Appalti di servizi e somministrazione (illecita) di manodopera
Con il presente contributo si procede ad analizzare le conseguenze fiscali che sono collegate alle contestazioni, sempre più frequenti da parte del Fisco, di appalti di servizi riqualificati come somministrazione (illecita) di manodopera.
Allo stesso tempo si evidenziano alcuni spunti per accorgimenti preventivi e le possibili repliche alle contestazioni.
Pur in assenza di un criterio identificativo univoco, vi sono, infatti, alcuni settori che possono essere descritti come ad alta intensità di manodopera, ovverosia labour internsive (ristorazione collettiva, multiservizi, grande distribuzione ecc.), in cui il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto. Tale definizione è mutuata da quella contenuta nell'articolo 2 dell'Allegato I.1 al Dlgs 36/2023, che ha sostituito il precedente Codice dei contratti pubblici. Similmente, alcune attività richiedono particolari competenze tecniche e/o il rispetto di stringenti tempistiche. In tali contesti, è prassi frequente l'esternalizzazione di alcune fasi della produzione e/o della lavorazione (logistica, movimentazione merci, facchinaggio, trasporto ecc.) mediante il ricorso a società cooperative ovvero a consorzi e, come subcontratto, a società consorziate.
Secondo tale schema, in particolare, la società committente ovverosia il soggetto in capo a cui sussistono le citate esigenze in merito a competenze e tempistiche, stipula un contratto di appalto con un consorzio il quale, a sua volta, delega la materiale esecuzione delle prestazioni ad una società consorziata. Avviene spesso, poi, che alla prima consorziata scelta, ne subentri un'altra e che i lavoratori impiegati dalla prima transitino direttamente alla seconda, e cosiì via. In pratica, si determina un fenomeno di cd. cambio appalto, ossia la successione di diversi (sub)appaltatori nell'esecuzione di un servizio per conto del medesimo committente. Con cadenza frequente (anche annuale), vengono quindi stipulati diversi e successivi contratti con le società che forniscono la manodopera per l'esecuzione dei servizi richiesti, e che, come detto, sono società cooperative ovvero società consorziate (si tratta, in tal caso, di vari contratti di subappalto a fronte di un unico contratto di appalto con il consorzio) che si succedono nel tempo una dopo l'altra.
Le contestazioni e le criticità del Fisco
Il modello appena descritto è stato di recente sempre più attenzionato sia dalle Procedure sia dagli Uffici dell'Amministrazione finanziaria sotto un duplice profilo. Infatti, a partire dalle censure mosse a quanto realizzato dai consorzi o dalle cooperative, che rappresenterebbe un'operazione fraudolenta ed evasiva, fa seguto una disapprovazione anche delle condotta del committente. La prassi delle verifiche svolte dagli Uffici ha dimostrato che ciò si articola su diversi livelli e può sfociare in processi verbali di constatazione da cui emerge una semplice mancanza di diligenza nella scelta della controparte contrattuale (venendo, per l'effetto, negato il diritto alla detrazione dell'Iva) fino a una vera e propria contestazione di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti. La presente analisi si concentra, dunque proprio su tali molteplici aspetti e sulle possibili soluzioni e risposte nel corso delle procedure di verifica svolte dagli Uffici, soprattutto con riguardo ai commenti.
Partendo dal lato del consorzio, le contestazioni tendono a individuare il consorzio e le società consorziate (ovvero le diverse società cooperative) come il centro di un sistema articolato che costituirebbe un'associazione finalizzata alla frode fiscale con fatturazioni inesistenti, compensazioni con crediti inesistenti e mancato versamento di ritenute.
Nella ricostruzione dei verificatori vi sarebbero una serie di indici sintomatici di frode, che possono essere così sintetizzati: frequenti e consistenti passaggi di personale tra le diverse società (sub) appaltatrici, ingenti debiti tributari in capo alle stesse società e riconducibilità della gestione e dell'amministrazione delle società alle medesime ( e spesso nullatenenti o quasi) persone fisiche.
Specularmente, per il committente, ciò si risolve, in prima battuta e sotto il profilo strettamente civilistico, in una (ri)qualificazione del contratto di appalto di servizi in contratto di somministrazione di manodopera, al fine di incardinare il rapporto di lavoro alle dipendenze dell'effettivo utilizzatore della manodopera (l'appaltante, appunto). Su tale aspetto si innestano poi anche le censure sotto il profilo fiscale, che, come anticipato, si presentano diversamente graduate.
In alcuni casi, il processo verbale di constatazione ovvero il conseguente avviso di accertamento non contengono alcuna contestazione circa l'inesistenza né soggettiva né oggettiva delle operazioni, né dunque viene rilevato alcun procedimento penale a qualsiasi titolo connesso alle violazioni asseritamete contestate a carico del committente e dei suoi legali rappresentanti. La conclusione dell'Ufficio, in tali situazioni, attiene all'assenza di buona fede mostrata dall'appaltante nella scelta e nella valutazione della controparte contrattuale, che induce a negare il diritto alla detrazione dell'Iva corrisposta nell'ambito delle operazioni intrattenute con il consorzio e le società consorziate. Tale assunto si fonderebbe sulla giursprudenza nazionale (es. Cass. n. 10649/2018) ed europea (es. CGUE C-643/11) che, per contrastare il ricorso a pratiche evasive e/o fraudolente, ha individuato un indirizzo che si basa sul profilo soggettivo degli operatori coinvolti. Dunque, il committente sarebbe passibile di conseguenze negative sotto il proprio personale profilo tributario (è possibile che gli venga disconosciuto il diritto alla detrazione dell'Iva), perché egli non era in buona fede, cioè era consapevole, o avrebbe dovuto esserlo secondo criteri di diligenza media propri di un operatore economico accorto, della frode perpetrata dal suo dante causa. L'obiettivo dell'attività istruttoria è, dunque, quello di ricostruire, al momento della stipula dei rapporti contrattuali con il consorzio e con la consorziata, il grado di diligenza approntata dalla società committente per verificare il livello di affidabilità patrimoniale e finanziaria delle entità aziendali, fornitrici dei servizi appaltati.
In altri casi, pronunce della giurisprudenza di legittimità mostrano che gli Uffici (e le Procure) sono arrivati a contestare anche in capo al committente l'inesistenza soggettiva (es. Cass. pen. n. 2419/2017) o oggettiva (es. Cass. pen. n. 45114/2022) dell'operazione, ritenendo configurato, in entrambe le ipotesi, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fratture o di altri documenti per operaizoni inesistenti, di cui all'articolo 2, Dlgs 74/2000. La contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, presupponendo l'effettiva realizzazione del negozio, dà luogo in capo al committente all'indetraibilità dell'Iva relativa ai corrispettivi effettivamente pagati, sebbene in relazione ad operazioni (considerate) poste in essere da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura.
Invece, la negazione dell'effettiva (oggettiva) realizzazione dell'operazione comporta, per l'appaltante, non solo l'indetraibilità dell'Iva relativamente ai corrispettivi, ma anche l'indeducibilità ai fini delle imposte sui redditi (e Irap) dei relativi componenti reddituali, stante la mancanza del requisito della certezza in relazione all'esistenza della spesa.
I controlli delle società committenti e le possibili difese
Ciò posto, è possibile individuare una serie di spunti utili, sia in termini di accorgimenti preventivi in sede di stipula dell'appalto sia in termini di osservazioni difensive alle (eventuali) contestazioni mosse al committente.
In termini generali, può farsi riferimento sia alla disciplina civilistica della diligenza sia a quella giuslavoristica. Nel primo ambito, il criterio discriminante sarebbe quello per cui è accorto l'operatore che intende stabilire rapporti solidi e duraturi con la propria controparte, ma che tiene anche conto che ciò non può spingersi fino a verifiche diaboliche che paralizzerebbero i traffici commerciali per la loro durata, né a violazioni del segreto dell'organizzazione e della struttura aziendale altrui. Se fossero sufficienti pochi indizi non gravi, precisi e concordanti per contestare la mancanza di buona fede dell'imprenditore, ciò renderebbe gli operatori economici talmente timorosi da considerare preferibile astenersi dalla conclusione di qualsiasi affare, con evidenti conseguenze per l'economia e la stabilità dei mercati (Cass. n. 27745/2021). Dunque, le verifiche necessarie saranno ancorate, ad esempio, al carattere strutturale e professionale della presenza dell'imprenditore nel settore di mercato in cui opera e all'aspettativa, fisiologica e ordinaria, che i rapporti commerciali con gli operatori selezionati siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo (es. Cass. n.9851/2015).
Passando ai profili del diritto del lavoro, giova ricordare che, qualora si verifichi il subentro di un nuovo soggetto rispetto al precedente (vuoi per un cambio appalto, vuoi per una cessione di azienda o processi simili), una delle esigenze primarie è quella della tutela della stabilità occupazionale, la quale va intesa nel senso di continuità tanto del rapporto di lavoro in sé quanto delle condizioni e dello status acquisiti. Tale principio è, pertanto, consacrato sia in norme nazionali di rango costituzionale (articoli 1 e 36 Cost.) sia a livello sovranazionale nell'articolo 23 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Assemblea delle Nazioni Unite.
Fermo restando che non può dimenticarsi che un soggetto che realizza una frode comunque si adopererà per far apparire legittimo il suo operato, da un punto di vista strettamente documentale, è opportuno verificare la correttezza formale e contrattuale degli appalti e dei subapplati e appurare che sussistano e siano stati debitamente compilati, sottoscritti e depositati a norma di legge, i documenti societari (visure, atto costitutivo, bilanci e simili), fiscali (modello Redditi, dichiarazioni Iva, CU, modello 770) e contributivi (Durc e quietanze simili). Ulteriori documenti e attestazioni pubbliche che dimostrano la correttezza e la trasparenza del sinallagma possono fornire un valido supporto, come anche la prova che il consorzio e le società consorziate intrattengono analoghi rapporti contrattuali con soggetti terzi. In particolare, un aspetto da tenere in considerazione attiene al controllo dei prezzi praticati. Infatti, lo schema tipicamente ricollegato alle frodi comporta che il committente di un servizio dovrebbe fruirne ad un prezzo spesso (molto) inferiore rispetto ai prezzi medi di mercato. Laddove, invece, il prezzo sia in linea con quelli generalmente praticati nel settore, l'Amministrazione dovrebbe fornire ulteriori e diversi elementi di prova al fine di assolvere l'onere gravante su di essa (es. Cass. n. 18642/2015).
A livello fiscale, non vi è dubbio che la Corte di Giustizia Ue (es, C-19/17) riconosce che il diritto di detrazione dell'Iva, sancito nell'articolo 19, Dpr 633/1972, è un principio cardine del meccanismo di funzionamento dell'imposta che, in quanto tale, non può essere soggetto a limitazioni, se non a condizioni particolari e ben delineate. Da ciò consegue una serie di importanti considerazioni:
- subordinare il diritto alla detrazione all'effettivo previo pagamento dell'imposta comporterebbe per l'acquirente un'imposizione economica cui non è tenuto; tale diritto può essere, infatti, negato solamente ove sia dimostrato che le parti abbiano agito fraudolentemente o abusivamente (C-227/21);
- l'onere della prova della conoscenza della frode grava sull'Amministrazione (C-537/22) e non può farsi ricadere sul contribuente l'onere uguale e contrario di provare la sua totale inconsapevolezza (Cass. n. 28447/2021). Tale onere è particolarmente pesante, perché non può bastare una sola circostanza suscettibile di diverse interpretazioni e valutazioni (Cass. n.19098/2022), pena altrimenti la configurazione di una sorta di responsabiltà oggettiva in capo al committente;
- dal soggetto passivo che intende detrarre l'Iva non possono esigersi verifiche alle quali lo stesso non è tenuto (C-33/13 e C-329/18), anche perché non dispone né delle strutture né delle facoltà e dei poteri propri del Fisco;
- pur in un contesto di una frode e/o operazioni fittizie, ma in assenza di danno erariale, il principio di proporzionalità osta all'applicazione di sanzoni sull'impposta indebitamente detratta (C-712/17).
Pare, infine, opportuno ricordare brevemente che, dal punto di vista delle imposte sui redditi, poiché l'articolo 109, comma 4, Dpr. 917/1986 ammette la deducibilità dei cd. costi neri, risulterebbe irragionevole che i costi (inerenti, certi, determinati e afferenti a ricavi imponibili) fossero considerati indeducibili solo perché derivanti da operazioni (ritenute) giuridicamente inesistenti. E ai fini Irap, anche il personale assunto a tempo indeterminato può rappresentare un costo deducibile sulla base imponibile (articolo 11, comma 4-octies, Dlgs 446/1997).
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