consecuzione delle procedure si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, sul piano Iva, secondo le Entrate, non possono applicarsi, anche in quest'ultima fase, le disposizioni dell'articolo 26 ante riforma. La variazione in diminuzione dell'imposta dovrà, anche in questo caso, attendere la chiusura infruttuosa della procedura.
Per tornare alla sezione articoli