L’inclusione delle accise nel contributo straordinario di solidarietà del 2022 a carico delle imprese energetiche è incostituzionale.
La Corte costituzionale con la sentenza 111/2024 boccia parzialmente il prelievo ritenendo parzialmente incostituzionale la norma sugli extraprofitti 2022 nella parte in cui l’ articolo 37, comma 3 del Dl 21/2022 prevede l’inclusione nella base imponibile delle accise versate allo Stato e indicate in fattura (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). La Corte arriva a questa conclusione andando a esaminare la complessa dinamica applicativa delle accise unitamente alla dinamica impositiva del contributo straordinario.
Il contributo era pari al 25% dell’incremento del saldo tra le operazioni attive e passive Iva calcolato sulla base dei dati risultanti dalla comunicazione delle liquidazioni periodiche (Lipe) nel periodo di riferimento (ottobre 2020-aprile 2021 e ottobre 2021-aprile 2022) e se l’incremento stesso risultava superiore al 10% e a 5 milioni. Vi era poi stato un ulteriore intervento normativo che aveva affinato il conteggio.
Nel suo ragionamento la Corte parte dal presupposto che la straordinarietà del momento e la temporaneità della imposizione non possono essere ritenute una giustificazione automatica per l’introduzione di qualsiasi forma di imposizione fiscale che invece deve essere sempre allineata ai principi costituzionali non potendo sussistere una manifesta irragionevolezza nel tributo richiesto al contribuente.
Partendo da questo presupposto si è ritenuto che l’espresso riferimento (articolo 37, comma 3), ai fini del calcolo incrementale che costituisce la base imponibile dell’imposta, al totale delle operazioni attive e a quello delle operazioni passive «al netto [solo] dell’Iva» comporta, l’inclusione nella base imponibile delle accise versate allo Stato e indicate in fattura – che per alcuni soggetti «vanno ad aumentare, anche in misura considerevole, la base imponibile del contributo straordinario di solidarietà, senza che tale aumento possa in alcun modo dirsi rappresentativo di una maggiore ricchezza» –, compromettendo «radicalmente», su questo aspetto, la ragionevolezza della disposizione censurata.
L’illegittimità della norma deriva proprio dal computo, nella base imponibile, delle accise che è un tributo che ha un regime impositivo particolare. Chi acquista prodotti energetici infatti non assolve le accise in sede di acquisto (circolazione in regime di sospensione); solo nella successiva fase di immissione in consumo questi soggetti si rivalgono nei confronti dei successivi acquirenti comprendendo nel prezzo di vendita indicato in fattura anche l’importo delle accise da essi versate allo Stato. In tal modo aumentano quindi le operazioni attive di un importo che non dovrebbe essere considerato profitto. Per questi soggetti, tuttavia, le accise incidono sulla determinazione della base imponibile del contributo straordinario, in quanto anch’esse dovevano essere incluse nelle fatture attive rilevanti ai fini delle Lipe e non essendo stato possibile scomputare tale importo dalle operazioni attive, in quanto la norma non consentiva alcuna correzione degli importi evidenziati nelle Lipe prese in considerazione e non prevedeva esclusioni.
Da tale ricostruzione ne consegueche l’importo relativo alle accise incide sulle operazioni attive riepilogate nelle Lipe ma non sulle operazioni passive di acquisto, con evidente sovrastima della base imponibile del contributo.
Peraltro vi è un ulteriore criticità collegata alla dinamica applicativa dell’accisa rispetto al contributo di solidarietà. Non tutti i soggetti che operano nel settore subiscono l’effetto distorsivo suddetto ma solo i soggetti che versano allo Stato l’accisa e la “caricano” nelle fatture attive. Nel mercato vi sono però anche soggetti che, all’interno della filiera, acquistano il prodotto energetico in sospensione di imposta e poi lo possono anche cedere in sospensione di imposta perché lo inseriscono in un deposito fiscale. In tale ultimo caso l’accisa non rileva.
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