Quesito: Vendite a distanza, non imponibili in Italia le cessioni intra-Ue dei forfettari verso privati

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Di Ficola Simona

LA DOMANDA

Un contribuente forfettario effettua vendite transfrontaliere di beni (Ue e extrUe) tramite interfaccia elettronica. Il contribuente ha degli adempimenti particolari quanto acquista, ad esempio negli acquisti intra Ue deve fare un’integrazione e pagare l’Iva. In caso di adesione al regime di vendita a distanza, con fornitura a consumatori finali nella Ue, il contribuente forfettario dovrà versare l’Iva nel paese di destinazione e consumo dei beni, come previsto per gli altri regimi?

 

LA RISPOSTA

Qualora la spedizione dei beni dall’Italia agli altri Stati membri sia curata, anche solo indirettamente, dal fornitore italiano, tali operazioni dovrebbero potersi qualificare come vendite a distanza intracomunitarie ai sensi dell’articolo 38-bis DL 331/93, anche ove effettuate da soggetti in regime forfettario, non essendo previste specifiche esclusioni al riguardo. 

L’articolo 1, comma 58, lettera b) della legge 190/2014 prevede che i forfettari applichino «alle cessioni di beni intracomunitarie» l’articolo 41, comma 2-bis, Dl 331/93, il quale stabilisce, a sua volta, che le cessioni effettuate da soggetti in regime di franchigia «non costituiscono cessioni intracomunitarie».

La norma, però, dovrebbe riferirsi esclusivamente alle cessioni intra-Ue verso soggetti passivi Iva, e non anche alle vendite transfrontaliere verso privati. In tal senso sembrano deporre i chiarimenti della circolare 10/E del 2016, la quale, con riguardo alle cessioni effettuate dai forfettari e soggette all’articolo 41, comma 2-bis del Dl 331/93, afferma che «non essendo considerate intracomunitarie, i medesimi contribuenti non sono tenuti ad iscriversi nella banca dati Vies, né alla compilazione degli elenchi riepilogativi Intrastat». 

Pertanto, le cessioni intra-Ue verso privati effettuate dai forfettari, con trasporto o spedizione a cura del fornitore, dovrebbero considerarsi vendite a distanza “non imponibili” in Italia ex articolo 41, comma 1, lettera b) del Dl 331/93 e rilevanti nello Stato di destinazione dei beni. Soltanto se il fornitore è stabilito in un solo Stato membro, e nell’anno precedente e in quello in corso ha effettuato vendite a distanza intra-Ue verso privati Ue per un ammontare annuo non superiore a 10mila euro, le vendite in parola possono considerarsi rilevanti nello Stato di partenza dei beni e, di conseguenza, nel caso del fornitore forfettario stabilito in Italia, dovrebbero essere trattate ai fini Iva come cessioni nazionali, escluse da imposta in forza del regime agevolato ex lege 190/2014.

In caso di superamento della soglia, invece, il fornitore dovrebbe considerare la cessione “non imponibile in Italia” e assolvere l’Iva nello Stato di arrivo dei beni, valutando se:  identificarsi ai fini Iva nello Stato membro di destinazione; aderire in Italia al regime One stop shop (OSS-Ue) ex articolo 74-sexies del Dpr 633/72, che consente di dichiarare e versare l’Iva in un solo Stato membro (quello di adesione al regime), il quale poi riversa l’imposta agli Stati di competenza.

Studio Santacroce & Partners


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